Vincenzo Sofo (Il Talebano): Berlusconi ha una quinta gamba che si chiama Casa Pound
(G.p) Simone Di Stefano, presidente di Casa Pound Italia e candidato premier per il movimento della tartaruga frecciate alle prossime elezioni politiche, previste, salvo sorprese, per domenica 4 marzo,
nel corso di un'intervista rilasciata al quotidiano nazionale Libero ha lanciato un'ultima chiamata a Matteo Salvini, leader indiscusso della Lega ed aspirante candidato premier alle prossime politiche per fare la vera destra.
Vincenzo Sofo, militante della Lega Nord ed animatore insieme a Fabrizio Fratus del sito Il Talebano laboratorio politico culturale che opera attorno al progetto di Matteo Salvini al fine di riaggregare l'area della destra politica italiana al fine di arrivare, in tempi brevi, alla nascita di un grande movimento identitario, in un interessante articolo, che pubblichiamo per intero, rovescia l'ultima chiamata di Simone Di Stefano a Salvini chiedendo a Casa Pound di sostenere il progetto politico della Lega per superare Forza Italia e ridimensionare la quarta gamba centrista del centro destra.
Casa Pound ha lanciato una “ultima chiamata a Salvini per fare la vera destra”, attraverso un’intervista rilasciata a Libero dal suo vicepresidente Simone Di Stefano.
Il partito della tartaruga nell’ultimo periodo sta godendo di ottima visibilità mediaticadata un po’ dalla sua svolta pop (culminata nell’arruolamento della showgirl Nina Moric) un po’ da dei buoni risultati elettorali locali che – seppur molto confinati geograficamente – hanno ottenuto molto eco anche perchè sintomatici del vento di destra che sta soffiando in Italia.
CasaPound oggi, sondaggi alla mano, non ha chance di entrare in Parlamento. La soglia di sbarramento prevista dalla legge elettorale è del 3% e le rilevazioni degli istituti non contemplano questa lista neppure all’1%, traguardo peraltro mai raggiunto dalle formazioni della cosiddetta “destra radicale”. Ciò non vuol dire che CasaPound non abbia speranze di toccare/superare questa cifra, poichè il vento favorevole unito alla mancanza di competitor d’area unito alla capacità di marketing di CPI potrebbero sorprendere i sondaggisti. Ma senza il raggiungimento del 3%, tutto ciò sarebbe assolutamente infruttuoso.
Chi spera che CPI ottenga un risultato più alto possibile (pur sotto il 3%) è Berlusconi. Il cui obiettivo principe per le elezioni del 2018 è arginare in tutti i modi la crescita elettorale di Salvini e perciò ha prima portato la Meloni a distanziarsi dalla Lega e a competere con essa e, poi, ha costruito la “quarta gamba” centrista. Tutto con l’obiettivo di erodere seggi a Salvini e crearsi un cuscino di parlamentari di centrodestra esterni a Forza Italia del quale servirsi nel caso (di vittoria) in cui Salvini dovesse trovarsi in condizione di forza rispetto a FI nell’indicazione del Premier.
CasaPound potrebbe suo malgrado rivelarsi un ulteriore aiuto a Silvio. Perchè se non raggiunge (come verosimile) il 3%, qualunque risultato essa ottenga sarà un numero di voti gettato al vento, neutralizzato e soprattutto tolto a Salvini. Il quale è oggi l’unico vero ostacolo sulla strada di Berlusconi verso la costituzione di un’alleanza di governo con il Pd.
La vera alternativa destra a Berlusconi oggi si chiama dunque Matteo Salvini. Che, da quando è diventato leader della Lega, è riuscito a fare in 4 anni ciò che la destra “storica” non è riuscita a fare in 20: rompere il monopolio berlusconiano della metà non di sinistra del paese. Restando – a differenza di quanto fatto da AN – indipendente da lui ed evitando – a differenza di quanto fatto dai movimenti minori – di emarginarsi rendendo inutile il suo consenso elettorale. E, soprattutto, promuovendo l’aggregazione invece che la divisione degli ambienti identitari. Cioè facendo quel che dovrebbe fare una vera destra.
Proprio grazie a Salvini, CasaPound ha iniziato a essere considerata come forza politica. E’ stato lui, quando nessun altro si sarebbe azzardato, a legittimare il movimento romano invitandolo alle grandi manifestazioni di Milano e di Roma. Azione che ha permesso a CPI di iniziare un percorso di sdoganamento (tanto che ora, rispetto alle altre realtà della destra radicale, gode di un trattamento mediatico generoso).
Se CPI vuol davvero che nasca una vera destra, deve sostenere il progetto di Salvini. L’unico concretamente in grado di dar vita nei prossimi anni a un’alternativa governativa basata su valori e istanze identitarie. Una svolta tanto attesa e tanto importante per la destra e per l’Italia che merita di essere anteposta ai desiderata (legittimi ma egoistici ) di visibilità personale e che dunque merita un passo di lato in termini di (limitata) ambizione elettorale di un singolo movimento per favorire l’ambizione di un progetto molto più ampio e incisivo.
Cosa che non stanno capendo né la Meloni né Di Stefano, entrambi forse vittime di quell’antica sindrome cosiddetta da “ducismo” della destra italiana che per preservare il mantenimento di singoli potentati ha impedito a un’area politica e valoriale fortemente presente nel Paese di riunirsi sotto un unico vessillo. Un peccato di narcisismo che però è costato e potrebbe costare anche oggi molto in termini politici.
Dunque l’ultima chiamata invocata da Di Stefano è da rovesciare: in questo momento storico, se la destra vuol sperare di avere un ruolo nelle decisioni politiche del futuro non è certo Salvini (sostenuto dal 15% di italiani) a dover sposare il percorso di Fratelli d’Italia (sostenuto dal 4%? 5%?) o di CasaPound (sostenuto dallo 0,5%? 1%? 2%?) ma CPI e Fratelli d’Italia ad aderire al progetto di Salvini. Così si supererebbe la percentuale di FI, si neutralizzerebbe la “quarta gamba”, si otterrebbe finalmente un reale potere contrattuale su Berlusconi e si potrebbe dar vita a un grande e forte movimento identitario.
CasaPound oggi, sondaggi alla mano, non ha chance di entrare in Parlamento. La soglia di sbarramento prevista dalla legge elettorale è del 3% e le rilevazioni degli istituti non contemplano questa lista neppure all’1%, traguardo peraltro mai raggiunto dalle formazioni della cosiddetta “destra radicale”. Ciò non vuol dire che CasaPound non abbia speranze di toccare/superare questa cifra, poichè il vento favorevole unito alla mancanza di competitor d’area unito alla capacità di marketing di CPI potrebbero sorprendere i sondaggisti. Ma senza il raggiungimento del 3%, tutto ciò sarebbe assolutamente infruttuoso.
Chi spera che CPI ottenga un risultato più alto possibile (pur sotto il 3%) è Berlusconi. Il cui obiettivo principe per le elezioni del 2018 è arginare in tutti i modi la crescita elettorale di Salvini e perciò ha prima portato la Meloni a distanziarsi dalla Lega e a competere con essa e, poi, ha costruito la “quarta gamba” centrista. Tutto con l’obiettivo di erodere seggi a Salvini e crearsi un cuscino di parlamentari di centrodestra esterni a Forza Italia del quale servirsi nel caso (di vittoria) in cui Salvini dovesse trovarsi in condizione di forza rispetto a FI nell’indicazione del Premier.
CasaPound potrebbe suo malgrado rivelarsi un ulteriore aiuto a Silvio. Perchè se non raggiunge (come verosimile) il 3%, qualunque risultato essa ottenga sarà un numero di voti gettato al vento, neutralizzato e soprattutto tolto a Salvini. Il quale è oggi l’unico vero ostacolo sulla strada di Berlusconi verso la costituzione di un’alleanza di governo con il Pd.
La vera alternativa destra a Berlusconi oggi si chiama dunque Matteo Salvini. Che, da quando è diventato leader della Lega, è riuscito a fare in 4 anni ciò che la destra “storica” non è riuscita a fare in 20: rompere il monopolio berlusconiano della metà non di sinistra del paese. Restando – a differenza di quanto fatto da AN – indipendente da lui ed evitando – a differenza di quanto fatto dai movimenti minori – di emarginarsi rendendo inutile il suo consenso elettorale. E, soprattutto, promuovendo l’aggregazione invece che la divisione degli ambienti identitari. Cioè facendo quel che dovrebbe fare una vera destra.
Proprio grazie a Salvini, CasaPound ha iniziato a essere considerata come forza politica. E’ stato lui, quando nessun altro si sarebbe azzardato, a legittimare il movimento romano invitandolo alle grandi manifestazioni di Milano e di Roma. Azione che ha permesso a CPI di iniziare un percorso di sdoganamento (tanto che ora, rispetto alle altre realtà della destra radicale, gode di un trattamento mediatico generoso).
Se CPI vuol davvero che nasca una vera destra, deve sostenere il progetto di Salvini. L’unico concretamente in grado di dar vita nei prossimi anni a un’alternativa governativa basata su valori e istanze identitarie. Una svolta tanto attesa e tanto importante per la destra e per l’Italia che merita di essere anteposta ai desiderata (legittimi ma egoistici ) di visibilità personale e che dunque merita un passo di lato in termini di (limitata) ambizione elettorale di un singolo movimento per favorire l’ambizione di un progetto molto più ampio e incisivo.
Cosa che non stanno capendo né la Meloni né Di Stefano, entrambi forse vittime di quell’antica sindrome cosiddetta da “ducismo” della destra italiana che per preservare il mantenimento di singoli potentati ha impedito a un’area politica e valoriale fortemente presente nel Paese di riunirsi sotto un unico vessillo. Un peccato di narcisismo che però è costato e potrebbe costare anche oggi molto in termini politici.
Dunque l’ultima chiamata invocata da Di Stefano è da rovesciare: in questo momento storico, se la destra vuol sperare di avere un ruolo nelle decisioni politiche del futuro non è certo Salvini (sostenuto dal 15% di italiani) a dover sposare il percorso di Fratelli d’Italia (sostenuto dal 4%? 5%?) o di CasaPound (sostenuto dallo 0,5%? 1%? 2%?) ma CPI e Fratelli d’Italia ad aderire al progetto di Salvini. Così si supererebbe la percentuale di FI, si neutralizzerebbe la “quarta gamba”, si otterrebbe finalmente un reale potere contrattuale su Berlusconi e si potrebbe dar vita a un grande e forte movimento identitario.
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