Fermo, reagisce agli insulti razzisti alla moglie E' morto il giovane nigeriano di 36 anni
(G.p) Emmanuel Chidi Namdi, richiedente asilo nigeriano di 36 anni, finito in coma dopo essere stato picchiato da un ultrà della Fermana che il 5 luglio aveva aggredito, prima verbalmente parlando di "scimmie africane", poi strattonandola, la sua compagna di 24 anni, nel centro di Fermo è morto.
È morto Emmanuel Chidi Namdi, richiedente asilo nigeriano di 36 anni, finito in coma dopo essere stato picchiato da un ultrà della Fermana che ieri aveva aggredito, prima verbalmente parlando di «scimmie africane», poi strattonandola, la sua compagna di 24 anni, nel centro di Fermo. Oggi don Vinicio Albanesi, che dava accoglienza ai due migranti nel seminario vescovile, e che dopo la morte dell'immigrato ha ricevuto una telefonata di solidarietà da Matteo Renzi, parla di una «provocazione a freddo» proveniente dallo stesso «giro delle bombe davanti alle chiese di Fermo». Sono state quattro le chiese della Diocesi prese di mira da ignoti attentatori che hanno piazzato ordigni esplosivi artigianali tra febbraio e maggio scorsi. I parroci sono tutti impegnati nel sociale e nell'assistenza a emarginati, tossicodipendenti e migranti.
La dinamica dell'aggressione di ieri non è ancora chiara: secondo una prima ricostruzione, il 36enne avrebbe reagito impadronendosi di un paletto staccabile della segnaletica stradale con cui avrebbe colpito il tifoso, un 35enne italiano già noto alle forze di polizia e sottoposto a Daspo, facendolo cadere a terra. Rialzatosi, quest'ultimo lo avrebbe raggiunto con un pugno al viso, facendolo stramazzare: nella caduta Emmanuel ha battuto la testa e sarebbe poi stato colpito ancora. L'italiano è stato denunciato e al momento è a piede libero, un amico che era con lui è entrato nell'inchiesta invece come testimone. Emmanuel e la sua compagna erano stati accolti dalla Fondazione Caritas in veritate, guidata da don Vinicio, lo scorso novembre.
Erano in fuga dalla Nigeria, dove avevano perso tutti i loro familiari in uno degli attacchi alle chiese cristiane da parte di Boko Haram e per arrivare in Italia avevano superato altre violenze in Libia. Una traversata che era costata la vita al bimbo che lei portava in grembo, ma che li aveva portati a sperare di un futuro migliore. A gennaio don Vinicio li aveva uniti informalmente, per mancanza di documenti, in matrimonio nella chiesa di San Marco alle Paludi. Ed è stato proprio don Albanesi oggi a chiamare in causa, per l'aggressione, «lo stesso giro delle bombe davanti alle chiese», o quanto meno lo stesso clima culturale: «credono - ha detto il sacerdote - di appartenere alla razza ariana».
Don Vinicio ha cointestato anche la ricostruzione dei fatti, sulla scorta del racconto della moglie di Emmanuel, che ha riportato escoriazioni guaribili in 5 giorni, e annunciato che si costituirà parte civile, in quanto presidente della Fondazione Caritas in veritate, che ha accolto 124 profughi, di cui 19 nigeriani. Un episodio che non ha precedenti nella città, dove gli stranieri sono numerosi e ben integrati e dove i richiedenti asilo vengono chiamati a raccontare le loro storie nelle scuole e nei raduni scout. «Il gravissimo episodio di Fermo - ha commentato il deputato del Pd Edoardo Patriarca - è l'ennesimo di una serie di atti di intolleranza che hanno colpito quel territorio. Non possiamo permettere che ci sia un clima di odio».
Khalid Chaouki (Pd) chiede che venga fatta chiarezza. «Non dobbiamo mai fare l'errore di sottovalutare il razzismo strisciante - aggiunge - risultato anche di un clima di odio favorito da chi, in cerca di facili consensi, fa leva sulle paure e le angosce dei cittadini per costruire ad arte uno scenario di terrore e paura dell'altro». Il sindaco Paolo Calcinaro confessa di sentirsi «sprofondato in un incubo», dopo avere celebrato la fine del Ramadan con la locale comunità islamica. Dolore, sgomento e solidarietà vengono espressi dalla Cgil e dall'Anpi. Per questa sera è in programma una veglia di preghiera con una fiaccolata davanti al seminario.
Il Corriere Adriatico, con un interessante articolo, che proponiamo per intero, prova a ricostruire la dinamica dell'aggressione ed il clima che si respira nella cittadina marchigiana.
La dinamica dell'aggressione di ieri non è ancora chiara: secondo una prima ricostruzione, il 36enne avrebbe reagito impadronendosi di un paletto staccabile della segnaletica stradale con cui avrebbe colpito il tifoso, un 35enne italiano già noto alle forze di polizia e sottoposto a Daspo, facendolo cadere a terra. Rialzatosi, quest'ultimo lo avrebbe raggiunto con un pugno al viso, facendolo stramazzare: nella caduta Emmanuel ha battuto la testa e sarebbe poi stato colpito ancora. L'italiano è stato denunciato e al momento è a piede libero, un amico che era con lui è entrato nell'inchiesta invece come testimone. Emmanuel e la sua compagna erano stati accolti dalla Fondazione Caritas in veritate, guidata da don Vinicio, lo scorso novembre.
Erano in fuga dalla Nigeria, dove avevano perso tutti i loro familiari in uno degli attacchi alle chiese cristiane da parte di Boko Haram e per arrivare in Italia avevano superato altre violenze in Libia. Una traversata che era costata la vita al bimbo che lei portava in grembo, ma che li aveva portati a sperare di un futuro migliore. A gennaio don Vinicio li aveva uniti informalmente, per mancanza di documenti, in matrimonio nella chiesa di San Marco alle Paludi. Ed è stato proprio don Albanesi oggi a chiamare in causa, per l'aggressione, «lo stesso giro delle bombe davanti alle chiese», o quanto meno lo stesso clima culturale: «credono - ha detto il sacerdote - di appartenere alla razza ariana».
Don Vinicio ha cointestato anche la ricostruzione dei fatti, sulla scorta del racconto della moglie di Emmanuel, che ha riportato escoriazioni guaribili in 5 giorni, e annunciato che si costituirà parte civile, in quanto presidente della Fondazione Caritas in veritate, che ha accolto 124 profughi, di cui 19 nigeriani. Un episodio che non ha precedenti nella città, dove gli stranieri sono numerosi e ben integrati e dove i richiedenti asilo vengono chiamati a raccontare le loro storie nelle scuole e nei raduni scout. «Il gravissimo episodio di Fermo - ha commentato il deputato del Pd Edoardo Patriarca - è l'ennesimo di una serie di atti di intolleranza che hanno colpito quel territorio. Non possiamo permettere che ci sia un clima di odio».
Khalid Chaouki (Pd) chiede che venga fatta chiarezza. «Non dobbiamo mai fare l'errore di sottovalutare il razzismo strisciante - aggiunge - risultato anche di un clima di odio favorito da chi, in cerca di facili consensi, fa leva sulle paure e le angosce dei cittadini per costruire ad arte uno scenario di terrore e paura dell'altro». Il sindaco Paolo Calcinaro confessa di sentirsi «sprofondato in un incubo», dopo avere celebrato la fine del Ramadan con la locale comunità islamica. Dolore, sgomento e solidarietà vengono espressi dalla Cgil e dall'Anpi. Per questa sera è in programma una veglia di preghiera con una fiaccolata davanti al seminario.
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