David Bowie e il nazismo come fatto teatrale
(G.p)Oggi 11 gennaio, dopo una lunga malattia, combattuta con onore, David Bowie è andato oltre.E' stato un grande attore di teatro, una grande rock star, una voce unica e formidabile.
Ora sono in tanti a ricordarlo. Qualcuno anche con non poca ipocrisia. Colpa di alcune uscite politicamente sconvolgenti di Bowie. Come quando nel corso di una intervista a Playboy affermò che Hitler è stato la prima grande rock star ed il nazionalsocialismo una splendida iniezione di morale, oppure quando nel 1976 fece il saluto nazista ad un concerto.
Emiliano Liuzzi, dalle colonne de il Fatto Quotidiano, con un interessante articolo, che proponiamo per interno, ci descrive la carriera artistica di David Bowie, uomo ossessionato dal nazismo e dai libri di Nietzsche. Vedi anche la testimonianza dell'Alter Ugo, il blog di Ugo Maria Tassinari.
La parentesi si chiude nel 1976, quando a un suo concerto fa il saluto nazista. Dice che no, non è vero, ma a Bowie viene perdonato tutto. Perché alla fine a Bowie si può perdonare tutto, come spesso accade per il mondo della musica. Non era di sinistra, sicuramente, ma ha frequentato la New York avanguardista di Andy Warhol, ha lavorato sui testi di William Burroughs, ha scelto, dopo un pellegrinaggio tra Londra, Berlino e in parte l’Italia, di stabilirsi nella città più antifascista dell’universo, New Yorkappunto.
Il resto è stato la trilogia berlinese, Low (1977), “Heroes” (1977) eLodger (1979). Quando riesce a disintossicarti dalla cocaina entra nel mito. Bowie è l’unico artista in grado di conciliare rock e teatro, porta a braccetto il pop e l’avanguardia, le arti visive e la letteratura. Gioca sull’ambiguità sessuale come nessuno mai riuscirà a fare. Fa credere tutto e il suo contrario: “Sono stato omosessuale, non lo sono più. Vado con gli uomini solo quando sono in Giappone”, risponde in maniera più che provocatoria.
E’ perdonato anche per questo perché, come ha scritto Ernesto Assante, “ogni suo cambiamento, ogni sua immagine, hanno contribuito a modellare il nostro immaginario collettivo, a dare corpo ai nostri sogni e ai nostri fantasmi, a muovere e commuovere, a dimostrare che l’arte può essere solo libera o non è, che il rock, piaccia o meno, è stata una delle forme d’arte fondamentali del nostro tempo”.
Qui c’è tutto Bowie. E fino all’ultimo ha fatto la cosa più difficile che possa riuscire un essere umano: non assomigliare a se stesso.
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