Letti da noi: Tito Delton,10 febbraio 1947 fuga dall'Istria
La prima cosa che traspare dal libro di Delton, esule che ha trovato in Torino, una seconda casa, è il senso di straniamento prodotto all'inizio dal collasso delle autorità italiane.
L'armata rossa jugoslava,giunta da Pola occupa Dignano d'Istria, città natale dell'autore. Mal vestiti ma armati fino ai denti, i partigiani hanno idee chiarissime sul da farsi. La lira è messa fuori corsa, le banche e le poste vengono chiuse. Il processo di slavificazione è rapido e brutale e non guardano in faccia a nessuno. Nelle scuole si inizia a parlare soltanto in serbo-croato.
Chi, durante il fascismo, ha indossato una camicia nera, è stato iscritto al Pnf diventa un bersaglio politico, ma anche chi è un po' troppo ricco, magari perché è proprietario terriero diventa due volte bersaglio in quanto ricco, in quanto fascista.
Il padre di Delton riesce, per fortuna, a fuggire dal luogo dell'interrogatorio e ripara a Triste, altri sono meno fortunati, ma chi non finisce in una foiba, ha una sola possibilità, darsi alla fuga verso un'Italia distrutta da una guerra civile. Gli esuli devono andare via, senza dare nell'occhio, senza portare quasi nulla. La famiglia dello scrittore riesce a salvare un po' d'oro di famiglia, nascosto nei vestiti, utilizzato per avere qualcosa da mangiare.
Questo fu il triste destino di centinaia di migliaia di esuli. Le storie sono tutte diverse, i dettagli possono ovviamente cambiare, ma il senso di sradicamento è uguale per tutti.
Rimane incancellabile anche quando le famiglie sono riuscite a ricostruirsi una vita.
Nell'ultima parte del libro, Delton riconnette la sua vicenda a quella di tutti gli altri esuli, ricordando le tensioni su Trieste che proseguirono per tutti gli anni '50 e oltre.
E' un pezzo della nostra storia nazionale che non deve essere rimosso, seppure scomodo. E' il minimo che dobbiamo a tutti quegli istriani, dalmati, giuliani, che hanno lottato per rimanere orgogliosamente italiani.
...." il nostro paese ignorò e in parte, ignora ancora il dramma degli istriani di cinquanta anni fa perché è un affare scomodo. Che fare ora? Una sola cosa: ricordarci, quando incontriamo uno di quegli esuli, che di tutti gli italiani, quelli erano i migliori
Indro Montanelli
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