L'antifascismo è diventato un fenomeno di costume
Nella calda estate 2017, caratterizzata da una forte follie censoria che vede germogli di nuove minacciose marce su Roma, basta un semplice costume da mare, con la scritta boia chi molla a scatenare una feroce polemica politica. Succede a Empoli, in provincia di Firenze, dove qualche utente della piscina comunale ha deciso di combattere il caldo estivo facendosi un bagno indossando il citato costume che l'assessore alla cultura ha preso le distanze da chi, in qualsiasi modo, si fa promotore di iniziative di qualsivoglia richiamo al fascismo, come ci racconta il collega Pietro Di Leo in un interessante articolo, pubblicato su Il Tempo di domenica 30 luglio.
Articolo che riportiamo per intero.
Dopo la spiaggia di Chioggia, i costumi di Empoli. A buttarla sul metaforico, dopo i manganelli di Predappio, i deretani di Empoli. Eh già, perché nell'estate della follia censoria, che vede germogli di nuove minacciose marce su Roma dietro lo stampiglio ducesco in un accendino, uno stabilimento balneare " a tema" o un gadget di littorie rimembranze, non poteva mancare la polemica su una scritta: "boia chi molla" accomodata proprio lì, a coprire il didietro di un costume da bagno.
Perché all'antifascismo non puoi sfuggire mai, neanche se il tuo è un innocuo culofascismo, peraltro di dubbio gusto estetico. Nessuno scampo, perché occorre essere ligi al dovere che li chiama. E quindi, a sollevare il problema, a Empoli, appunto, è stato il centro sociale Csa Intifada. Gente che si riconosce in un nome molto pacifico, del tutto estraneo ad ogni richiamo alla violenza come dimostrano i fatti, anche recenti, di Gerusalemme.
Però evidentemente se non li intimorirebbe un tank israeliano basta un costume da bagno a spaventarli, e dopo aver visto di ragazzi indossarne alcuni con la scritta che fu un moto del movimentismo di destra anni 70 hanno fatto appello affinché fosse vietato loro l'ingresso nella piscina comunale della città toscana.
L'assurdo non è tanto questo, perché ognuno prova a fare il suo. Ma è che qualcuno abbia dato loro retta. Già, perché il locale assessore alla cultura, a nome di tutta la giunta, si è premurato nel prendere le distanze da chi, in qualsiasi modo, si fa promotore di qualsivoglia richiamo al fascismo.
Dove per qualsivoglia, evidentemente si intende anche le chiappe. E mentre verifichiamo che nel sito dell'azienda locale che produce questi costumi non è più possibile acquistarli, ci ritroviamo a nuotare con innocui mutandoni, rigorosamente senza scritte, in questo brodo primordiale fatto di situazioni, per dirla alla Ennio Flaviano, gravi ma non serie.
E magari la Buon'Anima, di cui ieri ricorreva la nascita, si rivolta di là della tomba nel vedere la sua tragica creatura storica cosi ridotta in barzelletta. Mentre di qui, tra antifascismo e culofascismo, l'unico gesto di rivolta vero è dire me ne frego. E farlo anche.
Articolo che riportiamo per intero.
Dopo la spiaggia di Chioggia, i costumi di Empoli. A buttarla sul metaforico, dopo i manganelli di Predappio, i deretani di Empoli. Eh già, perché nell'estate della follia censoria, che vede germogli di nuove minacciose marce su Roma dietro lo stampiglio ducesco in un accendino, uno stabilimento balneare " a tema" o un gadget di littorie rimembranze, non poteva mancare la polemica su una scritta: "boia chi molla" accomodata proprio lì, a coprire il didietro di un costume da bagno.
Perché all'antifascismo non puoi sfuggire mai, neanche se il tuo è un innocuo culofascismo, peraltro di dubbio gusto estetico. Nessuno scampo, perché occorre essere ligi al dovere che li chiama. E quindi, a sollevare il problema, a Empoli, appunto, è stato il centro sociale Csa Intifada. Gente che si riconosce in un nome molto pacifico, del tutto estraneo ad ogni richiamo alla violenza come dimostrano i fatti, anche recenti, di Gerusalemme.
Però evidentemente se non li intimorirebbe un tank israeliano basta un costume da bagno a spaventarli, e dopo aver visto di ragazzi indossarne alcuni con la scritta che fu un moto del movimentismo di destra anni 70 hanno fatto appello affinché fosse vietato loro l'ingresso nella piscina comunale della città toscana.
L'assurdo non è tanto questo, perché ognuno prova a fare il suo. Ma è che qualcuno abbia dato loro retta. Già, perché il locale assessore alla cultura, a nome di tutta la giunta, si è premurato nel prendere le distanze da chi, in qualsiasi modo, si fa promotore di qualsivoglia richiamo al fascismo.
Dove per qualsivoglia, evidentemente si intende anche le chiappe. E mentre verifichiamo che nel sito dell'azienda locale che produce questi costumi non è più possibile acquistarli, ci ritroviamo a nuotare con innocui mutandoni, rigorosamente senza scritte, in questo brodo primordiale fatto di situazioni, per dirla alla Ennio Flaviano, gravi ma non serie.
E magari la Buon'Anima, di cui ieri ricorreva la nascita, si rivolta di là della tomba nel vedere la sua tragica creatura storica cosi ridotta in barzelletta. Mentre di qui, tra antifascismo e culofascismo, l'unico gesto di rivolta vero è dire me ne frego. E farlo anche.
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