Parigi, Massimo Fini sugli allarmi in atto: "L'Isis non ha droni, americani e francesi li hanno..."
(G.p) Pubblicare i finti allarme bomba finisce per fare il gioco dei terroristi. E' come se si ripetesse la stessa vicenda, per fortuna di breve durata, che si verificò dopo gli attacchi alle Torri Gemelle di New York l'undici settembre del 2001 quando scattò il rischio antrace, per grazia di Dio completamente scomparso.
Il giornalista e scrittore, esperto di politica estera Massimo Fini intervista dalla collega Lucia Bigozzi per Intelligonews ragiona sugli effetti degli attentati di Parigi e sulla " firma" di chi li ha portati a termine.
Parigi, Massimo Fini sugli allarmi in atto: "L'Isis non ha droni, americani e francesi li hanno..."
Il giornalista e scrittore, esperto di politica estera Massimo Fini intervista dalla collega Lucia Bigozzi per Intelligonews ragiona sugli effetti degli attentati di Parigi e sulla " firma" di chi li ha portati a termine.
Parigi, Massimo Fini sugli allarmi in atto: "L'Isis non ha droni, americani e francesi li hanno..."
La pubblicizzazione degli allarmi e dei rischi finisce per fare il gioco dei terroristi”. Ne è convinto Massimo Fini, giornalista e scrittore, esperto di politica estera. Con Intelligonews ragiona sugli effetti degli attentati di Parigi e sulla “firma” di chi li ha portati a termine.
Dall’allarme francese su possibili attacchi chimici o con armi batteriologiche fino ai rischi su possibili attentati anche in Italia e ai falsi allarmi a ripetizione un po’ ovunque: tutta questa pubblicizzazione del rischio serve? E a chi fa bene e a chi male?
«Fa male a noi e fa bene agli jihadisti. E’ come se si ripetesse la stessa vicenda – peraltro di breve durata – che si verificò subito dopo gli attacchi alle Torri Gemelle di New York quando scattò il rischio antrace, poi completamente scomparso. Non credo che gli jihadisti abbiano armi chimiche e le sappiano usare. In ogni caso bisogna stare singolarmente calmi. Ieri ho sentito una signora in tv che diceva che è più rischioso fare un incidente alla guida di un’automobile … beh, adesso non esageriamo».
Sta dicendo che l’allarme francese in qualche modo farebbe il gioco mediatico dell’Isis?
«Esattamente, così come il fatto di andare a bombardare in quei territori senza alcuna ragione come abbiamo fatto all’inizio, perché è chiaro che poi si provoca una reazione. L’Iran è nemico dell’Isis eppure gli jihadisti non vanno a fare attentati a Teheran, si combattono frontalmente,. Invece, il disegno dell’Isis è quello di portare la guerra in Occidente, a casa nostra».
Tra le varie ipotesi c’è anche quella per la quale l’Isis potrebbe compiere attacchi terroristici utilizzando droni. E’ uno scenario verosimile rispetto alla dotazione militare di cui possono disporre i jihadisti?
«L’Isis non ha droni e, cosa fondamentale, non ha missili terra-aria che colpiscono gli aerei. Almeno fino ad ora. Eppoi i droni sono strumenti altamente sofisticati di cui dispongono gli americani, i francesi; due droni li hanno regalati anche a noi ma poi bisogna essere in grado di farli funzionare».
Souad Sbai a Intelligonews si interroga se dietro la firma degli attentati di Parigi vi sia Isis o Al-Nusra. Lei che idea si è fatto anche sulla base della metodologia operativa messa in piedi dagli attentatori in Francia?
«In questo momento Isis e Al-Nusra sono quasi la stessa cosa nel senso che sono uniti nella stessa battaglia. Già, tutta la vicenda di Al Qaeda a mio giudizio andrebbe un po’ rivista e sono dell’idea che non sia mai esistita in senso tecnico. L’Isis, invece esiste e in un certo senso si può considerare un prodotto degli errori dell’Occidente».
In Occidente si dice che dobbiamo vivere come sempre ma poi si annullano partite, concerti, e scatta la psicosi da allarme, quasi una sorta di isteria collettiva. Non è una contraddizione?
«Questo aspetto dipende dalla psicologia di ciascuno di noi. Io sto con la signora che dice che è più facile lasciare la pelle in un incidente stradale, anche se è altrettanto vero che per la prima volta ci troviamo in una situazione di vera guerra sferrata anche nel nostro territorio alla quale non siamo psicologicamente preparati. Durante la seconda guerra mondiale, a Milano piovevano bombe per giornate intere; io avevo due anni ma gli adulti di quegli anni lo hanno vissuto da vicino: ecco anche allora noi vivevamo lo stesso. La mia tesi è che sessant’anni di benessere ci hanno infiacchito, indebolito e quindi siamo più esposti a queste isterie. Dopo gli attentati di Parigi sono bastati tre petardi per seminare il panico per strada e a mandare in tilt i parigini. La verità è che non ci siamo più abituati».
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