Storace: Fedeli,per chi guida la scuola è la prima lezione. Che sberle ai miei tempi"
È la prima volta che il ministro Fedeli riceve una lezione». Francesco Storace non si smentisce e liquida la rissa di Palazzo Madama con il sarcasmo, nel corso di una intervista rilasciata alla collega Francesca Angeli, pubblicata su Il Giornale, storico quotidiano milanese.
Intervista che pubblichiamo per intero.
D'altra parte nella sua lunga carriera politica di risse non soltanto ne ha viste parecchie, ma le ha anche vissute in prima persona. Ex ministro della Salute, ex governatore del Lazio ora è vicepresidente del Consiglio regionale del Lazio. Ha fatto il suo ingresso alla Camera nel '94. E fu subito rissa.
Storace lo scontro tra il verde Mauro Paissan e i missini sulla riforma della Rai se lo ricorda?
«Fu clamoroso. Si discuteva la riforma della Rai e Paissan provocava e lanciava insulti ai banchi della destra dandoci dei lottizzatori. Io allora ero in prima fila contro queste logiche quindi finì in rissa e vennero i commessi a dividerci».
Ma come nasce una rissa?
«Io ho iniziato quando in politica la contrapposizione era reale. Adesso litigano davanti alle telecamere e poi vanno a pranzo insieme anzi in qualche caso si sposano. Allora dare uno schiaffone, che è altra cosa da un pugno, rappresentava la distanza tra le diverse posizioni, la volontà di affermare una diversità e dunque si poteva arrivare anche allo scontro fisico. Sempre meglio scontrarsi in Parlamento che nelle piazze».
Non sempre una discussione per quanto accesa degenera in colluttazione, per fortuna. Dipende forse dagli argomenti?
«Ricordo in Senato ai tempi del governo Prodi gli scontri erano continui soprattutto perché per qualsiasi votazione il governo era appeso ai senatori a vita. Durante un confronto durissimo un commesso mi bloccò sulle spalle con quella che si chiama manovra a tenaglia. Mi ricordo che gli dissi alla prossima legislatura se divento presidente del Senato ti licenzio».
E la zuffa sullo Ius soli?
«Legittimo scaldarsi. La legislatura è morente il capo del governo non è stato scelto dai cittadini, l'attuale Parlamento ha una maggioranza abusiva e pretendono di imporre un cambiamento ai connotati culturali del Paese con lo ius soli. È inaccettabile».
Intervista che pubblichiamo per intero.
D'altra parte nella sua lunga carriera politica di risse non soltanto ne ha viste parecchie, ma le ha anche vissute in prima persona. Ex ministro della Salute, ex governatore del Lazio ora è vicepresidente del Consiglio regionale del Lazio. Ha fatto il suo ingresso alla Camera nel '94. E fu subito rissa.
Storace lo scontro tra il verde Mauro Paissan e i missini sulla riforma della Rai se lo ricorda?
«Fu clamoroso. Si discuteva la riforma della Rai e Paissan provocava e lanciava insulti ai banchi della destra dandoci dei lottizzatori. Io allora ero in prima fila contro queste logiche quindi finì in rissa e vennero i commessi a dividerci».
Ma come nasce una rissa?
«Io ho iniziato quando in politica la contrapposizione era reale. Adesso litigano davanti alle telecamere e poi vanno a pranzo insieme anzi in qualche caso si sposano. Allora dare uno schiaffone, che è altra cosa da un pugno, rappresentava la distanza tra le diverse posizioni, la volontà di affermare una diversità e dunque si poteva arrivare anche allo scontro fisico. Sempre meglio scontrarsi in Parlamento che nelle piazze».
Non sempre una discussione per quanto accesa degenera in colluttazione, per fortuna. Dipende forse dagli argomenti?
«Ricordo in Senato ai tempi del governo Prodi gli scontri erano continui soprattutto perché per qualsiasi votazione il governo era appeso ai senatori a vita. Durante un confronto durissimo un commesso mi bloccò sulle spalle con quella che si chiama manovra a tenaglia. Mi ricordo che gli dissi alla prossima legislatura se divento presidente del Senato ti licenzio».
E la zuffa sullo Ius soli?
«Legittimo scaldarsi. La legislatura è morente il capo del governo non è stato scelto dai cittadini, l'attuale Parlamento ha una maggioranza abusiva e pretendono di imporre un cambiamento ai connotati culturali del Paese con lo ius soli. È inaccettabile».
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