E' un coglione? C'è da credergli
La casa di Montecarlo non è stata solo un regalo di Fini al cognato a spese di An. Per i pm è riciclaggio di denaro sporco. L'ex politico dice di non sapere nulla. Ecco cosa pensiamo noi che lo conosciamo bene...
di Vittorio Feltri
da Libero Quotidiano di giovedì 15 dicembre
Che storia quella del povero Fini, prematuramente scomparso dalla scena politica dopo esserci stato un ventennio protagonista. Egli oggi dice di se stesso: sono un coglione ma non un corrotto. Il che, dal mio punto di vista, è peggio. Un ladro infatti in teoria può ravvedersi mentre un coglione resta tutta la vita. L'uomo fu scelto da Almirante quale proprio successore. Significa che numeri li aveva.
E in effetti bisogna riconoscergli una certa abilità dialettica che però col tempo si è offuscata perché, essendo passato da posizioni neofasciste a posizioni liberali, ha perso le solide convinzioni che gli consentivano di parlare con la sicumera di chi ha la verità in tasca.
Fu Berlusconi a sdoganarlo in tempi in cui i missini erano considerati topi di fogna dai partiti del cosiddetto arco costituzionale. Accadde nell'autunno del 1993. Domandarono a Silvio chi avrebbe scelto per il Campidoglio, Fini o Rutelli? e il cavaliere indicò senza esitazione il primo. Al quale pertanto venne garantita agibilità politica.
Da quel giorno molta acqua è scivolata sotto i ponti e non è questa la sede per raccontare il corso del fiume del centro destra. Basta narrare qualche episodio per radiografare la personalità di Gianfranco .Una mattina mi trovai a Roma per motivi di lavoro e un paio di funzionari mi videro transitare per piazza Adriano e mi trascinarono nel teatro omonimo dove si stava svolgendo una manifestazione di quel partito. Mi issarono sul palco accanto a Fini che mi invitò a parlare dei mutamenti in atto in Italia per effetto di Tangentopoli. Dissi qualche cazzata, una delle quali memorabile. Questa: il paese ha bisogno di svoltare. Serve che il vostro movimento esca dalle catacombe della nostalgia e si allei con Berlusconi e con la Lega( con cui i punti di unione sono più numerosi di quelli di divisione) allo scopo di formare una alleanza capace di opporsi alla avanzata dei post comunisti di Occhetto.
Per realizzare ciò è indispensabile che voi fascisti togliate la camicia nera e indossiate la camicia Oxford. Mi presero in parola.
Qualche tempo dopo durante una chiacchierata a Belluno, sollecitato da Tatarella, suggerì il nome da dare al nuovo partito di destra: Alleanza Nazionale.
Anche in questo caso mi presero in parola. Ero in buoni rapporti sia con la Lega che con gli ex fascisti. E all'epoca anche Berlusconi mi dava retta. Cosa voglio dire? Fini era funzionale al progetto di Forza Italia( titolo di una trasmissione televisiva guidata da Nicola Forcignanò di cui ero tra gli autori) e andava imbarcato insieme con Bossi sulla navicella berlusconiana altrimenti Occhetto avrebbe vinto incontrastato le elezioni nel marzo del 1994.
Poi, c'è un poi, non breve. Silvio come sappiamo, diventa una figura importante nelle istituzioni e capo assoluto di quello che allora si chiamava Polo delle libertà. E Gianfranco, da sempre leader incontrastato del proprio partito, non digerisce di avere sopra di sé un signore quale Silvio ossia un politico improvvisato e abituato a comandare in azienda.
Cosicché col trascorrere degli anni tra i due cominciano i dissapori, le incomprensioni. Tant'è che ad un certo punto il Cav decide di trasformare la coalizione in un partito unico, il Pdl. Fini definisce tale iniziativa: comica finale. Ma un mese dopo, avendo intuito la malaparata, si rimangia il pesante giudizio ed accetta festosamente di confluire nel gruppo voluto da Silvio, col quale si abbraccia pubblicamente sottoscrivendo il patto respinto e successivamente benedetto. Il Pdl prevale alle urne e torna al governo. Non so perché, la ruggine fra i due politici ricompare e le liti si susseguono pressoché quotidianamente.
Nel 2009 faccio un titolo sul Giornale, al cui vertice ero rientrato dopo la infinita parentesi a Libero, in cui esprimo un dubbio: dove vuole arrivare il compagno Fini? Perché lo definivo compagno? Egli da presidente della Camera, carica ottenuta grazie ai voti del Pdl, ogni giorno attaccava brutalemente Berlusconi ottenendo applausi dalla sinistra.
Il mio titolo, per quanto legittimo, dà la stura a una aspra polemica tra Gianfranco e me, ma soprattutto tra lui e il premier accusato di manovrarmi, quando, invece, sono notoriamente imprudente di mio e agisco in proprio, infischiandomene di Berlusconi a cui non ha mai chiesto protezione, ma solo lo stipendio, non basso.
La bega assume toni e dimensioni apocalittiche. Fini mi querela, tanto per cambiare, ma non succede niente. Fini fonda un partito. Esce dalla maggioranza, un casino infernale. Il presidente del Consiglio è in difficoltà per questioni numeriche.
Frattanto il Giornale, insufflato da Livio Caputo, un grande giornalista, scopre l'alterino di Montecarlo, il famoso appartamento donato ad Alleanza Nazionale da una camerata, nobildonna che intendeva finanziare la buona casa della destra, e sbolognato da Fini, attraverso un giro incomprensibile, al fratello della moglie, signora Tulliani, già morosa giovane di Gaucci patrono del Perugia Calcio. Una bella donna.
L'affaraccio si ingrossa, il Giornale dimostra di avere ragione, piovono le smentite, i media italiani stanno tutti dalla parte della terza carica dello Stato, noi cronisti eretici siamo tacciati di falso, manovratori della macchina del fango, servi di Berlusconi e via insultando. Fini non ha mai ammesso la porcata. Neanche ora che ai polsi di vari complici speculatori del gioco delle slot machine sono scattate le manette, neanche ora, dicevo, egli afferma di essere stato a conoscenza dell'imbroglio. Insomma quella casa e un monte di denaro risultano confluite nelle saccocce di madame Tulliani e del fratellino di costei, ma il nostro caro Gianfranco si proclama ignaro di ogni traffico truffaldino. Non solo, dichiara di essere magari stato coglione ma non corrotto.
Vogliamo credergli? Crediamogli. Anche se preferiremmo che non ci prendesse eventualmente per il culo. Ci attendiamo da lui un segnale di aver intuito l'antifona. O almeno delle scuse. Queste ci spettano. Ma non giungeranno. Peccato. Fini non è un coglione ma dà l'impressione di comportarsi come se lo fosse.
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