17 dicembre 2000: muore Bertoli, l'anarchico della strage in Questura
Gianfranco Bertoli (Venezia, 30 aprile 1933 - Livorno, 17 dicembre 2000) autodefinitosi anarchico stirneriano, è stato il discusso autore dell'attentato alla Questura di Milano nel 1973.
Il 17 maggio 1973 Bertoli lanciò una bomba a mano nel cortile della questura di via Fatebenefratelli a Milano, durante l'inaugurazione di un busto in memoria del commissario Luigi Calabresi, alla presenza dell'allora Ministro dell'Interno Mariano Rumor. La bomba non colpì il ministro, che si era già allontanato, ma uccise 4 persone e ne ferì 45.
L'attentatore fu subito arrestato. Si proclamò anarchico individualista, seguace delle teorie di Max Stirner. Dichiarò che voleva punire il ministro Rumor per la morte dell'anarchico Giuseppe Pinelli. Al processo si comportò con grande dignità, negò il coinvolgimento di altri nell'attentato assumendosi tutte le responsabilità . Ad ogni modo, il movimento anarchico condannò all'unanimità il suo gesto, cosa che farà lo stesso autore anni dopo.
Nel 1975 fu condannato all'ergastolo. Durante il processo ebbe il conforto dei compagni del Centro Studi Libertari di Milano, fra cui Luciano Lanza, autore, anni dopo, di un libro sulla Strage di Piazza Fontana in cui, dopo averlo sostenuto per anni e offertagli la collaborazione alla rivista A rivista anarchica, insinuò il dubbio che Bertoli fosse legato ai Servizi segreti. Questa insinuazione amareggiò molto Bertoli, come si può leggere nel carteggio fra questi e Alfredo Maria Bonanno, l'editore siciliano che non credette mai all'ipotesi del Bertoli infiltrato di destra. In carcere tenterà anche il suicidio per discolparsi da tali accuse.
Dal carcere, prima della rottura con Lanza e il Centro Studi, collaborò alla rivista anarchica "A/Rivista Anarchica" con molti articoli assai valutati nell'ambiente. Alcuni articoli furono raccolti nel volume Attraversando l'arcipelago, edizioni Senzapatria; scrisse anche Memorie di un terrorista, edizioni Tracce.
Secondo voci diffuse, non si sa da chi, Bertoli sarebbe stato informatore per il SIFAR. Inoltre, avrebbe avuto contatti con simpatizzanti di destra. Aumentano le voci in tal senso le testimonianze di Vincenzo Vinciguerra e Roberto Cavallaro.
La magistratura sospettò che la motivazione addotta dal Bertoli come causale del suo gesto non fosse veritiera e aprì un processo per complicità con Bertoli, a carico di esponenti di estrema destra. Il sospetto era che l'attentato fosse stato effettuato da Bertoli per punire Rumor, non per la morte dell'anarchico Pinelli, ma per non aver proclamato lo stato d'assedio dopo la strage di piazza Fontana. L'edizione de L'Unico e la sua proprietà, di Max Stirner trovata in suo possesso, tra l'altro, era pubblicata da una editrice di destra di proprietà di Franco Freda [in realtà di Giovanni Ventura]. Contrario a questa versione dei fatti è Francesco Cossiga, che davanti alla commissione Pellegrino affermò non essere credibile.
Bertoli rifiuterà di testimoniare al processo, adducendo come scusa l'impossibilità di parlare sotto l'effetto della droga alla quale era ormai avvezzo. Tutti gli indagati furono alla fine assolti.
Nel 2002 il generale Nicolò Pollari (ex-direttore del Sismi), sentito dai giudici della terza Corte d'Assise d'Appello di Milano ha confermato che Bertoli è stato un informatore del Sifar prima, e del Sid in seguito. Il generale ha anche confermato che Bertoli, ha avuto rapporti con i servizi segreti negli anni '50 fino al 1960 col nome "Fonte Negro". A seguito di queste accuse, Bertoli cadde in una profonda depressione, gridò al complotto ordito dallo Stato e tentò il suicidio. Negli ultimi anni, in semilibertà , visse a Livorno, vagabondo e drogato e divenne ultrà della locale squadra di calcio. Persi i vecchi amici di A rivista anarchica, gli rimase vicino il solo Bonanno.
FONTE: Anarchopedia
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