Mafia Capitale/ Carminati racconta che la notte legge “Notte Criminale” e l’articolo sulla “tempesta perfetta” entra nella storia del processo
(G.p) L'undici settembre del 2014 Alessandro Ambrosini annunciava su Notte Criminale, un pò sceneggiando il grande blitz scattato il 2 dicembre di quell'anno contro la "fasciomafia".
Un pezzo premonitore al punto che, durante la deposizione di Massimo Carminati, lo stesso lo ha citato aggiungendo che durante la notte legge quel che scrive Alessandro Ambrosini su notte criminale.
In esclusiva per i nostri lettori, rilanciamo il pezzo premonitore di Alessandro Ambrosini intitolato : Su Roma sta per scatenarsi la tempesta giudiziaria perfetta.
Un pezzo premonitore al punto che oggi, durante la deposizione del boss romano, lo stesso lo ha citato aggiungendo che durante la notte legge quello che scrivo. Mi fa piacere, un lettore attento in più. Quello che è da sottolineare in modo netto è il come “non” è nato questo articolo, la storia di una visione che ai miei occhi non poteva essere che quella. Nessuna velina o soffiata, nessuna mezza parola scivolata da qualcuno dei Ros. Solo onestà intellettuale, conoscenza della strada e un minimo di analisi. E’ comunque una storia che racconteremo in questi giorni perchè non tutto è come sembra su questa inchiesta epocale. E forse molte cose sono ancora da scrivere.
SU ROMA STA PER SCATENARSI LA TEMPESTA (GIUDIZIARIA) PERFETTA
di Alessandro Ambrosini
Quando i lampeggianti blu, senza sirene, attraverseranno come lunghe carovane da nord a sud, da est a ovest la Capitale, quel giorno sarà il “giorno della tempesta perfetta”, a Roma. Mentre i rotori degli elicotteri sorvoleranno la Capitale come uno sciame d’api impazzito, in quel momento, un pezzo importante della storia criminale romana e italiana verrà spazzato via. Giorni, mesi, anni di intercettazioni, appostamenti, controlli societari, verifiche su gare d’appalto, su conti correnti in Italia e all’estero, saranno la pietra tombale di un mondo sotterraneo e letale. Nomi di “grido” nella società romana ed italiana, nascosti da abbronzature impeccabili, colletti ben inamidati, Rolex al polso, macchine costose e fedine penali, in alcuni casi intonse.
Dietro i vetri delle macchine che porteranno in carcere decine, forse centinaia, di uomini e donne, non vedremo ghigne da galeotti. O almeno non solo. Ci saranno molti professionisti, molte persone abituate a lavorare in uffici quasi asettici dove si stringono mani e si spostano capitali con un clic. Più o meno legalmente. Dove la matrice dei soldi può essere solo quella della criminalità organizzata. Consapevolmente o meno. Quel giorno cadrà anche una parte di un “mondo politico” che ha indossato, molte volte, i panni da gangster di quartiere e che ha lasciato lo scettro all’ultimo “Re di Roma”, Massimo Carminati.
Non è un nome scritto a caso, anche se il suo status giudiziario attuale è quello di uomo libero e senza alcuna iscrizione al registro degli indagati. Lo ha detto più volte Lirio Abbate dalle colonne dell’Espresso o Paolo Mondani su Report, lo dicono fonti della polizia, dei carabinieri, della Guardia di Finanza.. E’ un dato di fatto che trova riscontro non solo in questi ambienti, ma nella strada, nei quartieri. Quando parli di quello che nel film e nella fiction di Romanzo Criminale è rappresentato da “il Nero”, anche la risata si interrompe, anche la conversazione leggera si trasforma in un silenzio che parla da solo. In mezzo “frasi di rispetto” che rendono l’idea della persona e del suo ruolo criminale più di mille ordinanze di custodia cautelare. L’intreccio sottile e sistematico avvenuto negli anni tra ex della Banda della Magliana ed ex estremisti di destra, legati agli anni di piombo è rappresentato proprio da Carminati, che di queste galassie ne ha fatto parte. L’uomo perfetto per coniugare business, malavita e malapolitica. Un trittico che Roma conosce bene, con tutte le sue sfaccettature.
Non manca molto al giorno della tempesta perfetta. Non manca molto al giorno in cui il tintinnar di schiavettoni risuonerà come una piccola orchestra per chiudere vicende che non trovano spiegazioni plausibili, al momento. Molte caselle vuote, che riguardano delitti eccellenti irrisolti o imprenditori collusi ancora operativi sul mercato, saranno riempite di nomi, moventi e mandanti. Perchè ogni regno che si rispetti ha schiere di servitori fedeli, pronti a seguire il Re nei suoi piani di controllo del territorio. Un territorio che forse una volta non voleva capi ma che oggi ne ha quasi la necessità per non lasciarsi travolgere dall’invasione sistematica di organizzazioni come camorra e soprattutto ‘ndrangheta. Invasione che non avviene tramite calate barbariche e ratto delle sabine. E’ pacifica. Non ci devono essere guerre nella Capitale. Il businessè basato sulla “meritocrazia” del frusciare di quantità enormi di denaro che vengono investiti nel mattone, nelle attività di ristorazione, nella distribuzione, nei negozi, nell’usura e nel narcotraffico. Senza spargimento di sangue se non “chirurgico”, lo stretto necessario per segnare il territorio e far capire che, anche se Roma è una città che accoglie tutti è sempre “casa dei romani”, soprattutto di “quei romani”. E le regole le stabilisce il Re.
Il lavoro che da tempo impegna centinaia di uomini delle forze dell’ordine guidate dal Procuratore di Roma, Giuseppe Pignatone, è un lavoro complesso. Non è un caso che lui sia venuto dalla Procura di Reggio Calabria portando i suoi collaboratori più fidati. Una mossa che ha diverse chiavi di lettura, ma nella realtà, insinua il forte dubbio che un sistema malavitoso si sia trasformato in un virus che ha colpito pezzi di apparati di contrasto al crimine nella Capitale. Da oltre 15 anni. Questa è la mission del Procuratore di Roma, debellare la gramigna cresciuta all’interno delle Istituzioni capitoline e distruggere il seme del male rappresentato in larga parte da questo Re di una Roma Criminale che attraversa tutti gli strati della società.
Sono lontani i tempi in cui Massimo Carminati, detto er cecato per aver perso l’occhio durante un tentativo di fuga negli anni ’80, con una Vespa faceva il “pony express” per alcuni capizona della Banda della Magliana ( o così piace dire a qualcuno di loro). Lui, nato nella malavita al fianco di Enrico De Pedis, non è stato solo il ragazzo di bottega come si vuol far credere. E’ diventato l’erede di quell’impero di potere . Un potere che è stato complice di servizi segreti più o meno deviati.
Oggi se chiedi un parere a “vecchi ma potenti arnesi” della mala romana sul boss di Corso Francia ti dicono, senza remore, “persona seria”. Due parole che in gergo significa: è rispettato ed è attivo. Non è il solo ad essere definito così, visto che molti della Banda lo sono, ma lui ha qualcosa di diverso. E’ freddo, uomo acuto e deciso, intelligente e culturalmente preparato. Ha una grana criminale di primissimo ordine. Una grana costruita nel tempo tra esperienze, dove la violenza è sempre stato il minimo comun denominatore.
Ha una mente raffinata che gli ha permesso di arrivare in ogni affare importante nella Capitale. Dove c’erano milioni di euro da depredare, l’ombra del cecato si allungava con i suoi uomini fidati, con eserciti di prestanome, con banche accomodanti e politici conniventi. Uomini come Mokbel, Cola, Mancini, Iannilli sono solo alcuni della galassia che circondava il boss. Sono uomini di “quella destra” fatta da cani sciolti ( ma di razza) che usa l’ideologia come una maschera dove nascondere i propri giochi sporchi e allo stesso tempo usa il fascino “del neofascista anni ’70” per intruppare manovalanza a basso costo. E questi sono nomi che rimangono lontani dalle strade e dai quartieri di cemento.
Quando si apriranno le porte delle volanti e dei cellulari, spezzoni interi di generazioni di uomini, che sono rimasti in mezzo al guado tra violenza politica e violenza criminale, saliranno per ingrossare le carceri capitoline.
Il giorno della tempesta perfetta è alle porte. I giochi sono quasi chiusi e molte serrande, quel mattino, rimarranno chiuse.
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