Latina, quando vanno a braccetto il boss Sinti e il deputato di Fratelli d'Italia
L'area a sud di Roma, da Nettuno a Formia, secondo un'inchiesta della Repubblica. sarebbe una sorta di zona franca per i clan scampati alla grande retata di Mafia Capitale. Nel reportage a tre firme spicca, nel pezzo scritto da Andrea Palladino sul Mondo di sopra nell'Agro Pontino, il racconto del rapporto particolare che lega il capo ultras e il presidente del Latina Calcio, ovvero il boss sinti e il deputato di fratelli d'Italia.
Latina è un laboratorio prima di tutto politico. Qui si sperimentano le alleanze che poi governeranno la destra nel Lazio. È il serbatoio di voti che l'area dell'ex Pdl si contende e si spartisce, passando per accordi, rotture, patti segreti. Da sempre. L'inchiesta "Don't touch" condotta dalla squadra mobile diretta da Tommaso Niglio ha però aperto un nuovo fronte. Attorno alla più classica macchina da guerra del consenso, la squadra di calcio che milita in serie B, è cresciuto un gruppo criminale pericoloso e feroce. Sono i Ciarelli-Di Silvio, di origine Sinti e parenti diretti dei Casamonica romani. Negli anni '90 hanno avuto contrasti diretti con i casalesi che spingevano dal Sud Pontino per entrare nel capoluogo. Carmine Ciarelli, uno dei re di Latina, nel 1996 denunciò un tentativo di estorsione da parte dei Mendico, gruppo legato direttamente a Michele Zagaria. Chiedevano 50 milioni di lire al mese per "mettersi a posto". Iniziò una piccola guerra e i Sinti mantennero il loro potere, crescendo e dominando la città. Nei negozi alla moda di Latina bastava una loro telefonata per avere migliaia di euro in vestiti di marca, senza pagare nulla. I Di Silvio hanno basato il loro potere - e il consenso, quel misto tra ammirazione e sottomissione - sullo sport per eccellenza. Prima la squadra amatoriale del Campo Boario, cresciuta attorno alla zona del Pantanaccio, il quartiere controllato millimetricamente dalla famiglia. Poi il grande salto, il Latina calcio, dove "Cha cha" univa le funzioni di magazziniere con quelle, più di peso, di capo indiscusso della tifoseria. Era lui a decidere chi entrava nello stadio, si legge nelle intercettazioni ambientali dell'inchiesta che ha portato a metà ottobre a 24 arresti e al sequestro di una ventina di imprese, per 12 milioni di euro. Lo faceva forte del rapporto quasi simbiotico - e simbolico - con il presidentissimo Pasquale Maietta. Deputato di Fratelli d'Italia, un passato da nero doc, il politico di Latina oggi si alterna tra la squadra alle prese con il campionato in B, il ruolo di tesoriere del partito alla Camera e la professione di commercialista. Quando a Latina un anno fa minacciarono pesantemente il giudice Lucia Aiello, Maietta preferì passeggiare per Latina insieme a "Cha Cha", il leader emergente del gruppo criminale in ascesa dopo le condanne del processo Caronte che hanno colpito duramente la famiglia dei Ciarelli. E a chi faceva notare l'inopportuna vicinanza Maietta mandava lo stesso Costantino Di Silvio, per risolvere la questione. Un episodio che è costato al deputato l'iscrizione nel registro degli indagati per minacce.
Latina è un laboratorio prima di tutto politico. Qui si sperimentano le alleanze che poi governeranno la destra nel Lazio. È il serbatoio di voti che l'area dell'ex Pdl si contende e si spartisce, passando per accordi, rotture, patti segreti. Da sempre. L'inchiesta "Don't touch" condotta dalla squadra mobile diretta da Tommaso Niglio ha però aperto un nuovo fronte. Attorno alla più classica macchina da guerra del consenso, la squadra di calcio che milita in serie B, è cresciuto un gruppo criminale pericoloso e feroce. Sono i Ciarelli-Di Silvio, di origine Sinti e parenti diretti dei Casamonica romani. Negli anni '90 hanno avuto contrasti diretti con i casalesi che spingevano dal Sud Pontino per entrare nel capoluogo. Carmine Ciarelli, uno dei re di Latina, nel 1996 denunciò un tentativo di estorsione da parte dei Mendico, gruppo legato direttamente a Michele Zagaria. Chiedevano 50 milioni di lire al mese per "mettersi a posto". Iniziò una piccola guerra e i Sinti mantennero il loro potere, crescendo e dominando la città. Nei negozi alla moda di Latina bastava una loro telefonata per avere migliaia di euro in vestiti di marca, senza pagare nulla. I Di Silvio hanno basato il loro potere - e il consenso, quel misto tra ammirazione e sottomissione - sullo sport per eccellenza. Prima la squadra amatoriale del Campo Boario, cresciuta attorno alla zona del Pantanaccio, il quartiere controllato millimetricamente dalla famiglia. Poi il grande salto, il Latina calcio, dove "Cha cha" univa le funzioni di magazziniere con quelle, più di peso, di capo indiscusso della tifoseria. Era lui a decidere chi entrava nello stadio, si legge nelle intercettazioni ambientali dell'inchiesta che ha portato a metà ottobre a 24 arresti e al sequestro di una ventina di imprese, per 12 milioni di euro. Lo faceva forte del rapporto quasi simbiotico - e simbolico - con il presidentissimo Pasquale Maietta. Deputato di Fratelli d'Italia, un passato da nero doc, il politico di Latina oggi si alterna tra la squadra alle prese con il campionato in B, il ruolo di tesoriere del partito alla Camera e la professione di commercialista. Quando a Latina un anno fa minacciarono pesantemente il giudice Lucia Aiello, Maietta preferì passeggiare per Latina insieme a "Cha Cha", il leader emergente del gruppo criminale in ascesa dopo le condanne del processo Caronte che hanno colpito duramente la famiglia dei Ciarelli. E a chi faceva notare l'inopportuna vicinanza Maietta mandava lo stesso Costantino Di Silvio, per risolvere la questione. Un episodio che è costato al deputato l'iscrizione nel registro degli indagati per minacce.
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