I misteri dell'omicidio Mancia. Per Provvisionato fu opera dei servizi segreti
L'omicidio di Angelo Mancia è uno dei pochi delitti degli anni di piombo su cui non si è nemmeno sfiorato la verità giudiziaria. Il mistero che lo avvolge ha favorito tentativi audaci di svelarne gli aspetti originali e contraddittori. Nella prima edizione del loro fondamentale volume sugli anni di piombo, Adalberto Baldoni e Sandro Provvisionato, avevano già sollevato dubbi sui Compagni organizzati in Volante rossa, spingendosi a ipotizzare che potesse essere una sigla di copertura di camerati spontaneisti impegnati in un regolamento di conti interno.
Sull'omicidio di Angelo Mancia i due giornalisti hanno continuato a lavorare, arrivando ad annunciare, in un'intervista nel 2010 di Provvisonato a Maria Simonetti dell'Espresso, l'imminente uscita di un libro su "due dei più raccapriccianti e anomali delitti senza verità compiuti in quegli anni: l'omicidio dello studente Valerio Verbano, militante del collettivo autonomo di Valmelaina (che faceva capo a quello di Via dei Volsci) ammazzato con un colpo alla schiena il 22 febbraio 1980 nella casa dei genitori a Monte Sacro, Roma; e quello del 27enne Angelo Mancia, attivista missino e fattorino a "Il Secolo d'Italia", il quotidiano missino, finito con un colpo alla nuca sotto casa sua, a Talenti, alle 8.27 del mattino di qualche settimana dopo, il 12 marzo 1980".
I misteri dei delitti Verbano e Mancia
Per Sandro Provvisionato "questi due delitti non sono avvenuti, come si è voluto e si vuole far credere, per rappresaglia, cioè i "neri" uccidono Verbano e per vendicarlo i "rossi"ammazzano Mancia. L'impressione è che in quegli anni si sia inserito nel movimento giovanile qualcosa - la famosa "entità"- proprio per aumentare la tensione e fomentare la tesi degli opposti estremismi.
Nei due delitti ci sono molte cose che non tornano, soprattutto per Mancia ma anche per Verbano. Cominciamo da lui. Ho parlato con tutti gli ex milianti dei Nar che ormai sono tutti a piede libero dopo anni di galera: negano di essere stati loro. Di tutti i pentiti dei Nar, che sono stati moltissimi, nessuno ha mai parlato del delitto Verbano. Mi chiedo, perché nascondersi ancora, a questo punto? C'è qualcosa che non quadra, soprattutto nella dinamica dell'aggressione. Stessa cosa per Mancia: perché due uomini aspettano tutta la notte, dormendo in un pulmino sotto casa sua, per sparare ad Angelo che esce tutte le mattine regolarmente alle 8.30 per andare al lavoro? Il caso Mancia è ancora più complicato, poi, per la rivendicazione della Volante Rossa che non sta in piedi. Non si parla di ritorsione per Verbano bensì per Roberto Scialabba, elettricista 24enne non impegnato politicamente ammazzato ben due anni prima. Perché i rossi avrebbero ucciso Mancia per vendicare Scialabba senza dire una parola su Verbano, eliminato solo due settimane prima? La Volante Rossa, poi, non esiste. Qualsiasi gruppo lascia una traccia, un militante, un pentito. Qui, tabula rasa: hanno firmato tre volantini contradditori e scritti coi piedi, e basta. Anche degli ex militanti di Autonomia Operaia, oggi, nessuno sa un nome, un soprannome, nulla. L'unico altro caso nella storia del terrorismo italiano in cui si fa un agguato in divisa è il rapimento di Aldo Moro il 16 marzo 1978, in cui le Br erano vestite con divise da personale dell'Alitalia. E questo per un motivo molto semplice, come ha detto il Br Valerio Morucci, ossia per riconoscersi e non spararsi tra di loro. Nell'agguato a Mancia hanno usato camici da infermieri per evocare il Collettivo del Policlinico. Ci fosse stato vicino un ospedale, la ragione dei camici poteva essere quella di mischiarsi a infermieri e portantini che andavano a prendere il caffè. Ma non ci sono ospedali, vicino a dove abitava Mancia».
Una campagna antifascista dai tanti dubbi
"Noi lavoriamo sull'entità -spiega Provvisionato - per capire chi poteva essere, analizzando anche altri delitti e fatti strani che avvengono in quei primi mesi dell'80. Il 10 marzo, due giorni prima dell'agguato a Mancia, i Compagni organizzati per il comunismo uccidono per errore a Roma il cuoco Luigi Allegretti con un colpo di grazia alla nuca (come avverrà per Mancia), scambiandolo per Gianfranco Rosci, dirigente del Msi e segretario della sezione di via Signorelli, al Flaminio. Il 7 marzo una bomba era esplosa a via del Boschetto, nella tipografia Alternativa grafica dove si stampava "il Secolo d'Italia": sette operai feriti per un caso che resta misteriosissimo. Così pure la bomba micidiale scoperta e disinnescata il 9 marzo nei locali di via Sommacampagna che ospitano il Fronte della Gioventù. Poteva essere una strage. Ora, per entrare e mettere una bomba in un posto pieno di militanti come Sommacampagna ci voleva qualcuno di conosciuto in quell'ambiente. O è stato qualcuno di loro - ma io non credo che si mettessero le bombe da soli. O era qualcuno di qualche ufficio politico che frequentava la sezione, qualche ramo strano dei servizi segreti».
L'ostilità tra Mancia e gli estremisti
«Angelo Mancia - conclude Provvisionato - era molto ligio al partito, l'Msi, e odiava gli estremisti di Terza Posizione. Stava dunque indagando e frugando in quegli ambienti, magari aveva minacciato qualcuno....La cosa che stupisce è che la magistratura, su questo caso, non ha fatto niente. Ho visto il fascicolo Mancia: l'autopsia, 4 foto e basta. La prassi. Del suo ambiente non hanno sentito nessuno. Un delitto preso e buttato via. Forse anche gli inquirenti avevano avvertito di essere finiti su un terreno bollente e minato, e che sarebbe stato meglio soprassedere».
La cosa che Mancia odiasse TP mi giunge del tutto nuova. Pochi mesi prima di morire, durante una delle tante veglie per onorare i nostri caduti, Mancia parlando con i militanti presenti immaginò il proprio funerale, e lo immaginò come un momento in cui tutte le anime della galassia parlamentare ed extraparlamentare potessero idealmente riunirsi. Non capisco perché queste storie (bufale) di odi e vendette interne ancora girino a distanza di quarant’anni.
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