Il Family Day scomunica il partito di Adinolfi
(G.p)Il movimento Popolo della Famiglia, fondato da Mario Adinolfi e pronto a candidarsi alle prossime elezioni amministrative, con proprie liste, fuori dai blocchi di centro destra e centro sinistra non deve essere considerato come espressione politica diretta del Comitato difendiamo i nostri figli.
Ad informarci di ciò ci pensa il collega Antonio Rapisarda, con un interessante articolo, pubblicato sullo storico quotidiano romano Il Tempo.
Dopo giorni di tensioni in «famiglia» è arrivato il verdetto: «Il movimento Popolo della Famiglia che si riconosce nei valori del Family Day non va considerato come espressione politica diretta del Comitato difendiamo i nostri figli». Tradotto: il partito fondato a sorpresa da Mario Adinolfi non ha l’investitura ufficiale da parte della piazza che ha sfidato Renzi sul ddl Cirinnà e che intende adesso chiudere i conti con il premier con il referendum costituzionale di ottobre.
Nessuna spaccatura netta dunque con il giornalista ed ex deputato Pd Adinolfi (che ha messo in piedi Il Popolo della famiglia e annunciato la candidatura alle amministrative) ma di certo dall’incontro del Comitato promotore del Family Day, presieduto da Massimo Gandolfini, è arrivato un deciso stop all’operazione-partito che tanto ha scosso l’arcipelago anti-Cirinnà. Insomma, se il Comitato «ribadisce la propria unità di intenti» resta esso stesso l’unica voce ufficiale che «proseguirà l’azione di rappresentanza del popolo che crede nei valori della famiglia naturale».
Se il Comitato non intende sostenere un’eventualità partitica su cui pesano troppe incognite – e ha ribadito la linea movimentista che lo impegnerà nella creazione di quel gruppo di pressione trasversale - la partita si complica per Adinofi: l’endorsement del comitato gli avrebbe garantito, infatti, il sostegno diretto delle realtà ecclesiali che hanno fatto la fortuna del Family Day. Non essendo stato riconosciuto come braccio politico ufficiale, il direttore de La Croce dovrà trovarsi adesso una strada propria per aggregare in vista delle elezioni. Di questo di certo parlerà oggi all’assemblea costituente del suo partito dove ribadirà come il progetto intende «fornire all’Italia migliore, quella incontrata al Circo Massimo, la possibilità di scegliere come candidato non il solito meno peggio».
Intanto però un’altra polemica potrebbe abbattersi sulla neonata creatura di Adinolfi. A ventilarla è Roberto Fedeli, portavoce del Fronte per la Famiglia, che sottolinea di essere rimasto stupito dalla «scarsa fantasia dimostrata da Adinolfi». Il motivo? Secondo Fedeli quello di avere adottato una denominazione già esistente nel panorama pro-famiglia, utilizzata dall’unione di movimenti (come ad esempio il Popolo della Vita): «Il vero Popolo della Famiglia, a Roma, ha promosso più iniziative dal 2014, tra cui la Marcia per la famiglia, la conferenza programmatica e la partecipazione al Family day del giugno 2015. Questa volta, Adinolfi, invece di fare il suo solito bluff da pokerista, si è comportato veramente da baro».
Ad informarci di ciò ci pensa il collega Antonio Rapisarda, con un interessante articolo, pubblicato sullo storico quotidiano romano Il Tempo.
Dopo giorni di tensioni in «famiglia» è arrivato il verdetto: «Il movimento Popolo della Famiglia che si riconosce nei valori del Family Day non va considerato come espressione politica diretta del Comitato difendiamo i nostri figli». Tradotto: il partito fondato a sorpresa da Mario Adinolfi non ha l’investitura ufficiale da parte della piazza che ha sfidato Renzi sul ddl Cirinnà e che intende adesso chiudere i conti con il premier con il referendum costituzionale di ottobre.
Nessuna spaccatura netta dunque con il giornalista ed ex deputato Pd Adinolfi (che ha messo in piedi Il Popolo della famiglia e annunciato la candidatura alle amministrative) ma di certo dall’incontro del Comitato promotore del Family Day, presieduto da Massimo Gandolfini, è arrivato un deciso stop all’operazione-partito che tanto ha scosso l’arcipelago anti-Cirinnà. Insomma, se il Comitato «ribadisce la propria unità di intenti» resta esso stesso l’unica voce ufficiale che «proseguirà l’azione di rappresentanza del popolo che crede nei valori della famiglia naturale».
Se il Comitato non intende sostenere un’eventualità partitica su cui pesano troppe incognite – e ha ribadito la linea movimentista che lo impegnerà nella creazione di quel gruppo di pressione trasversale - la partita si complica per Adinofi: l’endorsement del comitato gli avrebbe garantito, infatti, il sostegno diretto delle realtà ecclesiali che hanno fatto la fortuna del Family Day. Non essendo stato riconosciuto come braccio politico ufficiale, il direttore de La Croce dovrà trovarsi adesso una strada propria per aggregare in vista delle elezioni. Di questo di certo parlerà oggi all’assemblea costituente del suo partito dove ribadirà come il progetto intende «fornire all’Italia migliore, quella incontrata al Circo Massimo, la possibilità di scegliere come candidato non il solito meno peggio».
Intanto però un’altra polemica potrebbe abbattersi sulla neonata creatura di Adinolfi. A ventilarla è Roberto Fedeli, portavoce del Fronte per la Famiglia, che sottolinea di essere rimasto stupito dalla «scarsa fantasia dimostrata da Adinolfi». Il motivo? Secondo Fedeli quello di avere adottato una denominazione già esistente nel panorama pro-famiglia, utilizzata dall’unione di movimenti (come ad esempio il Popolo della Vita): «Il vero Popolo della Famiglia, a Roma, ha promosso più iniziative dal 2014, tra cui la Marcia per la famiglia, la conferenza programmatica e la partecipazione al Family day del giugno 2015. Questa volta, Adinolfi, invece di fare il suo solito bluff da pokerista, si è comportato veramente da baro».
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