Amedeo, una vita nella destra napoletana ex deputato con la passione per l'intrigo
(G.p) Il collega Gigi Di Fiore dalle colonne de Il Mattino, principale quotidiano partenopeo dedica un interessante excursus storico politico di Amedeo Laboccetta, ex deputato del Popolo delle Libertà, arrestato nella giornata di martedì 13 dicembre per favoreggiamento in merito alle Atlantis/Bps insieme a Francesco Corallo.
di Gigi Di Fiore
C'è sempre una telefonata, rubata o ascoltata, nella vita di Amedeo Laboccetta. Una vita sul filo di vicende discusse e spesso fuori le righe. Nel segno politico della destra, che porta il ventenne Amedeo protagonista negli scontri di piazza, forte della sua stazza.
Giovanissimo iscritto al Fronte della Gioventù e nel Fuan, l'organizzazione universitaria legata al Msi negli anni caldi del 1968-1969. I giovani di destra che si scontrano contro i "rossi" con mazze e catene si chiamano soprattutto Massimo Abbatangelo, Michele Florino, Italo Sommella, Salvatore Caruso. C'è anche Laboccetta, ma non nelle prime file.
Molti sono vittime di quegli anni, altri arrivano nelle istituzioni. Laboccetta viene eletto consigliere comunale a Napoli per la prima volta nel 1983.
Il Msi prende molti voti e molti eletti. Il capogruppo è addirittura Giorgio Almirante, ci sono anche Abbatangelo, Florino, Caruso. C'è anche un trentacinquenne Laboccetta, forte della sua amicizia con un ras del partito come Pino Romualdi e affascinato dal verbo di Almirante. Sono gli anni delle denunce di un consigliere missino, molto indipendente, l'avvocato penalista Angelo Cerbone, che pubblica libri roventi contro alcuni suoi colleghi di partito, colpevoli in campagna elettorale, di aver fatto incontrare Almirante con il boss della Sanità, Peppe Misso.
Una polveriera, dove Laboccetta sa districarsi bene e sa cavarsela. Funzionario dell'Assitalia diventa segretario nazionale della Fisai, la federazione italiana degli assicuratori. Un mondo che diventa un serbatoio di voti.In consiglio comunale Laboccetta, tra denunce, interrogazioni, interventi nella sala dei Baroni, allora aula consiliare napoletana, ci resta fino al 1993. E' l'alba di tangentopoli e Amedeo è il gran censore della giunta guidata dal socialista Nello Polese del questore Vito Mattera, dell'informazione.
Il 24 novembre 1992,convoca una conferenza stampa e fa ascoltare la registrazione di una telefonata fra il questore ed il capo cronista del Mattino. Dice di averla ricevuta in busta chiusa, dice che è roba che scotta per i rapporti tra investigatori e giornalisti, ma soprattutto per i favoritismi ricevuti da Polese.
E' una bomba, titoloni sui giornali, mistero su chi abbia potuto registrare un questore e su come Laboccetta sia venuto in possesso del nastro. Lui dichiara: non siamo innamorati della cultura della denuncia, né abbiamo velleità da investigatori, ma fortunatamente ci sono magistrati coraggiosi e controcorrente. Peccato che, nel clima di denunce che si scatena dal marzo del 1993, resti invischiato anche Laboccetta. Lo arrestano per un verbale dell'imprenditore Bruno Brancaccio, che per l'appalto della Linea tranviaria rapida, dice di aver versato mazzette a tutti i partiti. Compreso il Msi, attraverso il suo segretario provinciale Laboccetta, con 90 milioni di lire. E' il primo arresto, l'inchiesta, il processo, l'assoluzione finale nel 2001.
Sono anni veloci di mutamenti: il Msi diventa An, l'alleanza con Forza Italia confluisce nel Pdl unico. L'elezione in parlamento arriva nel 2008, proprio con il Pdl.
Un'occasione per riprendere il ruolo di fustigatore, attraverso la commissione parlamentare antimafia di cui fa parte. Le sue interrogazioni su comuni di San Giuseppe Vesuviano e Castel di Cisterno sono ossessive ed ottengono lo scioglimento delle due amministrazioni per infiltrazioni camorristiche.
Si consolida nel Pdl, con la vicinanza a Nicola Cosentino, dopo lo strappo tra Gianfranco Fini e Silvio Berlusconi. Prende le distanze da An, per sposare la causa berlusconiana, nella corrente di Cosentino. Lo scorso anno, arriva a pubblicare un libro, dove ancora una volta, diffonde il contenuto di una telefonata: quella tra Fini ed il presidente Napolitano, che dimostrerebbe il golpe bianco per far fuori il governo di Berlusconi.
Arriva la nomina a presidente del consorzio idrico Gori, che serve 76 comuni della provincia, in quota Pdl area cosentiniana. Non dura molto. Nello sfaldamento dei riferimenti politici, continua a barcamenarsi: resta in Forza Italia dopo lo scioglimento del Pdl.
E poi dichiarazioni, poi polemiche con Rosy Bindi, polemiche con Roberto Saviano. Di certo, non si può dire non abbia scorza dura o intraprendenza. Come quando va a recuperare il Pc durante la perquisizione nella casa del suo amico Francesco Corallo. Viene accusato di favoreggiamento , riconsegna il computer e lo trovano privo di alcuni files. Sugli sviluppi di quell'inchiesta, l'arresto delle ultime ore. Sei anni fa, il 21 febbraio del 2010, aveva diffuso una nota sulle intercettazioni telefoniche: " in nessuna delle grandi democrazie occidentali accade quello che si verifica in Italia, con l'uso smodato delle intercettazioni quale strumento di gogna mediatica. Un nuovo pensiero rispetto al 1992. Le cose e le convinzioni cambiano.
di Gigi Di Fiore
C'è sempre una telefonata, rubata o ascoltata, nella vita di Amedeo Laboccetta. Una vita sul filo di vicende discusse e spesso fuori le righe. Nel segno politico della destra, che porta il ventenne Amedeo protagonista negli scontri di piazza, forte della sua stazza.
Giovanissimo iscritto al Fronte della Gioventù e nel Fuan, l'organizzazione universitaria legata al Msi negli anni caldi del 1968-1969. I giovani di destra che si scontrano contro i "rossi" con mazze e catene si chiamano soprattutto Massimo Abbatangelo, Michele Florino, Italo Sommella, Salvatore Caruso. C'è anche Laboccetta, ma non nelle prime file.
Molti sono vittime di quegli anni, altri arrivano nelle istituzioni. Laboccetta viene eletto consigliere comunale a Napoli per la prima volta nel 1983.
Il Msi prende molti voti e molti eletti. Il capogruppo è addirittura Giorgio Almirante, ci sono anche Abbatangelo, Florino, Caruso. C'è anche un trentacinquenne Laboccetta, forte della sua amicizia con un ras del partito come Pino Romualdi e affascinato dal verbo di Almirante. Sono gli anni delle denunce di un consigliere missino, molto indipendente, l'avvocato penalista Angelo Cerbone, che pubblica libri roventi contro alcuni suoi colleghi di partito, colpevoli in campagna elettorale, di aver fatto incontrare Almirante con il boss della Sanità, Peppe Misso.
Una polveriera, dove Laboccetta sa districarsi bene e sa cavarsela. Funzionario dell'Assitalia diventa segretario nazionale della Fisai, la federazione italiana degli assicuratori. Un mondo che diventa un serbatoio di voti.In consiglio comunale Laboccetta, tra denunce, interrogazioni, interventi nella sala dei Baroni, allora aula consiliare napoletana, ci resta fino al 1993. E' l'alba di tangentopoli e Amedeo è il gran censore della giunta guidata dal socialista Nello Polese del questore Vito Mattera, dell'informazione.
Il 24 novembre 1992,convoca una conferenza stampa e fa ascoltare la registrazione di una telefonata fra il questore ed il capo cronista del Mattino. Dice di averla ricevuta in busta chiusa, dice che è roba che scotta per i rapporti tra investigatori e giornalisti, ma soprattutto per i favoritismi ricevuti da Polese.
E' una bomba, titoloni sui giornali, mistero su chi abbia potuto registrare un questore e su come Laboccetta sia venuto in possesso del nastro. Lui dichiara: non siamo innamorati della cultura della denuncia, né abbiamo velleità da investigatori, ma fortunatamente ci sono magistrati coraggiosi e controcorrente. Peccato che, nel clima di denunce che si scatena dal marzo del 1993, resti invischiato anche Laboccetta. Lo arrestano per un verbale dell'imprenditore Bruno Brancaccio, che per l'appalto della Linea tranviaria rapida, dice di aver versato mazzette a tutti i partiti. Compreso il Msi, attraverso il suo segretario provinciale Laboccetta, con 90 milioni di lire. E' il primo arresto, l'inchiesta, il processo, l'assoluzione finale nel 2001.
Sono anni veloci di mutamenti: il Msi diventa An, l'alleanza con Forza Italia confluisce nel Pdl unico. L'elezione in parlamento arriva nel 2008, proprio con il Pdl.
Un'occasione per riprendere il ruolo di fustigatore, attraverso la commissione parlamentare antimafia di cui fa parte. Le sue interrogazioni su comuni di San Giuseppe Vesuviano e Castel di Cisterno sono ossessive ed ottengono lo scioglimento delle due amministrazioni per infiltrazioni camorristiche.
Si consolida nel Pdl, con la vicinanza a Nicola Cosentino, dopo lo strappo tra Gianfranco Fini e Silvio Berlusconi. Prende le distanze da An, per sposare la causa berlusconiana, nella corrente di Cosentino. Lo scorso anno, arriva a pubblicare un libro, dove ancora una volta, diffonde il contenuto di una telefonata: quella tra Fini ed il presidente Napolitano, che dimostrerebbe il golpe bianco per far fuori il governo di Berlusconi.
Arriva la nomina a presidente del consorzio idrico Gori, che serve 76 comuni della provincia, in quota Pdl area cosentiniana. Non dura molto. Nello sfaldamento dei riferimenti politici, continua a barcamenarsi: resta in Forza Italia dopo lo scioglimento del Pdl.
E poi dichiarazioni, poi polemiche con Rosy Bindi, polemiche con Roberto Saviano. Di certo, non si può dire non abbia scorza dura o intraprendenza. Come quando va a recuperare il Pc durante la perquisizione nella casa del suo amico Francesco Corallo. Viene accusato di favoreggiamento , riconsegna il computer e lo trovano privo di alcuni files. Sugli sviluppi di quell'inchiesta, l'arresto delle ultime ore. Sei anni fa, il 21 febbraio del 2010, aveva diffuso una nota sulle intercettazioni telefoniche: " in nessuna delle grandi democrazie occidentali accade quello che si verifica in Italia, con l'uso smodato delle intercettazioni quale strumento di gogna mediatica. Un nuovo pensiero rispetto al 1992. Le cose e le convinzioni cambiano.
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