Antonio Tisci ricorda Peppe Dimitri
Riceviamo e volentieri pubblichiamo un ricordo di Peppe Dimitri di Antonio Tisci, ex consigliere regionale e segretaro provinciale potentino del Popolo della Libertà, storico riferimento lucano della destra sociale di Alemanno, segretario regionale del Movimento nazionale per la sovranità, il nuovo movimento politico di Gianni Alemanno che alle ultime politiche ha sostenuto la Lega.
Antonio,. poco più che maggiorenne, da giovane militante del profondo sud conobbe un ventennio fa, nel corso di un Campo Base, Giuseppe Dimitri, un personaggio mitico per tanti ragazzi che militavano nelle file della destra sociale e non solo italiana.
Antonio,. poco più che maggiorenne, da giovane militante del profondo sud conobbe un ventennio fa, nel corso di un Campo Base, Giuseppe Dimitri, un personaggio mitico per tanti ragazzi che militavano nelle file della destra sociale e non solo italiana.
Figli di un inno al sole e di una terra che non ci vuole".
di Antonio Tisci
di Antonio Tisci
Se la memoria non mi fa difetto lo avevo conosciuto ad un campo base una decina di anni prima. Erano i primi anni di Alleanza Nazionale, quando ragazzino avevo deciso di unirmi a quel mondo che, all'interno di An aveva la folle idea di volersi opporre alla svolta liberale di An provando a trasformare il partito nato dal MSI nel partito della destra sociale.
All'epoca Destra Sociale era l'attribuzione di una corrente e non di tutto il partito e se oggi la destra italiana post missina è la "destra sociale" per tutti il merito è soprattutto di quel manipolo di folli.
Lo avevo conosciuto in quegli anni da ragazzino, negli stessi anni in cui ho conosciuto tutte le persone che hanno contato nella mia formazione politica, umana e comunitaria. Ero veramente un ragazzino, appena maggiorenne. Lui era uno di quei personaggi mitici, cui anche rivolgere la parola era un onore di cui non abusare. Era mitico per tutti, figuratevi per uno come me che veniva dalla provincia e che il suo nome lo aveva letto solo sui libri che divorava per conoscere tutto di quel mondo del neofascismo italiano che non aveva vissuto ma che sentiva come parte del suo mondo.
Me lo ricordo il funerale di Peppe. Le parole del suocero Giano Accame che ricordava con orgoglio il fatto che il genero fosse stato in carcere. Ingiustamente accusato per un omicidio, accusa che determinò il suicidio della madre e da cui fu totalmente assolto.
Ricordo le parole di Alemanno, all'epoca Ministro delle Politiche Agricole e Forestali che disse che se in quella Chiesa c'erano tutti era perché era venuto a cercarli ad uno ad uno per convincerli e unirli.
Perché in quella chiesa c'erano tutti, c'era tutto il mondo del neofascismo romano ed italiano. C'erano quelli che stavano nel MSI e poi in An, quelli che erano diventati istituzionali, c'erano gli ex di ogni organizzazione che fosse mai esistita. Persone che tra di loro non si parlavano e non si parlano da anni ma che amavano "il comandante".
Mi ricordo l'uscita dalla Chiesa con un corteo a forma di Runa, militanti e istituzioni che portavano la bara, le braccia tese e la chiamata del presente.
"Camerata Giuseppe Dimitri: Presente", quel vitale richiamo che unisce da anni tutta una storia, da Achille a chiunque abbia deciso che Roma valesse la vita di un uomo giusto.
Come molti meglio e più di me hanno ricordato e scritto, più di qualsiasi saggio e studio è quel funerale a spiegare cosa sia stato il neofascismo italiano tra mille contraddizioni e mille diversità.
Ero un ragazzino quando imparai che era difficile, forse impossibile ma il nostro compito era quello di non recidere le radici ma di continuare ad andare verso il cielo e che tutta quella storia non doveva essere frammentata ma continuare a cercare il filo e la narrazione che la unisse.
Ero un ragazzino, giovane più di quelli che oggi dicono di essere giovani quando imparai che "combattere è un destino" e non lo dimenticai più, con l'idea che porterò sempre con me secondo cui se quel giorno non fosse morto in un incidente stradale molte cose non sarebbero andate come sono andate.
Io non ho mai creduto che uno valga uno e che gli uomini siano intercambiabili, ce ne sono alcuni che sono insostituibili.
Lo avevo conosciuto in quegli anni da ragazzino, negli stessi anni in cui ho conosciuto tutte le persone che hanno contato nella mia formazione politica, umana e comunitaria. Ero veramente un ragazzino, appena maggiorenne. Lui era uno di quei personaggi mitici, cui anche rivolgere la parola era un onore di cui non abusare. Era mitico per tutti, figuratevi per uno come me che veniva dalla provincia e che il suo nome lo aveva letto solo sui libri che divorava per conoscere tutto di quel mondo del neofascismo italiano che non aveva vissuto ma che sentiva come parte del suo mondo.
Me lo ricordo il funerale di Peppe. Le parole del suocero Giano Accame che ricordava con orgoglio il fatto che il genero fosse stato in carcere. Ingiustamente accusato per un omicidio, accusa che determinò il suicidio della madre e da cui fu totalmente assolto.
Ricordo le parole di Alemanno, all'epoca Ministro delle Politiche Agricole e Forestali che disse che se in quella Chiesa c'erano tutti era perché era venuto a cercarli ad uno ad uno per convincerli e unirli.
Perché in quella chiesa c'erano tutti, c'era tutto il mondo del neofascismo romano ed italiano. C'erano quelli che stavano nel MSI e poi in An, quelli che erano diventati istituzionali, c'erano gli ex di ogni organizzazione che fosse mai esistita. Persone che tra di loro non si parlavano e non si parlano da anni ma che amavano "il comandante".
Mi ricordo l'uscita dalla Chiesa con un corteo a forma di Runa, militanti e istituzioni che portavano la bara, le braccia tese e la chiamata del presente.
"Camerata Giuseppe Dimitri: Presente", quel vitale richiamo che unisce da anni tutta una storia, da Achille a chiunque abbia deciso che Roma valesse la vita di un uomo giusto.
Come molti meglio e più di me hanno ricordato e scritto, più di qualsiasi saggio e studio è quel funerale a spiegare cosa sia stato il neofascismo italiano tra mille contraddizioni e mille diversità.
Ero un ragazzino quando imparai che era difficile, forse impossibile ma il nostro compito era quello di non recidere le radici ma di continuare ad andare verso il cielo e che tutta quella storia non doveva essere frammentata ma continuare a cercare il filo e la narrazione che la unisse.
Ero un ragazzino, giovane più di quelli che oggi dicono di essere giovani quando imparai che "combattere è un destino" e non lo dimenticai più, con l'idea che porterò sempre con me secondo cui se quel giorno non fosse morto in un incidente stradale molte cose non sarebbero andate come sono andate.
Io non ho mai creduto che uno valga uno e che gli uomini siano intercambiabili, ce ne sono alcuni che sono insostituibili.
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