CasaPound resisterà ad oltranza alla chiusura della sede nazionale: “Troveranno centinaia di patrioti disposti a morire”.
(A.c) Com’era prevedibile, i militanti di CasaPound non hanno preso bene la notizia del possibile sgombero della sede nazionale di via Napoleone III a Roma e si preparano a difenderla "con il pugnale fra i denti", come amano dire loro. E questa volta il pugnale fra i denti potrebbe non essere solo un motto o un hashtag su twitter ma un avvertimento a chi vorrebbe cacciarli da "casa loro", visto che i vertici del movimento hanno fatto sapere di essere pronti a difenderla ad ogni costo: con le buone e con le cattive, pronti anche a resistere ad oltranza davanti ad un eventuale sgombero forzato.
Di questo tenore sono, infatti, le prese di posizione ufficiali degli esponenti di spicco della tartaruga frecciata. Scrive, ad esempio, Mauro Antonini, candidato presidente della Regione Lazio sulla sua pagina facebook: «Sembra assurdo che le priorità delle istituzioni siano queste. Ma siamo abituati. È chiaro che vi sia un interesse politico, ma mi viene da sorridere: hanno capito ben poco questi signori se pensano di poter chiudere un baluardo di Giustizia senza conseguenze» e aggiunge: «La conseguenza principale sarebbe quella di trovarsi di fronte centinaia di patrioti disposti a morire. A morire per il tricolore». Gli fa eco Gianluca Iannone, presidente di Casapound Italia, che avverte: «cacciare le 20 famiglie in stato di emergenza abitativa che abitano nel palazzo, oltre che i militanti che accorrerranno per difendere la “torre”, non sarà affatto facile...». E Andrea Antonini, vicepresidente di CPI, è ancora più diretto e sempre su facebook commenta: «…ma una cosa voglio comunicarla a lorsignori. Noi una ragione per morire l’abbiamo e voi? Fateve sotto m…e».
Dichiarazioni esplicite, aggiunte ad una reazione sicuramente prevedibile, avrebbero dovuto far riflettere chi ha voluto questo caso a 40 giorni dalle elezioni politiche visto i rischi che ne conseguono. Al ministro Minniti, alla sindaca Raggi e al Prefetto di Roma mi piacerebbe chiedere come mai, su tutti i palazzi occupati a Roma e in Italia, solo questo ed altri due edifici sono entrati nel mirino dello Stato e perché sarebbero una questione prioritaria e di sicurezza. E ancora: qual'è il pericolo che si corre e cosa li distingue da tutte le altre occupazioni politiche e sociali che vengono tollerate. Mi piacerebbe anche chiedergli se sanno già cosa farci e con quanti e quali soldi, eventualmente, verrebbero riqualificate queste strutture. Perché il vero rischio per lo Stato, nel malaugurato caso in cui via Napoleone III dovesse tornare nel degrado e alla mercé di sbandati e clandestini, sarebbe quello di perdere la credibilità difronte agli italiani e al mondo interno. E di far pagare il conto, alla fine, solo alle famiglie che vivono a CasaPound e che, da quindici anni a questa parte, non hanno più un'emergenza abitativa da affrontare.
L’immobile di via Napoleone III, occupato a dicembre del 2003 dal gruppo fondante di CasaPound Italia, è stato inserito, secondo il quotidiano romano Il Messaggero, nella lista di immobili prioritari da liberare compilata dal Ministero degli Interni. Nello storico edificio, che ai tempi del fascismo ospitava l’Ente Nazionale per l’istruzione Media e Superiore, oggi vivono numerose famiglie italiane provenienti dall'emergenza abitativa, ed è il cuore pulsante del movimento politico di Gianluca Iannone e Simone Di Stefano.
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