In morte di Marco Pannella: Giustizia giusta ne ricorda l'impegno garantista
(G.p)Il direttivo dell'Associazione per la giustizia ed il diritto Enzo Tortora onlus e la redazione del mensile Giustizia Giusta ci inviano un ricordo collettivo del leader radicale Marco Pannella, andato oltre giovedì 19 maggio, ricordando le grandi battaglie garantiste in difesa di un sacrosanto principio in virtù del quale di carcere non si può morire.
Ricordo che pubblichiamo per intero.
Marco Pannella è morto ad 86
anni, un’età tutto sommato giusta per far riposare il corpo, eppure ha lasciato
nella nostra Associazione “per la Giustizia e il Diritto Enzo Tortora Onlus” un
vuoto simile soltanto alla dipartita improvvisa di un amico, di una persona che
nel bene e nel male ha segnato l’altrui esistenza.
In termini ideali il mondo
radicale che Pannella ha contribuito a fondare e rappresentare è quanto di più
distante possa esserci da quella che consideriamo la nostra etica valoriale, e
sin anche nel difendere la libertà, da Marco Pannella ci sentiamo lontani più che
vicini, pretendendo noi di vederla affermata in contesto pubblico prima che privato,
secondo gli insegnamenti aristotelici, pensando lui che essa fosse il cardine
di esistenza individuale, su cui dover fondare una società civile. Quello che è accaduto ad un certo punto è che
strade così distanti si sono incrociate sul comune sentiero del garantismo,
scelta convinta per chi come Pannella ha sempre sostenuto il diritto
dell’equità e della giustizia, scelta obbligata e doverosa per chi come noi ha
compreso, nel tempo, che in una democrazia di cui sei avversario dirti
garantista è una difesa necessaria. E’ proprio il garantista che vogliamo
onorare del saluto, quindi, e il “Leone della coerenza”.
Dal canale Teleroma 56 ha urlato
il suo sdegno sulla vicenda giudiziaria di Enzo Tortora, dal settimanale dei
Radicali ha insinuato il dubbio dell’innocenza di Fioravanti e Mambro, in anni
in cui ancora la longa manus di
Berlusconi non aveva accolto Fini, sdoganando la destra. C’è stato il sì di Marco Pannella dietro il
movimento di opinione e gli scioperi della fame messi in campo per Paolo
Signorelli da Laura Conti e Laura Terni. Il suo sì pronunciato in difesa del
principio “Di carcere non si può morire”. E non si può usare il carcere per
giudicare la vita privata dei politici, tanto che seppe schernire dei
Magistrati preoccupati di colpire Berlusconi uomo e politico, prima che
colpevole: "Mi viene in mente il dramma della giustizia", ovvero il
fatto che "la politica è condizionata da sentenze manifestamente ingiuste”.
Da uomo liberale e da
antifascista è riuscito prima di altri e meglio di altri a difendere anche un
fascista, quando necessario, riponendo nel cassetto della propria esperienza di
vita la pur presente ideologia, se questa andava ad inficiare l’azione coerente
di creazione di uno Stato di diritto.
Fine oratore, ha partecipato al
tredicesimo congresso nazionale del MSI con una relazione dettagliata, corposa
e passionale sul senso della ghettizzazione poliziesca messa in scena
dall’allora balena bianca nei riguardi degli estremismi pericolosi; ribadendo
in quel consesso il lavoro fondamentale di Radio Radicale, nel consentire a
tutti gli Italiani di ascoltare e giudicare. Ottenne un’ovazione generale,
tributata al suo impegno nel conoscere l’avversario e nel rispettarlo. Faceva
parte di quella stagione politica in cui conoscere e studiare valeva ancora
come via alla legittimazione e non come accessorio volontario, ma non
necessario, per cui ascoltare Pannella permetteva all’interlocutore di
apprendere e riflettere.
Del lavoro di Radio Radicale ci
siamo serviti a lungo come rivista e come uomini, sia per attingere ad atti
altrimenti irrimediabilmente persi, data la cura degli archivi che la classe
politica soprattutto di destra non ha mai avuto, sia per conoscere gli scenari della
politica, senza censura alcuna. Quella censura che invece i “pennivendoli del
potere” imponevano spesse volte a lui e al suo partito, ricevendo un
trattamento non certo tenero, da chi al di là dell’aspetto buonista era un
combattente convinto e duro, se necessario.
E’ stato ancora di quelli che la
politica amavano farla per passione e non per smania di potere, di quei rari
uomini che impegnano la vita, sapendo di perderla per sempre, in nome di idee
che sono riusciti ad incarnare. Per questo ha combattuto la Democrazia Cristiana,
smascherandone il moralismo malavitoso, che l’ha caratterizzata, senza sentire
la necessità di accordarsi con coalizioni, che facessero salire le percentuali
di voto del partito. Il Partito Radicale è stato Marco Pannella e non sarà lo
stesso senza Pannella. Criticato in vita e abbandonato a quell’1% circa alla
resa dei conti elettorale, dopo il saluto alla morte, che accomuna solitamente
anche anime diverse, il Partito Radicale saprà scostarsi dal problematico
atteggiamento libertario; sebbene la democrazia dittatoriale di invenzione
Napolitano-Renzi sarebbe l’arena perfetta, per tentare un’ascensa che non c’è
mai stata.
Probabilmente finirà con il rappresentare
la linfa ideale di un partito che in vita lo ha mal sopportato, l’autorità che
non si può discutere e dalla quale poter ripartire nel momento in cui azioni e
scelte inconcludenti svuoteranno di senso il termine stesso “radicale”. Ma al
di là degli esiti futuri, cui altri schieramenti ci hanno abituati ad assistere,
ci è sembrato doveroso ricordare un degno avversario, categoria sempre più rara
purtroppo.
Lo ricorda con trasporto sincero
anche la moglie di Paolo Signorelli, Claudia Canzoni Signorelli, che alla
nostra domanda cosa ricordi di Marco Pannella, ci ha semplicemente risposto:
“Il suo Sì ha fatto partire la battaglia di Laura Conti e Laura Terni e del
partito Radicale in difesa di Paolo Signorelli. Quando ero nella disperazione
più totale loro mi hanno accolto senza chiedermi se Paolo era colpevole o
innocente, ma solo per il principio che non si deve morire di carcere. La loro
vicinanza è stata fisica e morale e mai una sola volta mi hanno chiesto dei
soldi, neanche per un caffè. Non condividevo una larga parte del suo pensiero e
so che lui e i membri del suo partito non condividevano il mio, ma ha saputo
combattere anche per me.”
Se n’è andato dicendo “Abbiamo
vinto noi”. Probabilmente sì. Se è vera
la massima classica che vuole la considerazione della concreta felicità
possibile soltanto alla fine della vita, crediamo che Pannella sia riuscito ad
essere soddisfatto. Tutte le battaglie che provocassero un cambiamento
libertario nella società lui le ha combattute e vinte, con coerenza, con
caparbietà, senza elemosinare attenzione ma conquistandola grazie alla capacità
oratoria e al carisma indiscutibile. Ha riempito Piazza Navona il suo feretro,
l’ha risvegliata con un lunghissimo applauso. E’ stato uno degli ultimi degni
rappresentanti di una stagione politica intensa e passionale, di cui nel tempo
ci rimarrà soltanto il ricordo.
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