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Il reato di negazionismo e il Mein Kampf: esiste ancora in Italia la libertà d'opinione?


Il “Mein Kampf” va pubblicato Sono i dittatori a bruciare i libri.La democrazia deve accettare qualsiasi opinione. È scritto anche nella nostra Costituzione, all’articolo 21 come sostiene il giornalista Massimo Fini in un editoriale pubblicato sul numero odierno de Il Fatto Quotidiano.
Editoriale che pubblichiamo per intero.

Esiste ancora in Italia la libertà d’opinione solennemente garantita dall’articolo 21 della Costituzione? L’altro giorno, quatta quatta, è stata approvata una legge che “punisce con la reclusione da 2 a 6 anni il negazionismo, cioè l’incitamento all’odio razziale fondato in tutto o in parte sulla negazione della Shoah o dei crimini di genocidio, dei crimini contro l’umanità e dei crimini di guerra”. Questa norma si incista nella già dubbia legge Mancino che punisce l’odio razziale, dubbia perché l’odio è un sentimento e come tale non è comprimibile per legge, ma l’aggrava non solo perché prevede il reato di negazionismo per chi nega l’Olocausto ebraico ma anche più genericamente “i crimini di genocidio, i crimini contro l’umanità, i crimini di guerra”. Sono norme chiaramente liberticide che dovrebbero essere assolutamente estranee a una democrazia e appartengono invece proprio a quei regimi totalitari che, con queste norme, si vorrebbero combattere. La democrazia deve accettare qualsiasi opinione, anche quella che, in un dato momento storico, le pare più aberrante. E’ il prezzo che paga a se stessa, sennò si trasforma in un’altra cosa, in una sorta di teocrazia laica. Un principio è un principio e, come tale, ha un valore assoluto, se lo si intacca una volta, anche con le migliori intenzioni (anzi soprattutto con le migliori intenzioni di cui, com’è noto, è lastricato l’Inferno) si sa dove si comincia ma non dove si va a finire. Così dobbiamo aspettarci in futuro i reati di islamofobia (per cui Oriana Fallaci sarebbe finita in galera o ci finirebbe Magdi Cristiano Allam) o di omofobia anche sull’onda delle emozioni suscitate dai fatti di Orlando. Particolarmente abnorme è che il reato di negazionismo riguardi anche i cosiddetti “crimini di guerra”, cioè io non potrei affermare che la guerra dei serbo-bosniaci del ‘91-’95 non sia stato ‘un crimine di guerra’. Allora mettetemi subito in gattabuia perché io lo affermo. Peraltro in accordo almeno in parte, anche se questo è secondario, col Tribunale internazionale dell’Aia che ha assolto “l’ultranazionalista” serbo Vojislav Seselj (i nostri sono legittimi ‘nazionalismi’ quelli dei serbi sono, chissà perché, ‘ultranazionalismi’) sostenendo che “la Grande Serbia era un progetto politico, non criminale”. Sono stati invece condannati Radovan Karadzic e Ratko Mladic anche per l’assedio della città di Sarajevo. Da che mondo e mondo l’assedio di una città nemica è un legittimo atto di guerra. Altrimenti dovremmo processare Annibale perché assediò Sagunto.
La Storia diceva Benedetto Croce è “il passato visto con gli occhi del presente” ed è possibile che il presente, qualsiasi presente, anche un futuro presente, giudichi atti che in un dato momento storico ci paiono orribili in una luce diversa. Insomma il lavoro dello storico è per sua natura revisionista. E quindi, oltre che illegittimo, è anti-storico condannare qualsiasi forma di revisionismo.
In margine aggiungo che sono assolutamente grottesche le accuse lanciate al Giornale perché ha osato pubblicare il Mein Kampf di Hitler. Quando si censurano i libri si è su una bruttissima china. Non fu forse durante il Terzo Reich che si facevano falò dei libri ‘proibiti’? Il divieto di pubblicare il Mein Kampf è caduto solo di recente. Io lo comprai quando era clandestino. Dovrò essere quindi condannato retroattivamente o godo della prescrizione? Mi fa perciò piacere essere d’accordo con Piero Ostellino che per una volta si è ricordato di essere un liberale e ha difeso la pubblicazione del Mein Kampf non tanto, io credo, perché è stata utilizzata dal giornale per cui scrive ma per difendere un principio che non ammette compromesso alcuno.

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