Quando Fini il giustizialista invocava la forca
(G.p)C'era un tempo, poco più di venti anni fa, in cui Gianfranco Fini, in qualità di segretario nazionale dell'allora Movimento Sociale Italiano Destra Nazionale faceva, a tempo pieno, il moralizzatore della politica e sventolava le manette contro i ladroni della politica politicante dell'allora penta partito.
Erano gli anni di Mani Pulite. All'allora segretario del MSI bastava ascoltare la parola tangente o sentire di un avviso di garanzia per invocare le dimissioni del politico colpito da tale provvedimento o addirittura la galera. D'altronde contro tasse e tangenti fuori i ladri dal potere,con Fini contro le tangenti erano due simpatici e riusciti slogan elettorale del Movimento Sociale Italiano.
Un esempio? Quando il deputato del Partito Repubblicano Antonio Del Pennino, nel maggio del 1992, ricevette un avviso di garanzia, Fini cosi tuonò: il partito degli onesti perde colpi. Da oggi in poi, i repubblicani faranno bene a tacere sulla questione morale.
Erano gli anni in cui Gianfranco Fini era un ultrà di Antonio Di Pietro, tanto da chiedere le elezioni amministrative anticipate e dare vita ad una lista Di Pietro, formata dagli italiani onesti, che non vogliono pagare le tangenti.
All'epoca per Gianfranco Fini erano tutti ladri e corrotti, non esistevano, come oggi, coglioni. D'altronde bisognava mandare a casa, in tempi brevi, il governo dei ladroni composto dalla Democrazia Cristiana, il Partito Socialista, l'ex Partito Comunista, divenuto Partito Democratico della Sinistra, che ha inquinato la pubblica amministrazione.
Nel 1993 dopo il coinvolgimento nell'inchiesta tangenti di Carlo De Benedetti, allora presidente dell'Olivetti il leader missino chiese addirittura le dimissioni di Eugenio Scalfari, con le seguenti parole: " come si fa a dirigere un quotidiano( La Repubblica) tanto più moralista e moralizzatore come il suo, quando l'editore è implicato in prima persona nella questione morale, al pari di personaggi come Ligresti ed altri"?
Passano gli anni ma la musica non cambia. Per Gianfranco Fini i politici devono dare il buon esempio per cui bisogna disprezzare il politico che ruba ma senza cadere nell'antipolitica.
Ed è stato convinto sostenitore dell'idea che la lotta alla corruzione non dovesse essere svolta ad intermittenza e che i partiti politici italiani non dovessero candidare i condannati in primo grado.
Una posizione politica mantenuta fino a poco tempo fa, quando da Presidente della Camera dei deputati chiese con forza le dimissioni di Verdini dal partito quando era semplicemente un indagato. Lo stesso fece con l'ex sottosegretario all'economia del governo Berlusconi III nonché potente segretario regionale del Popolo della Libertà Nicola Cosentino, pretendendo le dimissioni del deputato anche dall'incarico di partito.
Il moralizzatore Gianfranco Fini ora è finito nello stesso tritacarne politico giudiziario che ha invocato per avversari ed alleati politici.
Da garantista autentico mi auguro che Fini possa chiarire la sua posizione di semplice indagato, senza invocare la galera, le manetta, la forca.
Erano gli anni di Mani Pulite. All'allora segretario del MSI bastava ascoltare la parola tangente o sentire di un avviso di garanzia per invocare le dimissioni del politico colpito da tale provvedimento o addirittura la galera. D'altronde contro tasse e tangenti fuori i ladri dal potere,con Fini contro le tangenti erano due simpatici e riusciti slogan elettorale del Movimento Sociale Italiano.
Un esempio? Quando il deputato del Partito Repubblicano Antonio Del Pennino, nel maggio del 1992, ricevette un avviso di garanzia, Fini cosi tuonò: il partito degli onesti perde colpi. Da oggi in poi, i repubblicani faranno bene a tacere sulla questione morale.
Erano gli anni in cui Gianfranco Fini era un ultrà di Antonio Di Pietro, tanto da chiedere le elezioni amministrative anticipate e dare vita ad una lista Di Pietro, formata dagli italiani onesti, che non vogliono pagare le tangenti.
All'epoca per Gianfranco Fini erano tutti ladri e corrotti, non esistevano, come oggi, coglioni. D'altronde bisognava mandare a casa, in tempi brevi, il governo dei ladroni composto dalla Democrazia Cristiana, il Partito Socialista, l'ex Partito Comunista, divenuto Partito Democratico della Sinistra, che ha inquinato la pubblica amministrazione.
Nel 1993 dopo il coinvolgimento nell'inchiesta tangenti di Carlo De Benedetti, allora presidente dell'Olivetti il leader missino chiese addirittura le dimissioni di Eugenio Scalfari, con le seguenti parole: " come si fa a dirigere un quotidiano( La Repubblica) tanto più moralista e moralizzatore come il suo, quando l'editore è implicato in prima persona nella questione morale, al pari di personaggi come Ligresti ed altri"?
Passano gli anni ma la musica non cambia. Per Gianfranco Fini i politici devono dare il buon esempio per cui bisogna disprezzare il politico che ruba ma senza cadere nell'antipolitica.
Ed è stato convinto sostenitore dell'idea che la lotta alla corruzione non dovesse essere svolta ad intermittenza e che i partiti politici italiani non dovessero candidare i condannati in primo grado.
Una posizione politica mantenuta fino a poco tempo fa, quando da Presidente della Camera dei deputati chiese con forza le dimissioni di Verdini dal partito quando era semplicemente un indagato. Lo stesso fece con l'ex sottosegretario all'economia del governo Berlusconi III nonché potente segretario regionale del Popolo della Libertà Nicola Cosentino, pretendendo le dimissioni del deputato anche dall'incarico di partito.
Il moralizzatore Gianfranco Fini ora è finito nello stesso tritacarne politico giudiziario che ha invocato per avversari ed alleati politici.
Da garantista autentico mi auguro che Fini possa chiarire la sua posizione di semplice indagato, senza invocare la galera, le manetta, la forca.
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