L'Aquila e la Fiamma, la storia dell'anima nazionalpopolare del Msi approda a Milano
Venerdì 29 settembre presso lo Spazio Ritter in Maiocchi 28 a Milano si è svolta la presentazione del nuovo libro di Nazzareno Mollicone l'Aquila e la Fiamma".
All'evento insieme all'autore erano presenti Walter Jader e Marco Valle due testimoni della vicenda politica e culturale di quegli anni.
Dell'evento culturale milanese ci parla, con un dettagliato resoconto della serata il collega Bruno Bonino, già collaboratore della storica rivista di destra "Il Candido".
Un libro fresco di stampa, quasi trecento pagine
scrupolosamente allineate da Nazzareno Mollicone (“l’Aquila e la Fiamma”) e due
testimoni della vicenda politica e culturale di quegli anni (Walter Jeder e
Marco Valle) hanno costituito l’occasione, in una sera milanese di fine
settembre, per riportare sotto il cono di luce del dibattito “non conforme”
quarant’anni di vita italiana attraverso la storia del Centro Studi Ordine Nuovo
e, più in generale, l’opera della componente rautiana, dalla scoperta di Julius
Evola al suo ruolo di anima nazionalpopolare del Movimento Sociale Italiano.
Dibattito necessario per ridare vita - dopo la scarsa eco ottenuta
della recente anemica rievocazione del Settantennale dalla fondazione del
partito - all’attualità, e perfino alla capacità predittiva, di un gruppo di
uomini che tentò di restituire al movimento postfascista l’adrenalina della
spinta rivoluzionaria, agitando le acque stagnanti della politica-politicante
con le sue analisi radicali.
Walter Jeder, primo relatore per anagrafe e diretta
esperienza, ha centrato il suo intervento principalmente sugli anni ‘60/’70
quando O. N. offrì ai giovani missini una sponda elitaria, ma forte e rigorosa,
per chi aveva voglia di fare sul serio, disposto ad impegnarsi in un ambiente
dove si leggeva oltre a menare le mani, attingendo all’affascinante libreria
degli autori della tradizione, della sfida corporativa e dell’Europa nazione.
Non solo a Roma, ma in molti centri disseminati nella
provincia italiana, si formavano quadri attraverso una severa trafila di
selezione, da semplice aderente a militante: galloni guadagnati con prove di
serietà e sacrificio, in contrapposizione alla faciloneria delle adesioni
superficiali che spesso caratterizzava il reclutamento del partito.
Si voleva che questi ragazzi fossero capaci di resistere
alla usura del tempo e alle tentazioni della deriva borghese e
parlamentaristica.
Pino Rauti e i suoi offrivano non sono lezioni di
antagonismo su basi storiografiche per chi non si piegava alla sconfitta ma
anche analisi lucide e pragmatiche del presente per denunciare, il distacco del
“paese reale” da quello “legale” incarnato dai partiti della restaurazione
antifascista.
Walter, come altri, trovò la sua palestra di scrittura sulle
riviste dell’area ordinovista, da “Noi Europa” a “Presenza”, da “Civiltà” a
“Linea”.
I giovani ordinovisti chiudevano e riaprivano continuamente
il discorso con il MSI, entrando e uscendo dalle federazioni, sempre con ruoli
di spicco. Una strana altalena che potrebbe sembrare contraddittoria. Gli stessi che avevano giocato, nel ‘68, la
carta della campagna elettorale per la scheda bianca, creando i Comitati di
Riscossa Nazionale contro un Msi impietosamente definito “Movimento Scolorito
Infeudato”, erano pronti a fare quadrato attorno alla “casa del padre” quando
soffiava forte il vento della persecuzione e dell’aggressione.
La “scuola” di Ordine Nuovo durò anche oltre il traumatico
strappo di Clemente Graziani che rifiutò il rientro nei ranghi del partito. Il
teorizzatore della “Guerra rivoluzionaria” non credeva nella possibilità di
condizionare la deriva moderata e atlantista del MSI agendo dal suo interno.
I rautiani che preferirono il Centro Studi all’avventura,
cercarono comunque in tutti i modi di non omologarsi ad uno stile nostalgico e
bottegaio. L’intellettuale Rauti passava dalle linee di vetta ristocratiche
alla modernità, spiazzando i conservatori con
scatti di pragmatismo anticonformista che lo portavano, ad esempio, ad
affermare che “valeva più una canzone nostra che cento comizi”.
Non è pertanto un caso se lo stesso Jeder finirà per
presentare i campi Hobbit, diventerà da giornalista autore e protagonista della
musica alternativa e si presterà a incarnare il ruolo di bastian contrario
animando i dibattiti dell’emittente missina Radio University.
Marco Valle, storico capo del fronte della gioventù
milanese, e poi membro del comitato centrale, ha offerto la testimonianza degli
anni in cui progetto rautiano si esprimeva anche attraverso le correnti
agguerrite che contestarono la segreteria a Fini: mozioni, dense di contenuti e
proposte, che si chiamarono “Spazio Nuovo”, “Linea futura” e “Andare Oltre”.
Giornalista e scrittore, Valle ha ribadito come tra i lasciti
dell’esperienza rautiana, che si agglutinò attorno alla mitica Libreria Europa
di via degli Scipioni, vi sia la necessità di dare valido e continuativo
sostegno all’editoria di area che dovrebbe meglio coordinarsi per sopravvivere e
svilupparsi, superando la miopia della iniziativa arroccata e individuale. Un
limite cronico dell’ambiente di cui è testimone l’ospite della serata, Marco
Battarra con il suo “Spazio Ritter”, da oltre trent’anni, generoso e tenace
custode della diffusione libraria.
È stato forse quel famoso “grammo di intelligente, lucida e
razionale utopia” chiesto da Rauti in un suo celebre discorso congressuale, a
consentire ad un mondo umano che
proveniva dall’esperienza ordinovista di consegnare, in anticipo sui tempi,
alla storia dei movimenti politici, una serie di originali intuizioni:
elaborando tematiche come quella dello “sfondamento a sinistra”, cioè una
strategia capace di trovare risposte sociali e popolari da offrire ai delusi di
una sinistra irriconoscibile fallimentare; nuove chiavi di lettura sul
mondialismo; il crollo del comunismo e il ritorno della predominanza americana,
il ripresentarsi della Russia quale “terza Roma”, analisi sul tumultuoso
risveglio islamico, l’orgogliosa rivendicazione del Fascismo-rivoluzione come incubatore
di soluzioni ancora attualissime.
Nazzareno Mollicone, ricostruendo lucidamente l’architettura
editoriale del suo libro, organizzato tra eventi, cronologie e scenari
geopolitici contestuali, ha condiviso gran parte delle osservazioni svolte da Jeder
e Valle, spiegando come sia impossibile compendiare una storia che è costituita
di idee, fatti e da una vasta comunità di persone, in una dimensione organica e
completa, riuscendo a rendere questo lavoro “pubblicabile” nella sua
estensione.
L’autore ha risposto anche ad alcune implicite accuse di
autocensura e di una minore trattazione delle esperienze giovanili degli anni ‘70,
quando la corrente raccolse anche gli stimoli e i contributi che gli venivano
dalla Nuova Destra di Tarchi e Solinas.
“L’Aquila la Fiamma” è un libro al quale ogni lettore che
abbia vissuto quegli anni, militando nelle file della destra estrema, potrebbe
contribuire antologicamente con tracce della propria esperienza, rivendicando
la forza emotiva di una vicenda che l’elencazione e la cronologia smorzano e
sbiadiscono. Un lavoro complicato e indispensabile, comunque, che ha onorato il
suo intento di restituire per intero alla Storia dei movimenti politici uno
straordinario laboratorio di idee, criminalizzato, vilipeso e, infine, rimosso
dalla memoria collettiva. Forse sopravvissuto, a beneficio dei topi, nei
faldoni delle Procure e delle Questure.
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