La vacanza e l'appalto-slot: così i pm puntano a Fini
(G.p)La Procura della Repubblica di Roma, quando sentirà, nei prossimi giorni, secondo i soliti ben informati, l'imprenditore catanese Francesco Corallo chiederà chiarimenti sul primo bando del Governo per le slot machine del 7 giugno 2004 e del viaggio, durante il periodo di Ferragosto dell'allora vicepresidente del consiglio e leader incontrastato di Alleanza Nazionale Gianfranco Fini alle Antille Olandesi, suo gradito ospite, come ci racconta il collega Simone Di Meo con un interessante articolo, pubblicato da Il Giornale, storico quotidiano meneghino che riportiamo fedelmente.
C i sono due date su cui i pm di Roma hanno voglia e urgenza di far chiarezza con Francesco Corallo.
La prima è il 7 giugno 2004 quando, in tempi strettissimi, si chiude il primo bando del Governo per le macchinette mangiasoldi aperto il 14 aprile precedente. Tre settimane o poco più al termine delle quali le multinazionali italiane straniere ottengono le ricche concessioni per il gioco online. Nove società sono note, all'epoca. La decima, invece, è una offshore di nome «Atlantis World», fondata a Saint Martin, nelle Antille olandesi il 17 marzo 2004, con appena 30mila dollari di capitale. Un quinto dei quali effettivamente versati. Con 6mila euro appena, Francesco Corallo guadagnerà centinaia di milioni di euro.
L'altra data di cui i magistrati chiederanno conto all'imprenditore catanese, ritornato in Italia 48 ore fa e sottoposto al duplice obbligo di dimora e di presentazione alla polizia giudiziaria, è il Ferragosto di quello stesso anno.
Quando Gianfranco Fini, all'epoca vicepresidente del Consiglio e leader incontrastato di An, viene invitato da Corallo in vacanza a Saint Martin. A raccontare l'episodio ai magistrati è il deputato Amedeo Laboccetta ricordando che Corallo «affittò la villa e anche una barca, e fece arrivare istruttori dalla California e dalla Francia che accompagnavano Fini nelle immersioni»
Laboccetta aggiunge che «quel viaggio serviva a Fini proprio per creare un rapporto con Francesco Corallo». Dunque: ancor prima che entrassero in scena Elisabetta e Giancarlo Tulliani, l'uomo politico aveva consuetudine con l'imprenditore catanese con passaporto olandese. È sempre Laboccetta a sottolineare, nei verbali allegati all'inchiesta che ha portato all'iscrizione nel registro degli indagati dello stesso Fini, di Giancarlo, Elisabetta e Sergio Tulliani per riciclaggio, che in passato le relazioni con Corallo passavano per i collaboratori più stretti di Gianfranco. Il parlamentare napoletano fa i nomi di molti dei fondatori di quella che sarebbe diventata la fondazione «Farefuturo» e di Adolfo Urso, ex ministro del Commercio estero. Solo dopo arriveranno i Tulliani che, in ossequio a uno spin-off tutto da decifrare, diventeranno i link di collegamento con il presidente della Camera al posto di deputati e senatori di An.
E lui, il «re dei videopoker», quando sarà chiamato dai magistrati, parlerà? «Risponderò», ha detto in un'intervista di ieri al quotidiano La Verità. Corallo risponderà sui bonifici da 2,4 milioni di euro rintracciati dai segugi della Guardia di finanza nelle pieghe dei conti della famiglia Tulliani per operazioni estero su estero che i magistrati riconducono proprio alle concessioni governative per il gioco d'azzardo. Soldi che sono poi al centro dell'ipotesi investigativa della Procura di Roma. Ipotesi condivisa dal gip Simonetta D'Alessandro, che ha firmato il sequestro di una polizza da un milione di euro intestata a Fini, scrivendo dei Tulliani come dei «prestanome» di Fini. Gli unici in grado, proprio per il rapporto di vicinanza a Gianfranco, di assicurargli «l'agognata tranquillità commerciale» o meglio la «tranquillità predatoria» che gli avrebbe consentito, come poi è stato, di continuare a fare affari ed evadere le tasse per centinaia di milioni di euro in Italia. Di questo dovrà rispondere Corallo, quando incontrerà l'aggiunto Prestipino e il sostituto procuratore Sargenti, e pure della possibile «compartecipazione societaria di un soggetto in grado di dispiegare un'elevatissima protezione politica». Un soggetto che sedeva al vertice di Montecitorio, secondo il giudice.
E lui, il «re dei videopoker», quando sarà chiamato dai magistrati, parlerà? «Risponderò», ha detto in un'intervista di ieri al quotidiano La Verità. Corallo risponderà sui bonifici da 2,4 milioni di euro rintracciati dai segugi della Guardia di finanza nelle pieghe dei conti della famiglia Tulliani per operazioni estero su estero che i magistrati riconducono proprio alle concessioni governative per il gioco d'azzardo. Soldi che sono poi al centro dell'ipotesi investigativa della Procura di Roma. Ipotesi condivisa dal gip Simonetta D'Alessandro, che ha firmato il sequestro di una polizza da un milione di euro intestata a Fini, scrivendo dei Tulliani come dei «prestanome» di Fini. Gli unici in grado, proprio per il rapporto di vicinanza a Gianfranco, di assicurargli «l'agognata tranquillità commerciale» o meglio la «tranquillità predatoria» che gli avrebbe consentito, come poi è stato, di continuare a fare affari ed evadere le tasse per centinaia di milioni di euro in Italia. Di questo dovrà rispondere Corallo, quando incontrerà l'aggiunto Prestipino e il sostituto procuratore Sargenti, e pure della possibile «compartecipazione societaria di un soggetto in grado di dispiegare un'elevatissima protezione politica». Un soggetto che sedeva al vertice di Montecitorio, secondo il giudice.
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