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Adesso parliamo di Noi. Il bilancio dei 3 giorni di Campo Hobbit


(G.p)A quattro giorni dalle fine del quarantennale del primo Campo Hobbit che si è svolto da venerdì 23 a domenica 25 giugno, il Comitato Organizzatore ci ha inviato una nota intitolata ora tocca a noi. Il comitato parte da questa 3 giorni che ha ripercorso le orme del primo campo Hobbit per andare oltre ed avanti.




Ripresici dal calo dell’adrenalina, della tensione, della stanchezza, della fatica, per l’impegno profuso in uno sforzo che, a tratti, ci è sembrato più grande di Noi, adesso, nel silenzio quasi irreale di uno spazio che abbiamo dovuto guadagnarci, mettendoci la faccia, chiedendo fiducia, anche a chi non ci conosceva se non per un “sentito dire” che non rendeva onore al nostro essere quel che siamo, eppure ottenendola. Eccoci, in piedi, in questo campo polveroso che per tre giorni ha vissuto di sogni incarnati nei sorrisi dei più giovani e di ricordi celati dietro lo sguardo di chi era qui anche quarant’anni fa, di canti e di risate, di luci e di strette di mano, e di avambraccio e di Sogni, resi più forti che mai dalla realtà che ci cresceva intorno.
Abbiamo atteso che la sabbia che si era alzata sul terreno, calpestato da scarpe da ginnastica e scarponcini estivi, da infradito e mocassini, negli ultimi saluti, a volte concitati e la polvere comunque alzata intorno a quest’iniziativa da tanti che nemmeno ci sono stati, magari anche dopo essercisi preannunciati, calassero, e nel calar della sabbia non meno che della polvere, che si vanno entrambe a porre, e sedimentare, a terra, eccoci qui, a trarre un doveroso e sincero resoconto di questo scorcio temporale, sospeso fra passato e futuro, a rappresentare un presente che ci ha visto, che ci vede, pronti; ancora una volta, forse un po’ stanchi, ma sorridenti e fieri.
L’obiettivo della manifestazione era far dialogare, occhi negli occhi, spezzoni di una comunità ridotta a brandelli, che troppo spesso si incontrava solo virtualmente, più che parlare digitava e non è quasi mai in contatto umanamente e non si confronta, non discute, non si diverte insieme non si emoziona insieme. Una comunità offesa ed umiliata, divisa e dispersa da anni di politicamente corretto, di liberismo e mentalità liberale, di carrierismo anche e, perché no, individualismo. Una comunità sfiduciata e stanca eppure viva e radicata e forte e insomma, dovevamo capire se c’è la concreta possibilità di rimettersi in marcia, tutti, e tutti insieme, in cerca di uno spazio, politico, di rappresentanza. Ed essa esiste!
Nessuna retorica ai tavoli, aperti a chiunque volesse dare un proprio contributo, ma opinioni diverse a confronto. Nessuna passerella di politici, ma presenza di politici, che accettando di venire si sono seduti ed hanno colloquiato con chi non ha esitato anche a contrastarli verbalmente ed educatamente. Oppure ad apprezzarli, magari quasi increduli, gli uni e gli altri. Distanze abbattute, finalmente, com’era sempre stato, come mai sarebbe dovuto cambiare.
La destra degli anni settanta è stata rappresentata e la fotografia della realtà nella quale viviamo è stata scattata. Da questa noi vogliamo partire per ricostruire, scansando le macerie ereditate da ingenerosi predecessori, che oggi non esitano a criticare senza aver prima fatto; questi, che altro non sono diventati, meritoriamente, se non “guardiani di cimitero”, nel quale riposano fra le loro vittime, anche le loro stesse spoglie; quando anche respirassero ancora, sono morti e nemmeno lo sanno. La domenica mattina i rappresentanti di disparate comunità dislocate in tutta Italia si sono confrontati e si sono detti disponibili a mettere su carta un progetto comune, rispettando le identità di ognuno e i paletti ideali ed etici oltre i quali non si deve andare.
Non una gran folla amorfa, ha calpestato la sabbia calda di Montesarchio, ma una quantità di persone comunque congrua, e certo consapevole ad una stima dei numeri fumosa, forse, ed acriticamente ingenerosa, di chi meschino e/o in malafede mai avrebbe voluto registrare un successo, ed alle speranze fuori misura di chi sa che nessun risultato sarebbe stato abbastanza, rispetto allo sforzo prodotto ed alle aspettative suscitate, ha fatto da contraltare il numero “esatto” di 535 registrati, rappresentanti di tutte le età a cui vanno ad aggiungersi relatori, musicisti, tecnici, organizzatori e stendisti. Senza bandiera partitica, né bisogno di rivendicare appartenenze particolari, se non la volontà di stare insieme, questa parte di una comunità che Noi sappiamo essere più ampia, si è unita in nome di un progetto che deve essere, che si vuole che sia. Ci siamo trovati e ritrovati. E’ stato bello.
E poi la sera del sabato i cancelli si sono aperti ed anche gli abitanti del bel paese sannita si sono riversati, con bambini al seguito, sciamando fra le bancarelle di libri e panini, occhieggiando manifesti e , chiedendo prezzi, facendo qualche acquisto, partecipando a brindisi inattesi, uniti a chi non fa più paura, ma desta rispetto e curiosità.
 Un rispetto che ci è stato riservato dapprima dall’amministrazione guidata dal sindaco PD Franco Damiano, che ringraziamo per coraggio e disponibilità. Lontani dagli stereotipi che ci hanno voluto preventivamente addossare, abbiamo parlato di storia e attualità, facendo sedere al tavolo intelligenze spesso ignorate, ma di grande valore, che ben sapranno imporsi, anche in un prossimo futuro, all’attenzione altrui, conquistando una loro centralità in un discorso propositivo verso le reali necessità, le esigenze più sentite, le vere priorità della Nostra Gente.
Abbiamo parlato di cultura, politica, ma anche raccontato le iniziative sociali messe in campo nei territori; fra l’altro, abbiamo parlato anche di attività promozionali e sportive, e poi giocato nei campi da calcio e di sabbia preparati e ci siamo conosciuti condividendo la mensa. Una parte del Sannio e della sua ospitalità, della sua bellezza paesaggistica, della sua qualità gastronomica e umana, è entrata in quel campo sportivo insieme alla nostra storia politica, condividendo un’appartenenza antica con tutti i partecipanti venuti da lontano. Abbiamo fissato i punti su cui lavorare e nel prossimo comunicato condiviso con le altre comunità aderenti al progetto, stenderemo un programma nazionale nel rispetto delle identità e del lavoro territoriale, sul quale allargare il confronto a quanti altri vorranno discuterne.
Al di là di una memoria condivisa fra molti di Noi e trasmessa agli Altri, l’unica “nostalgia” è quella per un futuro tutto da scrivere, ancora e, certo, profonda emozione. Nessuna sopravvalutazione, ma concretezza e competenza. Cultura e vita, passato e presente condiviso in nome del coraggio di impadronirsi dell’avvenire. E già ieri è passato anche per noi. Ora si guarda a cosa sarà, ancora una volta senza rimpianti, perché siamo convinti che nella ruota del tempo sia insita la bellezza vera della nostra esistenza. E, poi, diciamolo con chiarezza, ed a voce alta: se è vero, come è vero, che “le Radici profonde non gelano”, è altrettanto vero che “il Domani appartiene a Noi.” E, così, è deciso: andiamo a prendercelo, per Noi stessi e per la Nostra Gente.


Campo Hobbit 40
Comitato Organizzatore

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