Fini si precipita di nuovo dai magistrati a Roma per scaricare su Tulliani ogni accusa
Francesco Caroleo Grimaldi e Michele Sarno, legali di Gianfranco Fini, concedono ai cronisti una scarna dichiarazione, quando l'ex presidente della Camera dei Deputati nel pomeriggio lascia piazzale Clodio, dopo essersi presentato per la seconda volta nella procura della capitale per dare l'ultima versione dei fatti circa la casa di Montecarlo, lasciata in eredità al partito dalla contessa Colleoni per la buona battaglia e finita nella disponibilità del cognato Giancarlo Tulliani, e ai legami con l'imprenditore catanese Francesco Corallo, il re delle slot, prima che i pubblici ministeri romani decidano se chiedere il rinvio a giudizio per lui, per Elisabetta, per il suocero Sergio Tulliani e per il cognato Giancarlo, arrestato a Dubai e sotto richiesta d'estradizione.
Fini aveva la possibilità, dopo l'avviso di chiusura indagini, di essere ascoltato ancora, e così ha fatto. Ma a quanto pare il presidente della Camera non ha cambiato di molto strategia. Continuando a battere sul tasto dell'inconsapevolezza a 360 gradi. Lui non sapeva nulla, il giovane Tulliani l'ha di fatto abbindolato, millantando grazie alla prestigiosa parentela interventi e pressioni che avrebbero convinto Corallo a fare ponti d'oro al cognatino e alla di lui famiglia, comprandogli la casa di Montecarlo, elargendo bonifici a ripetizione per restaurare la casa e non solo, il tutto mentre il malcapitato Fini, messo in mezzo a sua insaputa, veniva «speso» suo malgrado. Ritrovandosi, ora, indagato come i suoi familiari per riciclaggio.
Ma di cose da chiarire Fini ne aveva. Nell'autodifesa, infatti, l'ex leader di An ha sempre compreso anche Elisabetta. Che però a leggere le carte dell'inchiesta ha qualche problema in più anche solo a sostenere di «essere stata all'oscuro». Non fosse altro perché, per esempio, i soldi della ricchissima cessione della casa di Montecarlo «scippata» dal fratello ad An per un tozzo di pane (pagato da Corallo) e rivenduta a un signore svizzero per quasi un milione e mezzo di euro sono finiti per metà sul suo conto personale.
Ma di cose da chiarire Fini ne aveva. Nell'autodifesa, infatti, l'ex leader di An ha sempre compreso anche Elisabetta. Che però a leggere le carte dell'inchiesta ha qualche problema in più anche solo a sostenere di «essere stata all'oscuro». Non fosse altro perché, per esempio, i soldi della ricchissima cessione della casa di Montecarlo «scippata» dal fratello ad An per un tozzo di pane (pagato da Corallo) e rivenduta a un signore svizzero per quasi un milione e mezzo di euro sono finiti per metà sul suo conto personale.
Anche questo dettaglio Fini sostiene di averlo appreso a cose fatte, e giustifica la compagna sostenendo che fosse una sorta di «risarcimento» per i danni provocati dal comportamento spregiudicato del più giovane dei Tulliani.
«Fini ha reso ampie dichiarazioni sul cui contenuto per motivi di riserbo non possiamo riferire trattandosi di atti secretati», hanno detto ancora i suoi legali a proposito dei 90 minuti di faccia a faccia.
Basterà aver ribadito di essere vittima di un parente millantatore per salvare l'ex terza carica dello Stato dal finire alla sbarra?
Lo stercaiolo Fini autodefinitosi un coglione non ha precisato bene chi lo ha reso pubblicamente tale. Sicuramente l'artefice principale fu Elisabetta Tulliani, poi solo poi, il clan familiare.L'ostinarsi a negare ciò che è evidente a tutti, stante i trascorsi noti della ex concubina del faccendiere bancarottiere Gaucci,latitante a Santo Domingo,compagna di scuola di suo figlio, che fiutato dove erano i soldi,mollò il pargolo per mettersi con il padre,è il classico arrampicarsi sugli specchi.Fini deve rassegnarsi a fare il pensionato, seduto in panchina, ai giardinetti pubblici sotto casa, a dar da mangiare ai piccioni e giocare le due figlie femmine che lo hanno incastrato alla nota arrampicatrice sociale e al suo clan familiare di intrallazzatori.Se capitasse a tiro l'unica cosa da fare è ricoprirlo di sputi.
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