La folla degli ex An con Il Tempo: "Fini ridia i soldi di Montecarlo"
Il collega Antonio Rapisarda, è l'autore di una interessante di una interessante inchiesta, in 3 puntate, pubblicata da Il Tempo, storico quotidiano romano, sulla vicenda relativa alla casa di Montecarlo.
Vicenda davvero scottante dove il minimo comune denominatore tra i soci della fondazione Alleanza Nazionale è la rabbia fredda nei confronti dell'ultimo segretario di An, Gianfranco Fini. Dopo lo sconforto, sentimento personale rispetto ad una storia comune, il collega Rapisarda fa emergere dai suoi intervistati anche una chiara accusa politica per una situazione, che la Fondazione, ente preposto per la tutela della storia e del patrimonio del Movimento Sociale prima di Alleanza Nazionale non ha affrontato come doveva
Quando si parla della vicenda della “casa di Montecarlo” il minimo comun denominatore tra i soci della Fondazione Alleanza nazionale è la rabbia fredda nei confronti dell'ultimo segretario di An, Gianfranco Fini. Segue lo sconforto, come sentimento personale rispetto a una storia comune, ma assieme a questo emerge anche l'accusa politica di molti per una situazione che l'ente preposto – da statuto – alla tutela della storia e al lascito del Msi-An a loro avviso non ha affrontato appieno e come doveva. È la tesi, ad esempio, di un esponente sempre pacato come Silvano Moffa, già sindaco di Colleferro, ex deputato e sottosegretario. Mite sì, ma sull'argomento con Il Tempo è molto diretto: «Dire una parola sulla vicenda Fini-Tulliani? Sarebbe stato il minimo per la Fondazione, nata a tutela del patrimonio morale e non solo di quello patrimoniale. Un principio, questo, che è uno dei valori di fondo che ha irrorato il Msi ed An». E invece? «Non ho mai letto una dichiarazione in merito a questa vicenda, sempre una sorta di silenzio dovuto a non so che cosa. Avrebbe dovuto farsi sentire». Il problema su cui Moffa insiste – ed è un ragionamento che è già emerso nella nostra inchiesta – non è lo statuto ma l'atto costitutivo: «La Fondazione è nata con un vizio di origine. È sorta con una distribuzione lobbistica in base a pseudo-gruppi correntizi: altro errore madornale fatto da Fini ma anche dai cosiddetti “colonnelli”». Se sulla questione “risarcimento” nei confronti dei militanti di An Francesco Aracri, oggi senatore di Forza Italia, si aspetta più che altro che «Fini risponda alla sua coscienza per una vicenda che non credo sia ascrivibile alle pagine più belle della destra», per ciò che riguarda la Fondazione, invece, è il tema della sua mission quello che gli sta più a cuore: «Se un ricambio può servire? Sì, nella natura in cui però si concentri nel potenziamento dell'attività squisitamente culturale». Il motivo è facile da intuire: «Non avendo “retropensieri” politici i componenti riuscirebbero così a dirimere alcune diversità e criticità che esistono». C'è anche chi come Alessandra Mussolini reputa il caso “Tullianos” tutto sommato come «un corollario» dato che «è il danno morale a essere enorme, è quello il patrimonio che è andato in frantumi». L'eurodeputata e volto noto tra gli ex An è scettica sulle forme di vigilanza patrimoniali del passato («quando controllore e controllato sono la stessa persona...») e non si aspetta granché nemmeno dalla proiezione della Fondazione in tal senso: «Come fa a innovarsi se poi le persone sono sempre quelle? Se è chiaro che tutte le decisioni venivano prese dall'altro è altrettanto vero che chi c'è adesso è chi c'era anche nelle passate stagioni». Basilio Catanoso, deputato azzurro, da parte sua sottoscrive la campagna de Il Tempo: «Il risarcimento da parte di Fini sull'affare Montecarlo? Assolutamente necessario. Perché si trattava di un patrimonio donato col cuore e la mente, con la volontà di farne azione politica e che invece è finito miseramente in modo diverso». Per ciò che riguarda la Fondazione An non avanza appunti in merito alla vicenda («All'ente spetta il compito di perpetuare un'idea e stanno cercando di farlo») mentre è la mancanza di una legge ad hoc «che disciplini il percorso di chiusura dei partiti rispetto allo Stato o rispetto a coloro ai quali sono legati da un vincolo» il problema da risolvere e non solo per An. L'ex deputato Filippo Ascierto non nasconde la stima che c'è stata nei confronti di Fini: «Mi dispiace enormemente: è stato un uomo in cui tutti abbiamo creduto. Ciò che dovrà pagare nell'eventualità è il danno materiale perché dal punto di vista morale credo che questa vicenda lo abbia già perseguitato abbondantemente». In riferimento alla Fondazione Ascierto è dell'opinione che sia adesso il momento giusto per intervenire sulla vicenda monegasca - «Ora può chiedere il risarcimento» - e invita chi ha dubbi sulla gestione “politica” dell'ente a farsi avanti: «La Fondazione non è al servizio dei singoli. Quando ci sarà una nuova proposta ne parleremo: del resto ritengo che lo spirito di conservazione, che dal punto di vista culturale è garantito da uomini di spessore come Marcello Veneziani, politicamente dipenda anche dalla partecipazione di tutti quanti». Pasquale Viespoli, infine, ci tiene a separare prima di tutto il campo delle responsabilità: «Sul piano materiale – spiega l'ex senatore oggi in forza a Fratelli d'Italia -, l'azione risarcitoria è doverosa ed è diretta a chi ha responsabilità, ossia Fini. Sul piano politico, però, la responsabilità non è unidirezionale ma di classe dirigente». Da questo punto di vista proprio la Fondazione ricalca a suo avviso un antico vizio del partito che fu che ne pregiudica oggi l'azione: «Per usare uno slogan la Fondazione rischia di essere condizionata dalla composizione e quindi di giungere alla compensazione». La battuta a Viespoli non manca: «Questa è una sorta di protesi organigrammatica di An senza svolgere la sua funzione politica ma con posizioni politiche diverse all'interno. Basti pensare al suo Cda: è composto dai “colonnelli” senza Fini».
Vicenda davvero scottante dove il minimo comune denominatore tra i soci della fondazione Alleanza Nazionale è la rabbia fredda nei confronti dell'ultimo segretario di An, Gianfranco Fini. Dopo lo sconforto, sentimento personale rispetto ad una storia comune, il collega Rapisarda fa emergere dai suoi intervistati anche una chiara accusa politica per una situazione, che la Fondazione, ente preposto per la tutela della storia e del patrimonio del Movimento Sociale prima di Alleanza Nazionale non ha affrontato come doveva
Quando si parla della vicenda della “casa di Montecarlo” il minimo comun denominatore tra i soci della Fondazione Alleanza nazionale è la rabbia fredda nei confronti dell'ultimo segretario di An, Gianfranco Fini. Segue lo sconforto, come sentimento personale rispetto a una storia comune, ma assieme a questo emerge anche l'accusa politica di molti per una situazione che l'ente preposto – da statuto – alla tutela della storia e al lascito del Msi-An a loro avviso non ha affrontato appieno e come doveva. È la tesi, ad esempio, di un esponente sempre pacato come Silvano Moffa, già sindaco di Colleferro, ex deputato e sottosegretario. Mite sì, ma sull'argomento con Il Tempo è molto diretto: «Dire una parola sulla vicenda Fini-Tulliani? Sarebbe stato il minimo per la Fondazione, nata a tutela del patrimonio morale e non solo di quello patrimoniale. Un principio, questo, che è uno dei valori di fondo che ha irrorato il Msi ed An». E invece? «Non ho mai letto una dichiarazione in merito a questa vicenda, sempre una sorta di silenzio dovuto a non so che cosa. Avrebbe dovuto farsi sentire». Il problema su cui Moffa insiste – ed è un ragionamento che è già emerso nella nostra inchiesta – non è lo statuto ma l'atto costitutivo: «La Fondazione è nata con un vizio di origine. È sorta con una distribuzione lobbistica in base a pseudo-gruppi correntizi: altro errore madornale fatto da Fini ma anche dai cosiddetti “colonnelli”». Se sulla questione “risarcimento” nei confronti dei militanti di An Francesco Aracri, oggi senatore di Forza Italia, si aspetta più che altro che «Fini risponda alla sua coscienza per una vicenda che non credo sia ascrivibile alle pagine più belle della destra», per ciò che riguarda la Fondazione, invece, è il tema della sua mission quello che gli sta più a cuore: «Se un ricambio può servire? Sì, nella natura in cui però si concentri nel potenziamento dell'attività squisitamente culturale». Il motivo è facile da intuire: «Non avendo “retropensieri” politici i componenti riuscirebbero così a dirimere alcune diversità e criticità che esistono». C'è anche chi come Alessandra Mussolini reputa il caso “Tullianos” tutto sommato come «un corollario» dato che «è il danno morale a essere enorme, è quello il patrimonio che è andato in frantumi». L'eurodeputata e volto noto tra gli ex An è scettica sulle forme di vigilanza patrimoniali del passato («quando controllore e controllato sono la stessa persona...») e non si aspetta granché nemmeno dalla proiezione della Fondazione in tal senso: «Come fa a innovarsi se poi le persone sono sempre quelle? Se è chiaro che tutte le decisioni venivano prese dall'altro è altrettanto vero che chi c'è adesso è chi c'era anche nelle passate stagioni». Basilio Catanoso, deputato azzurro, da parte sua sottoscrive la campagna de Il Tempo: «Il risarcimento da parte di Fini sull'affare Montecarlo? Assolutamente necessario. Perché si trattava di un patrimonio donato col cuore e la mente, con la volontà di farne azione politica e che invece è finito miseramente in modo diverso». Per ciò che riguarda la Fondazione An non avanza appunti in merito alla vicenda («All'ente spetta il compito di perpetuare un'idea e stanno cercando di farlo») mentre è la mancanza di una legge ad hoc «che disciplini il percorso di chiusura dei partiti rispetto allo Stato o rispetto a coloro ai quali sono legati da un vincolo» il problema da risolvere e non solo per An. L'ex deputato Filippo Ascierto non nasconde la stima che c'è stata nei confronti di Fini: «Mi dispiace enormemente: è stato un uomo in cui tutti abbiamo creduto. Ciò che dovrà pagare nell'eventualità è il danno materiale perché dal punto di vista morale credo che questa vicenda lo abbia già perseguitato abbondantemente». In riferimento alla Fondazione Ascierto è dell'opinione che sia adesso il momento giusto per intervenire sulla vicenda monegasca - «Ora può chiedere il risarcimento» - e invita chi ha dubbi sulla gestione “politica” dell'ente a farsi avanti: «La Fondazione non è al servizio dei singoli. Quando ci sarà una nuova proposta ne parleremo: del resto ritengo che lo spirito di conservazione, che dal punto di vista culturale è garantito da uomini di spessore come Marcello Veneziani, politicamente dipenda anche dalla partecipazione di tutti quanti». Pasquale Viespoli, infine, ci tiene a separare prima di tutto il campo delle responsabilità: «Sul piano materiale – spiega l'ex senatore oggi in forza a Fratelli d'Italia -, l'azione risarcitoria è doverosa ed è diretta a chi ha responsabilità, ossia Fini. Sul piano politico, però, la responsabilità non è unidirezionale ma di classe dirigente». Da questo punto di vista proprio la Fondazione ricalca a suo avviso un antico vizio del partito che fu che ne pregiudica oggi l'azione: «Per usare uno slogan la Fondazione rischia di essere condizionata dalla composizione e quindi di giungere alla compensazione». La battuta a Viespoli non manca: «Questa è una sorta di protesi organigrammatica di An senza svolgere la sua funzione politica ma con posizioni politiche diverse all'interno. Basti pensare al suo Cda: è composto dai “colonnelli” senza Fini».
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