La Francia s'è destra
(G.p)Il collega Antonio Rapisarda, dalle colonne de Il Tempo, storico quotidiano romano, con un interessante articolo, che pubblichiamo per intero, ci spiega perché Marine Le Pen, candidata alle presidenziali per il Front National rappresenta la risposta maggioritaria, sincera, traversale e sostanziale contro l'establishment diversamente populista di Macron.
Le Presidenziali di Francia hanno evidenziato inoltre alcuni snodi che scavalcano di gran lunga le Alpi. Il dato macroscopico è che finisce anche in Francia – una delle sue patrie d'elezione - il bipolarismo per come lo abbiamo conosciuto. Il dato lampante è che i socialisti di Benoît Hamon sono rimasti letteralmente spiaggiati, incapaci di riprendersi dopo la disastrosa stagione targata François Hollande; mentre la rincorsa dei Republicains è stata sì frenata via giudiziaria ma al loro interno non si sono rivelati più capaci, dopo l'implosione di Nicolas Sarkozy, di fornire nuova classe dirigente, dato che Fillon, da quarant'anni sulla scena, rappresenta in ogni caso uno dei politici di lungo corso.
Fra i temi che hanno pesato sulle scelte dei francesi è evidente come quello del contrasto al terrorismo e della sicurezza non appartenga più alle mere ipotesi di governo ma sia entrato “in diretta” e con forza percentuale – proprio come un video sui social – nella forbice elettorale delle campagne dei candidati. Sul capitolo Ue, poi, non esiste un messaggio trionfante né più una koinè sulla quale le forze maggioritarie convergono. Ieri non ha prevalso infatti né l'invettiva populista né quella euro-entusiasta: segno che esiste una società politica sempre più spaccata – si parla non a caso di “quadripartitismo” - e sempre più espressione di una geografia sociale che evidenzia le fratture esistenti non solo tra centro e periferia delle metropoli ma anche tra Capitale e tutto il resto della sterminata provincia. È emerso insomma un nuovo dualismo, intercettato nella pars destruens da Marine Le Pen – che sulla messa in discussione radicale della Ue fa dipendere «la sopravvivenza della Francia» – e in quella costruens di Macron – secondo il quale l'Europa si risolleverebbe soltanto con «più Europa».
Europa politica che si scopre sempre più interconnessa. Il voto francese, pertanto, è destinato a disegnare e a determinare gli equilibri in vista di appuntamenti importanti come il voto in Inghilterra ma soprattutto (si spera, prima o poi) anche in Italia. Nel Belpaese sorridono di certo Matteo Renzi (macronista convinto, che da adesso si manifesterà di certo più intransigente verso il governo Gentiloni) e i sovranisti di Lega e Fratelli d'Italia che possono festeggiare da parte loro come vincente l'agenda identitaria che vorranno far pesare di più nonostante i mal di pancia di Berlusconi. Infine, la Francia ha dimostrato che un sistema elettorale può funzionare: il 7 maggio, comunque vada, ci consegnerà un presidente della Repubblica. In Italia, per il momento, vi è certezza che il giorno dopo un vincitore che governa sarà quasi impossibile. Su questo un po' di sana invidia per i cugini non è peccato.
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