Consulente, ambientalista, «sovranista»: cosa fanno oggi gli ex finiani
(G.p)Il collega Riccardo Ferrazza dalle colonne del quotidiano economico Il Sole 24 ore, con un interessante articolo, che proponiamo per intero, ci informa su che cosa fanno ogg alcuni personaggi politici cosi vicini all'allora presidente della Camera dei Deputati Gianfranco Fini da dare vita a Futuro e libertà per l'Italia, con la chiara idea forza di archiviare, una volta e per tutte, il berlusconismo. Una esperienza stroncata dalle elezioni politiche del 2013 con un misero 0,47% conquistato e nessun eletto conseguito.
Non fosse bastato il protagonismo di Silvio Berlusconi di questi giorni nella partita sulla legge elettorale, lunedì è arrivata la nuova tegola su Gianfranco Fini con il sequestro di un milione di euro per la vicenda della casa di Montecarlo. Due eventi che, insieme, rendono ancor più distante nel tempo la stagione della politica in cui i protagonisti furono quelli che, da destra, si erano messi in testa di archiviare il berlusconismo. Erano i “finiani”, una pattuglia di deputati e senatori che, stretti attorno all’allora presidente della Camera, si ritrovarono fuori dal Pdl per dare vita a Futuro e libertà per l’Italia. Un’esperienza stroncata dalle elezioni politiche del 2013: appena 159.332 voti (Camera), nessun eletto e tutti fuori dal Parlamento.
Cosa hanno fatto nel frattempo, in un primo bilancio di non-legislatura, Adolfo Urso, Roberto Menia, Fabio Granata, per rimanere ad alcuni che ebbero la visibilità più elevata? Di Fini (l’unico a poter contare sul vitalizio: 5.882 euro mensili) si sa: le cronache giudiziarie aggiornano una situazione che sembra via via aggravarsi per colui che fu il leader incontrastato della destra post-missina. Indagato per concorso in riciclaggio nell’inchiesta sull’imprenditore delle slot Francesco Corallo.
Conosciute sono pure le sorti dell’ex braccio destro di Fini, Italo Bocchino: si è dedicato alle relazioni esterne del gruppo di Alfredo Romeo ma, secondo quanto emerso dalle intercettazioni, era più propriamente il “facilitatore” dell’imprenditore finito in carcere per corruzione nell’inchiesta Consip. «Un’esperienza impagabile e soprattutto utile: chi fa politica spesso non si rende conto di quanta burocrazia ostacoli le aziende» raccontava Bocchino parlando dei suoi 14 mesi lontano dalle scene.
Alle imprese ha pensato anche Adolfo Urso, siciliano, ex viceministro per il Commercio estero del Governo Berlusconi (ultima dichiarazione dei redditi disponibile di 83.670 euro), carica da cui si dimise insieme ad altri tre finiani (Andrea Ronchi, Roberto Menia, e Antonio Buonfiglio). «Lavoro per le imprese italiane, ho aperto un ufficio della mia società a Teheran e almeno una volta al mese vado per incontrare i miei partner» ha raccontato al quotidiano romano Il Tempo. Alla politica, però, non ha rinunciato del tutto: oggi è vicino a Giorgia Meloni e affida le sue riflessioni a Chartaminuta, la rivista della Fondazione Farefuturo da lui diretta e dalla quale partì l’assalto al Cavaliere. L’ultima è di lunedì e riguarda la legge elettorale.
Urso si separò politicamente da Fini nel 2011 («Non ho condiviso le scelte di Fli di rompere l’alleanza del centrodestra») tornò nell’area berlusconiana e proseguì il suo percorso con un altro ex finiano, Andrea Ronchi, romano, eletto per tre volte alla Camera, ex ministro delle Politiche comunitarie nel Berlusconi IV (ultimo imponibile pubblicato di 123.453 euro). Di Fli fu presidente dell’assemblea nazionale. Finita l’esperienza finiana, con Urso furono presidente e segretario generale di Fareitalia per la Costituente popolare. Poi nel 2013 Ronchi lanciò il suo movimento, Insieme per l’Italia. Uno degli ultimi avvistamenti è stato un paio di anni per l’iniziativa a Roma «contro il fondamentalismo islamico e contro la sinistra che rende insicura la città».
Anche Roberto Menia, triestino, era nell’ultimo esecutivo Berlusconi (tra l’altro fu il primo firmatario della proposta di legge che ha istituito il Giorno del ricordo per le vittime delle foibe). Cinque legislature alle spalle (ultimo imponibile pubblicato: 125.161 euro), prima del flop del 2013, Menia divenne coordinatore di Fli e poi, di fatto, il suo “liquidatore” dopo le dimissioni di Fini (avvenute quattro anni fa: era maggio 2013). Menia non ha mai rinnegato la sua esperienza a fianco di Fini ma nel frattempo è rientrato nel mondo della destra tradizionale che l’ex presidente della Camera aveva abbandonato. Ora milita nel “Movimento nazionale per la sovranità”, nato dalla fusione della sua Azione nazionale e della Destra di Francesco Storace. Un salto indietro nel tempo rispetto a chi frequentava il vicepresidente della Convenzione europea.
Si definiva la «testa d’ariete, il rompighiaccio» di Fini sui temi dell’immigrazione. Fabio Granata, avvocato penalista, arrivò agli “anni ruggenti” in Parlamento (reddito dichiarato per il 2012: 135.475 euro) dopo un’esperienza nella politica siciliana come assessore regionale con Salvatore Cuffaro. Archiviata la stagione di Fli ha provato il rilancio rispolverando la sua vena ambientalista: fonda il movimento ecologista “Green Italia” e tenta lo sbarco al Parlamento europeo. Senza successo: per lui solo 377 preferenze.
Alle imprese ha pensato anche Adolfo Urso, siciliano, ex viceministro per il Commercio estero del Governo Berlusconi (ultima dichiarazione dei redditi disponibile di 83.670 euro), carica da cui si dimise insieme ad altri tre finiani (Andrea Ronchi, Roberto Menia, e Antonio Buonfiglio). «Lavoro per le imprese italiane, ho aperto un ufficio della mia società a Teheran e almeno una volta al mese vado per incontrare i miei partner» ha raccontato al quotidiano romano Il Tempo. Alla politica, però, non ha rinunciato del tutto: oggi è vicino a Giorgia Meloni e affida le sue riflessioni a Chartaminuta, la rivista della Fondazione Farefuturo da lui diretta e dalla quale partì l’assalto al Cavaliere. L’ultima è di lunedì e riguarda la legge elettorale.
Urso si separò politicamente da Fini nel 2011 («Non ho condiviso le scelte di Fli di rompere l’alleanza del centrodestra») tornò nell’area berlusconiana e proseguì il suo percorso con un altro ex finiano, Andrea Ronchi, romano, eletto per tre volte alla Camera, ex ministro delle Politiche comunitarie nel Berlusconi IV (ultimo imponibile pubblicato di 123.453 euro). Di Fli fu presidente dell’assemblea nazionale. Finita l’esperienza finiana, con Urso furono presidente e segretario generale di Fareitalia per la Costituente popolare. Poi nel 2013 Ronchi lanciò il suo movimento, Insieme per l’Italia. Uno degli ultimi avvistamenti è stato un paio di anni per l’iniziativa a Roma «contro il fondamentalismo islamico e contro la sinistra che rende insicura la città».
Anche Roberto Menia, triestino, era nell’ultimo esecutivo Berlusconi (tra l’altro fu il primo firmatario della proposta di legge che ha istituito il Giorno del ricordo per le vittime delle foibe). Cinque legislature alle spalle (ultimo imponibile pubblicato: 125.161 euro), prima del flop del 2013, Menia divenne coordinatore di Fli e poi, di fatto, il suo “liquidatore” dopo le dimissioni di Fini (avvenute quattro anni fa: era maggio 2013). Menia non ha mai rinnegato la sua esperienza a fianco di Fini ma nel frattempo è rientrato nel mondo della destra tradizionale che l’ex presidente della Camera aveva abbandonato. Ora milita nel “Movimento nazionale per la sovranità”, nato dalla fusione della sua Azione nazionale e della Destra di Francesco Storace. Un salto indietro nel tempo rispetto a chi frequentava il vicepresidente della Convenzione europea.
Si definiva la «testa d’ariete, il rompighiaccio» di Fini sui temi dell’immigrazione. Fabio Granata, avvocato penalista, arrivò agli “anni ruggenti” in Parlamento (reddito dichiarato per il 2012: 135.475 euro) dopo un’esperienza nella politica siciliana come assessore regionale con Salvatore Cuffaro. Archiviata la stagione di Fli ha provato il rilancio rispolverando la sua vena ambientalista: fonda il movimento ecologista “Green Italia” e tenta lo sbarco al Parlamento europeo. Senza successo: per lui solo 377 preferenze.
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