Forza Nuova, i traditori "processati" nel casolare con i busti del Duce
(G.p) Dall'inchiesta sui presunti raid anti bengalesi emergerebbero soprusi e violenze nei confronti di chi non rispetta le regole del gruppo di estrema destra come ci racconta il collega Fulvio Fiano sulle colonne del Corriere della Sera edizione di Roma, con un interessante articolo, che proponiamo per intero.
Violenze, per amore della verità, immediatamente smentite sui social network da parte degli accusati come il caso di Alessio Costantini che, in una nota, diffusa sulla sua pagina facebook dichiara: siamo accusati di essere un'associazione criminale dedita a spedizioni punitive, accusati di detenzioni di armi da fuoco e atti vergognosi contro terzi. Ovviamente, solo pensare che un'organizzazione serie come la nostra abbia il tempo e la voglia di organizzare un qualsiasi banglatour è ridicolo. Per fortuna, i nostri profili facebook sono pubblici. Accedetevi e vedrete da soli quali sono le tesi che sosteniamo, le politiche che facciamo, sempre alla luce del sole e con il volto scoperto.
Una croce nazista in oro, busti di Benito Mussolini, coltelli a serramanico e altri strumenti di offesa. Soprattutto la conferma di un sospetto: nel casale di via Tiberina 801 c’era l’equivalente di un tribunale in cui l’estrema destra «processava» i suoi iscritti, con annessa una stanza per le punizioni. Pene fisiche e psicologiche, fino alla minaccia di un colpo di pistola fatto esplodere a pochi centimetri dal viso di uno degli imputati.
È il quadro che emerge dalle perquisizioni del Ros nell'indagine che vede indagate tredici persone coinvolte a vario titolo nei cosidetti Bangla Tour, le spedizioni per picchiare in strada cittadini del Bangladesh scelti a caso per la loro etnia. Uno dei luoghi nei quali il pm Sergio Colaiocco ha chiesto di acquisire prove utili a chiudere l’inchiesta è proprio l’ex camera del fascio. Un edificio abbandonato fino al 20o2, quando divenne un centro sociale della nuova destra. Il luogo è stato poi ribattezzato Casa Montag.
Una delle quattro presunte menti dei raid razzisti, Roberto Benignetti, Gabriele Masci, Alessio Costantini, Giovanni Maria Camillacci, tutti vicini al circolo di Forza Nuova di via Lidia, aveva le chiavi del casale e come hanno già accertato gli investigatori almeno due «processi» si sono tenuti nelle sue stanze. Il primo a carico di Daniele De Santis (solo omonimo del presunto omicida di Ciro Esposito), «camerata» autore dello stupro, dopo averle dato della cocaina, di una ex militante di Casa Pound e poi di Forza Nuova. De Santis, bendato, fatto inginocchiare, accerchiato e picchiato con calci, pugni e colpi di manganello nel «rito punitivo», ha subito anche la parziale perdita dell’udito per lo sparo che gli ha sfiorato il viso.
Meno chiare le ragioni del processo a Michele Luly, Matteo Provenzani e Tommaso Pudis che, come recita il capo di imputazione a carico di Coltellacci, Costantini, Alessio Mursia, Alessio Lala, Andrea Di Cosimo e Arnaldo Alessio Evangelista sono stati ritenuti «responsabili di condotte non conformi alle regole del gruppo» e colpevoli di «mancanze caratteriali e comportamentali» forse proprio per prove di «coraggio» legate ai pestaggi. In un cassetto nella «stanza delle punizioni» sono stati trovati gli oggetti per dar seguito ai processi e la spilla nazista in oro.
Rispetto al quadro iniziale delle indagini, invece, va rivisto al ribasso il numero delle aggressioni compiute a danno di bengalesi tra Casilino, Prenestino e Torpignattara. Non sarebbero una cinquantina come raccontato da uno degli autori, un minorenne che ora è in terapia psicologica e farmacologica, ma una trentina. In molti casi non denunciati da chi, non in regola con il permesso di soggiorno, temeva dopo le botte l’espulsione.
Una croce nazista in oro, busti di Benito Mussolini, coltelli a serramanico e altri strumenti di offesa. Soprattutto la conferma di un sospetto: nel casale di via Tiberina 801 c’era l’equivalente di un tribunale in cui l’estrema destra «processava» i suoi iscritti, con annessa una stanza per le punizioni. Pene fisiche e psicologiche, fino alla minaccia di un colpo di pistola fatto esplodere a pochi centimetri dal viso di uno degli imputati.
È il quadro che emerge dalle perquisizioni del Ros nell'indagine che vede indagate tredici persone coinvolte a vario titolo nei cosidetti Bangla Tour, le spedizioni per picchiare in strada cittadini del Bangladesh scelti a caso per la loro etnia. Uno dei luoghi nei quali il pm Sergio Colaiocco ha chiesto di acquisire prove utili a chiudere l’inchiesta è proprio l’ex camera del fascio. Un edificio abbandonato fino al 20o2, quando divenne un centro sociale della nuova destra. Il luogo è stato poi ribattezzato Casa Montag.
Una delle quattro presunte menti dei raid razzisti, Roberto Benignetti, Gabriele Masci, Alessio Costantini, Giovanni Maria Camillacci, tutti vicini al circolo di Forza Nuova di via Lidia, aveva le chiavi del casale e come hanno già accertato gli investigatori almeno due «processi» si sono tenuti nelle sue stanze. Il primo a carico di Daniele De Santis (solo omonimo del presunto omicida di Ciro Esposito), «camerata» autore dello stupro, dopo averle dato della cocaina, di una ex militante di Casa Pound e poi di Forza Nuova. De Santis, bendato, fatto inginocchiare, accerchiato e picchiato con calci, pugni e colpi di manganello nel «rito punitivo», ha subito anche la parziale perdita dell’udito per lo sparo che gli ha sfiorato il viso.
Meno chiare le ragioni del processo a Michele Luly, Matteo Provenzani e Tommaso Pudis che, come recita il capo di imputazione a carico di Coltellacci, Costantini, Alessio Mursia, Alessio Lala, Andrea Di Cosimo e Arnaldo Alessio Evangelista sono stati ritenuti «responsabili di condotte non conformi alle regole del gruppo» e colpevoli di «mancanze caratteriali e comportamentali» forse proprio per prove di «coraggio» legate ai pestaggi. In un cassetto nella «stanza delle punizioni» sono stati trovati gli oggetti per dar seguito ai processi e la spilla nazista in oro.
Rispetto al quadro iniziale delle indagini, invece, va rivisto al ribasso il numero delle aggressioni compiute a danno di bengalesi tra Casilino, Prenestino e Torpignattara. Non sarebbero una cinquantina come raccontato da uno degli autori, un minorenne che ora è in terapia psicologica e farmacologica, ma una trentina. In molti casi non denunciati da chi, non in regola con il permesso di soggiorno, temeva dopo le botte l’espulsione.
Nessun commento: