Dubai scarcerato Giancarlo Tulliani dopo il pagamento della cauzione
(G.p) Giancarlo Tulliani, fratello di Elisabetta e genero dell'ex presidente della Camera dei Deputati nonché ultimo presidente di Alleanza Nazionale, torna libero dopo il pagamento di una cauzione.
Il giovane imprenditore era stato arrestato all'inizio del mese di novembre perché le autorità degli Emirati Arabi Uniti hanno accolto l'istanza di scarcerazione presentata alla fine del mese dall'avvocato difensore come scrivono Il Giornale ed Il Tempo nell'edizione di martedì 19 dicembre.
Tulliani da alcuni mesi viveva a Dubai dopo che era emerso lo scandalo delle slot machine che lo vede accusato di riciclaggio della Procura della Repubblica di Roma.
Tulliani viveva a Dubai con regolari documenti di soggiorno e un’asserita attività lavorativa nel campo immobiliare (sempre lo stesso)
Con risorse necessari e s sufficienti a garantirgli anche le frequenti visite della fidanzata da Roma, una dipendente dell’Atac figlia di dipendenti Atac che volava avanti e indietro con gli Emirati, in business class.
Ma all’improvviso tutto è cambiato, dopo che alcuni giornalisti della trasmissione di Giletti lo avevano rintracciato infastidendolo al punto da fargli chiedere l’aiuto della polizia
I difensori italiani di Tulliani, Titta e Nicola Madia, da tempo gli consigliavano di rientrare in Italia, mettersi a disposizione della Procura di Roma e attendere l’esito di un processo per riciclaggio che loro ritengono infondato. Perché sostengono che i milioni di euro trasferiti dal «re delle slot» Francesco Corallo a Sergio e Giancarlo Tulliani sono tutt’al più una tangente figlia di altri reati: la corruzione, che nel caso andrebbe contestata a Fini e non a loro, oppure un millantato credito o un traffico illecito di influenze. Tutto prescritto o non previsto dal codice penale all’epoca dei fatti.
I difensori italiani di Tulliani, Titta e Nicola Madia, da tempo gli consigliavano di rientrare in Italia, mettersi a disposizione della Procura di Roma e attendere l’esito di un processo per riciclaggio che loro ritengono infondato. Perché sostengono che i milioni di euro trasferiti dal «re delle slot» Francesco Corallo a Sergio e Giancarlo Tulliani sono tutt’al più una tangente figlia di altri reati: la corruzione, che nel caso andrebbe contestata a Fini e non a loro, oppure un millantato credito o un traffico illecito di influenze. Tutto prescritto o non previsto dal codice penale all’epoca dei fatti.
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