Rinnega il razzismo. Di Canio e l’apprezzamento della comunità ebraica dopo lo scontro
(G.p) Tra Paolo Di Canio e la comunità ebraica romana cominciano ad apparire timidi segnali di disgelo. Infatti il portale di cultura ebraica Moked ha apprezzato i contenuti dell'intervista rilasciata dall'ex attaccante di Lazio, Napoli e Juventus al Corriere della Sera, la condanna alle leggi razziste prodotte dal fascismo fino all'ammissione che i tatuaggi fascisti ed il saluto romano nel corso di una partita di calcio sono errori, come ci racconta, con un interessate articolo il Corriere della Sera.
Il commento di Moked
Il messaggio di Di Canio non è caduto nel vuoto: «Dalla denuncia pubblicata da Pagine Ebraiche e dal Portale dell’ebraismo italiano - scrive Moked - alle scuse e alla condanna delle leggi razziste prodotte dal fascismo, fino all’ammissione che i tatuaggi fascisti e il saluto romano fatto nel corso di una partita sono “errori” e “simbolo di ciò che sono stato”. Il percorso pubblico condotto dal noto ex calciatore della Lazio Paolo Di Canio lo scorso novembre ha visto un cambiamento di rotta e che in queste ore ha avuto una nuova conferma».
La lettera a Di Segni
Non è la prima volta che l’ex laziale, che ha giocato a lungo anche in Inghilterra con la maglia del West Ham, cerca di chiarire il suo pensiero dopo l’episodio che gli è costato il posto. Di Canio, come ricorda anche Moked, aveva indirizzato alla presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, Noemi Di Segni, un messaggio in cui spiegava il suo punto di vista e condannava l’antisemitismo e le leggi razziste del 1938 volute da Mussolini. «Sento di dover tornare su un argomento che pensavo di avere già chiarito in passato - aveva scritto - Non ho e non voglio avere niente a che spartire con idee antisemite, razziste, discriminatorie, violente. Ritengo, senza se e senza ma, che le leggi razziali volute da Mussolini siano state una terribile infamia per la storia del nostro Paese. Un’infamia che causò un’immane tragedia per migliaia di ebrei in Italia. Questa è la mia posizione convinta e determinata». Al Corriere, Di Canio ha raccontato la genesi di quella lettera: «Sono a casa. Pensieri cupi, tristezza. Mia moglie mi dice che Ludovica, la nostra primogenita che studia a Londra, fa finta di niente perché mi vuole bene, ma soffre come una bestia. Mi chiedo cosa posso fare, a chi posso spiegare una volta per tutte il mio pensiero. La comunità ebraica è stata la più toccata da quella involontaria apparizione. Sono persone davanti alle quali posso solo chinare il capo. Ho preso carta e penna».
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