Mafia Capitale, Massimo Carminati e il Libano: quando il 'Nero' la spara grossa
L’udienza di ieri del processo Mafia Capitale ha visto alla sbarra il maggiore e il capitano dei carabinieri, Rosario Di Gangi e Giorgio Mazzoli, due tra gli investigatori che hanno consentito alla Procura di Roma di costruire la maxinchiesta. La testimonianza del maggiore dei Ros si è incentrata principalmente sulla figura di Massimo Carminati. Stando al racconto del militare, basato anche sulle intercettazioni finite agli atti del procedimento, Carminati avrebbe frequentemente parlato delle sue esperienze risalenti agli anni '70-'80. In particolare, ha ricordato di Gangi, l'ex Nar avrebbe parlato in diverse circostanze dei suoi rapporti con la Banda della Magliana e con Franco Giuseppucci. Nei dialoghi intercettati, ha affermato il maggiore, "Carminati diceva di non aver un rapporto organico con la banda della Magliana", ma che "c'era un legame di forte collaborazione con Giuseppucci. Morto lui, Carminati decise di mantenere rapporti con 'tutti sti cialtroni' che diceva di disprezzare perché facevano i soldi vendendo la droga, cosa che a lui non ha mai interessato. Carminati, che rapinava le banche, si definiva un criminale politico". Tra l'altro l'ufficiale ha ricordato il "soggiorno libanese" del "cecato", a partire da conversazioni intercettate in cui avrebbe menato vanto della sua esperienza militare parlando con i suoi sodali. Ma secondo il fondatore di Fascinazione, Ugo Maria Tassinari, Carminati non sarebbe mai stato in Libano ... LEGGI TUTTO
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