Centrodestra, il big bang nelle città: divisi in 8 su 13
(G.p) C'era una volta il centro destra, coalizione politica unita e coesa che andava dalla Lega Nord ad Alleanza Nazionale, con un leader riconosciuto ed apprezzato dal corpo elettorale come Silvio Berlusconi. Una coalizione che vedeva presenti anche partiti eredi del vecchio pentapartito come la Democrazia Cristiana per le Autonomie di Gianfranco Rotondi, del vecchio Psi come il Nuovo Psi dell'ex governatore della Campania Stefano Caldoro, il Partito Repubblicano Italiano di Giorgio LA Malfa. Ora questo centro desta non esiste più in gran parte degli oltre 1000 comuni chiamati al voto il prossimo 5 giugno.
Il collega Carmelo Lopapa dalle colonne de la Repubblica, con un interessante articolo, che pubblichiamo per intero ci descrive la disgregazione della granitica coalizione di centro destra alle prossime elezioni amministrative.
C'ERA una volta il centrodestra. Non esiste già più in gran parte dei 1367 comuni in cui si andrà al voto il 5 giugno. Per il big bang non bisognerà aspettare l'indomani delle amministrative. Su 13 grandi capoluoghi in cui si eleggeranno sindaci e consigli - quelli più significativi con più di 100 mila abitanti - l'asse Berlusconi-Salvini-Meloni ha resistito alla rottura solo per dinamiche e accordi locali in cinque città. Ovvero nel 38,5 per cento delle piazze. Nel resto addio: l'alleanza Forza Italia - Lega - Fratelli d'Italia è già un lontano ricordo. Per non dire dei cinque grandi centri (Roma, Milano, Napoli, Torino e Bologna), in cui com'è stranoto l'accordo è stato raggiunto solo nel capoluogo lombardo sul nome di Stefano Parisi e la percentuale scende dunque al 20.
Ovunque, nel resto d'Italia, sul pennone sventolano gli stracci al posto dei vessilli della coalizione che fu. Gli ultimi insulti di Salvini a Berlusconi sono di queste ore ("E' un leader sotto ricatto"). Così, è un mezzo miracolo che l'alleanza abbia retto quanto meno a livello locale a Cagliari, pur dietro il civico (Piergiorgio Massidda, ex senatore forzista, sfiderà il sindaco uscente di centrosinistra Massima Zedda) a Trieste, Rimini, e Ravenna. Altrove invece è il caos. A cominciare da Bolzano, col record tutto altoatesino di sei candidati per lo più civici riconducibili in qualche modo all'area di centrodestra, col siluramento del candidato unitario che Michaela Biancofiore aveva cercato di imporre (l'avvocato Igor Janes) in quota Fi, con conseguente minaccia di abbandono del partito da parte della fedelissima berlusconiana. E sarà quello di Bolzano appunto il primo test, dato che nella provincia autonoma si andrà al voto già l'8 maggio con ballottaggio il 22. Non è da meno Latina, roccaforte della destra, dove a sfidarsi saranno ben quattro aspiranti sindaci di centrodestra: Nicola Calandrini col sostegno leghista, Alessandro Calvi per Fi, Gianni Chiarato di "Fare" e Marco Savastano per Casa Pound. Più o meno la stessa corsa ad handicap va in scena a Salerno. Dove sono già scarse le possibilità di spuntarla sul candidato di centrosinistra nella città del potente governatore Vincenzo De Luca. Fi schiera Roberto Celano ma Fratelli d'Italia rompe e candida il suo Antonio Iannone, ex vicepresidente della Provincia. Gaetano Quagliariello ha voluto mettere la sua bandiera con Gialuigi Cassandra (ex Fi ed ex Fdi) e così Mario Adinolfi, leader del "Popolo della famiglia", schierando il suo omonimo Raffaele Adinolfi.
Ma ormai la battaglia tra Forza Italia e Lega, affiancata da Fdi, è campale, soprattutto al Nord. L'ultimo strappo si è consumato a Novara. I berlusconiani si presentano con Davide Andreatta per strappare Palazzo Cabrino al centrosinistra? E Salvini prende le distanze e piazza Alessandro Canelli. Del resto, in Piemonte l'andazzo è quello. Lo strappo si è consumato già da un pezzo nella ben più pesante Torino. "Osvaldo Napoli non è un candidato competitivo" ha sentenziato il capo leghista attaccando la scelta fatta da Berlusconi e puntando (col sostegno della Meloni) sul notaio Alberto Morano, tagliandosi fuori reciprocamente di fatto dalla corsa contro l'uscente Piero Fassino. L'ordine dello strappo è invertito ma il risultato identico a Bologna. Dopo la rottura definitiva su Roma, Forza Italia ha voltato le spalle all'aspirante sindaco leghista Lucia Borgonzoni, consigliera comunale uscente, supportata anche da Fdi, per virare sul capogruppo forzista in Regione Emilia-Romagna, Galeazzo Bignami. Ma anche lì, la campagna per strappare il Comune al pd Virginio Merola si presenta proibitiva. E poi Napoli, dove invece è stata Giorgia Meloni a consumare la sua vendetta ai danni del Cavaliere candidando Marcello Taglialatela, il loro uomo di punta all'ombra del Vesuvio, proprio quando l'imprenditore Gianni Lettieri in quota forzista sembrava già designato quale candidato unitario. Enzo Rivellini, schierato dall'Msi-Destra nazionale, completa il quadro del puzzle. Col sindaco uscente Luigi de Magistris che ringrazia.
Va così da Bolzano alla punta dello stivale, del resto. Perfino nei centri più piccoli, sotto i centomila. Ad esempio a Benevento, dove Forza Italia ha schierato il candidato-icona Clemente Mastella, gli altri si sono defilati rinunciando a presentare liste, pur di non sostenerlo. Vano anche l'ultimo tavolo unitario convocato da Altero Matteoli per trovare un minimo di intesa nazionale con gli sherpa di Lega e Fdi. "E' partita l'Opa ostile di Salvini e Meloni contro Berluscomni, al di là delle sceneggiate allestite dai due su Roma - attacca Marcello Fiori, responsabile
Enti locali di Fi - Hanno voluto rompere, ma come la Le Pen in Francia, potranno pure conquistare qualche sporadica vittoria ma non governeranno mai, non vinceranno mai le politiche, senza di noi non esiste il centrodestra". E ad oggi il centrodestra non esiste già più.
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