Destra sparita, perde anche Latina e Varese
L'italico centro destra resta fuori dal governo delle cinque città più importanti chiamati al voto amministrativo, nonostante la batosta subita dal Partito Democratico e dal suo leader Matteo Renzi. Il difficile, oggi è comprendere come e da dove il centro destra possa ripartire. Ci prova, con un interessante articolo, pubblicato da Il Tempo, storico quotidiano romano, il collega Carlo Antonio Solimene.
Articolo che pubblichiamo per intero.
La realtà racconta di un centrodestra che resta fuori dal governo delle cinque città più importanti al voto. E talvolta, come nel caso di Roma, raccoglie anche pochissimi consiglieri comunali compromettendo i rapporti con le comunità locali. Il day-after delle Amministrative per Forza Italia assomiglia a una sorta di anno zero. Con il vecchio leader in ospedale e inevitabilmente più lontano dalla sua creatura, i vari «colonnelli» avrebbero dovuto dar prova di maturità e di saper camminare sulle proprie gambe. Invece hanno avviato una sorta di regolamento dei conti interno che ha distratto le forze dai ballottaggi e ha finito per danneggiare anche candidati potenzialmente vincenti come Stefano Parisi a Milano. Anche la Lega esce dalla tornata amministrativa con le ossa rotte. L’ipotizzato asse con i grillini ha funzionato in una direzione sola. Nel senso che probabilmente ampie fette dell’elettorato di destra hanno votato ai ballottaggi candidate come Virginia Raggi e Chiara Appendino ma non si è verificato il contrario: Lucia Borgonzoni a Bologna - e lo stesso Parisi a Milano - non hanno potuto contare sull’apporto degli elettori pentastellati, se non in minima parte. Il Carroccio non sfonda al Sud, arretra un po’ ovunque in termini di voti assoluti e perde a favore del Pd anche la roccaforte Varese, governata da 23 anni, dove era sceso in campo da capolista persino il governatore lombardo Roberto Maroni.
Fratelli d’Italia, infine, è costretta a dimenticare rapidamente i fasti romani, dove in ogni caso Giorgia Meloni era rimasta esclusa dal ballottaggio. Fuori dalla Capitale, infatti, il partito degli ex An resta molto marginale, e subisce uno smacco clamoroso a Latina, dove Nicola Calandrini, sostenuto a spada tratta proprio dalla Meloni, si ferma sotto il 25 per cento contro il civico Damiano Coletta. Un quadro complicato, che rischia di protrarsi anche nei mesi che separano dal referendum costituzionale, dove la vera sfida sarà tra Renzi e il MoVimento 5 Stelle con il centrodestra costretto quasi in un ruolo ininfluente. Mai come in queste elezioni il tramonto di un’epoca, quella berlusconiana, è apparso evidente. Con l’aggravante che i presunti successori, Salvini in primis, al primo vero esame si sono dimostrati più fragili di quanto si potesse immaginare. Da cosa ripartire? Per il governatore ligure Giovanni Toti «il centrodestra quando è unito ha dimostrato di essere competitivo». Al momento, però, Milano resta un’eccezione. La stessa Forza Italia, come detto, è attraversata da tensioni latenti e appare divisa in tre blocchi. La strada dell’alleanza con Lega e Fratelli d’Italia è apparentemente inevitabile, ma gli alleati oggi sono assai meno entusiasti di imparentarsi con i forzisti.
Il Carroccio, ad esempio, sembra guardare con più interesse a un ipotetico asse con il MoVimento 5 Stelle che a una ricomposizione del centrodestra. La direzione che Salvini vorrà prendere sarà probabilmente più chiara questo sabato, quando a Parma verrà celebrata questa sorta di «leopolda verde» aperta un po’ a tutto il mondo anti-renziano, si vedrà con quale seguito. Anche Fratelli d’Italia nei prossimi mesi rischia di scontare il forzato allontanamento dalle scene di Giorgia Meloni, inevitabilmente alle prese per almeno qualche mese con le gioie della maternità. Uno snodo complicato, se si considera che il partito degli ex-An è rimasto legato quasi esclusivamente all’immagine della sua leader. Contorni dell’eventuale coalizione, leader, collocazione europea. Sono tutti nodi che il centrodestra dovrà sciogliere in fretta. L’esito delle urne accelererà gli eventi della politica, il voto per il Parlamento nel 2017 è ormai quasi scontato, quello che rimane di Lega e di ciò che una volta era il Pdl ha pochissimo tempo per trovare una formula per ricompattarsi. E per la prima volta potrebbe doverlo fare senza la «stella polare» di Berlusconi. Il futuro dell’area resta ancora in parte legato alle decisioni del Cavaliere. Se dovesse davvero defilarsi dalla politica - come i problemi fisici e l’età lasciano presagire - la «traversata nel deserto» che attende l’elettorato moderato potrebbe essere più lunga di quanto si teme.
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