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Emergenza profughi tra leggende, sfruttamento, beceraggine e violenza: una rassegna stampa flash




























Una sola città, Brescia, un solo giornale, l'edizione loczale del Corriere della sera, ma nell'home page del sito sono ben quattro le notizie che riguardano l'emergenza profughi, tra leggende metropolitane, reale supersfruttamento, beceraggini e violenze. Ecco una rapida rassegna stampa

I profughi relegati nelle stanze della servitù nel resort di lusso

Piscina a sfioro, campo da golf a sei buche, mobili eleganti e ristorante alla carta con specialità lombarde rivisitate da uno chef di alto livello. A Borgo Machetto, resort quattro stelle lusso di Desenzano del Garda, non manca proprio nulla per una vacanza all’insegna del relax e del bel vivere. Lo hanno pensato anche sei richiedenti asilo spediti venerdì a Borgo Machetto dalla Prefettura di Brescia: quando il cancello di ferro battuto si è spalancato di fronte ai loro occhi hanno gridato al miracolo. Il prato tagliato all’inglese, i bracieri accesi sulla terrazza con vista sul campo da golf, le eleganti famiglie del nord europa rilassate nel patio.
Che i richiedenti asilo siano finiti a Borgo Machetto lo sono venuti a sapere anche i sassi: gli allarmati cittadini hanno composto i numeri degli esponenti locali della Lega Nord e, insieme ai colleghi di Fratelli d’Italia, sono iniziate le proteste. Quello che i manifestanti non sanno è però che i sei richiedenti asilo non usufruiscono dei servizi di Borgo Machetto e nemmeno delle camere degli ospiti. «Ma quale vacanza di lusso, i profughi stanno in due camere triple destinate al personale di servizio che non sono in vendita e che non utilizziamo», esordisce la responsabile Maura. Non è spiazzata e ammette che «Lo spazio c’era ma gli ospiti non vengono a contatto con loro: sono in due stanze che garantiscono la minima dignità della persona».
Niente tv satellitare e playstation: «Non so nemmeno se ci sia l’aria condizionata. A dire la verità i profughi proprio non escono». Già, perchè la struttura alberghiera scelta dalla Prefettura e quindi meritevole dei contributi pubblici ha confinato i profughi dando regole severissime: colazione, pranzo, merenda, cena e eventuali spuntini notturni si fanno negli alloggi. I responsabili dell’hotel, e quindi dei migranti, forniscono giusto il necessario per cucinare: le stanze sono provviste di angolo cottura. Altro che esercitarsi al campo pratica: i sei rifugiati non possono nemmeno uscire per evitare che i clienti notino la loro presenza. «Con i famosi 35 euro noi forniamo il necessario per il loro mantenimento e loro stanno lì senza uscire, hanno una piccola area comune destinata a quelle due stanze». A bando vinto, i giochi sono fatti.,

Una banana come esca per la caccia all'immigrato


«A volte mi vergogno di appartenere alla razza umana, ma forse questa é giusto definirla disumana». La prima reazione al post pubblicato venerdì sera da Valtrompia Identitaria, pagina Facebook che riunisce molti dei cittadini che si battono contro la presenza di 19 richiedenti asilo a Collio, arriva dal vice sindaco di Brescia, Laura Castelletti. Se la condanna ha toni accesi, il post che ha scatenato la bufera è altrettanto duro. 
«Ãˆ ripartita la stagione venatoria in Valle Trompia e con essa il bracconaggio. Ma cosa vorranno cacciare quest’anno?» Il testo non lo dice, ma l’allusione della foto è sottile. Attaccata a quell’archetto, che di solito serve a prendere gli uccellini di frodo, c’è una banana. Un riferimento, implicito, ai profughi, ai «neri», ai rifugiati di Collio, Comune dell’Alta Valtrompia che si ribella ai migranti da ormai un mese tramite le forme di protesta più disparate: la prima sera che arrivarono all’hotel Al Cacciatore i richiedenti asilo vennero riempiti di insulti dai militanti di estrema destra. E uno degli appellativi era, non a caso, «mangiabanane». Così le persone razziste vedono gli essere umani con la pelle scura. Li considerano inferiori, simili, nella loro ottica, alle scimmie che mangiano banane. L’immagine, postata su Facebook, piace a 56 persone. Due commenti? «Cita» e «Tarzan». Ed è stata inserita sul profilo di «Valle Trompia identitaria», la comunità che richiama i valori dell’estrema destra. Tra i «like» quelli di persone che hanno partecipato attivamente alle numerose proteste anti-rifugiati di Collio.
Torna alla mente un caso simile, quello dell’allora ministro Cecilie Kyenge paragonato su Facebook a un orango. Era il 2013 e l’assessore ai Servizi sociali del Comune di Coccaglio, provincia di Brescia, Agostino Pedrali, postò una foto che metteva accanto il volto dell’ex ministro a quello di un orango, scrivendo «Separate alla nascita». Fu costretto a dimettersi, dopo le polemiche.] Torna alla mente un caso simile, quello dell’allora ministro Cecilie Kyenge paragonato su Facebook a un orango. Era il 2013 e l’assessore ai Servizi sociali del Comune di Coccaglio, provincia di Brescia, Agostino Pedrali, postò una foto che metteva accanto il volto dell’ex ministro a quello di un orango, scrivendo «Separate alla nascita». Fu costretto a dimettersi, dopo le polemiche.

I profughi e l'hub di Montichiari. Per il prefetto forse non basterà
Oltre all’emergenza, che è il primo livello, l’accoglienza dei profughi passa attraverso un progetto di integrazione virtuoso, lo Sprar. Un sistema che oggi conta 141 posti (nel bresciano) ma potrebbe presto allargarsi. A presentare tutte le novità del nuovo bando - il 14 ottobre - sarà Mario Morcone, capo del dipartimento per le Libertà civili e l’Immigrazione del ministero degli Interni. Se il Viminale manda uno dei suoi dirigenti-chiave a Brescia, è perché qui i progetti Sprar hanno radici profonde (K-Pax, Adl Zavidovici), anche se il dibattito politico resta acceso: i profughi accolti ad oggi in una sessantina di paesi della provincia sono 1.167.
«Speriamo che l’accoglienza integrata - dice il prefetto di Brescia, Valerio Valenti - possa crescere. Il sistema deve andare di pari passo con la gestione ordinaria».
Intanto si fa strada la tesi che Montichiari non sia l’unico «hub» della Lombardia: potrebbero esserci altri centri, in province diverse da Brescia. «Ãˆ un’ipotesi su cui si sta ragionando» conferma Valenti. Il prefetto, dopo le difficoltà di luglio e agosto, ha visto ridursi i numeri rispetto agli sbarchi estivi. «C’è stato un rallentamento - dice -, ma non un vero cambiamento». Ieri a Brescia sono arrivate cinque persone, a fine agosto il ritmo era di venti rifugiati al giorno. È necessario organizzarsi per tempo. Ed è in questa logica che rientra anche l’hub di Montichiari.
Nell’ex caserma Serini verrà realizzato un centro di smistamento, in grado di ospitare, temporaneamente, trecento profughi. Montichiari sarebbe funzionale ad un’area vasta, come la Lombardia orientale. Tuttavia, per una maggiore distribuzione dei profughi in tutta la Lombardia il centro di Bresso e la Serini potrebbero non essere gli unici «hub». Non si escludono strutture in altre province, come Varese. Il prefetto non conferma alcuna città né provincia, ma ricorda che l’hub di Montichiari «rientra in un progetto condiviso, da gestire con Milano». Sulla Serini, insomma, nessun passo indietro. «Il mio ruolo è supportare le decisioni del governo - sottolinea il prefetto -, e adoperarmi perché il progetto non resti nel cassetto». Lo vorrebbe invece l’assessore Mauro Parolini (Ncd), che ha chiamato il ministro Alfano per dirgli che «l’hub a Montichiari non va bene. La caserma è a due passi da un aeroporto - ricorda - e la prima volta che i profughi decideranno di scioperare potrebbero interrompere il servizio cargo».

Petardi contro l'hotel dei profughi a Collio e foglio di via agli antagonisti

Non solo manifestazioni e proteste contro i profughi, ma anche petardi. Domenica sera, a Collio, qualcuno è salito a San Colombano, ha raggiunto l'albergo Al Cacciatore – dove alloggiano 19 profughi – e ha lanciato un petardo. Ha scelto il retro, dove non c'è la vigilanza dei Carabinieri, e poi via, nel buio della notte. Nessuno si è fatto male, niente finestre sfondate, ma il messaggio sembrerebbe chiaro. Di diverso avviso il primo cittadino di Collio, Mirella Zanini. “Non mi sembra una notizia rilevante. Devo commentare qualsiasi cosa succede a Collio?” risponde il sindaco. Che non era a conoscenza dell'accaduto e aggiunge: “non sappiamo nemmeno chi l'ha lanciato, quel petardo”. Di persona l'amministratore non andrà a verificare («ho mille cose da fare»), ci hanno già pensato le forze dell'ordine. I carabinieri della compagnia di Gardone Val Trompia controllano ventiquattrore su ventiquattro la struttura alberghiera, con due militari.
A lanciare i petardi potrebbero essere stati dei ragazzini, o forse qualcuno dell'estrema destra, tra le cui fila c'è già una serie di indagati per i sassi lanciati la sera in cui arrivarono i profughi, a fine agosto. Confermati invece sei i fogli di via che la Questura ha comminato a sei militanti dell'estrema destra che il 5 settembre scorso tentarono di sfondare il cordone della Polizia. Tre invece i fogli di via consegnati alla sinistra antagonista per non aver rispettato i limiti del corteo (sempre 5 settembre): uno ad un appartenente al Comitato antifascista e due a persone che fanno parte del Centro sociale 28 maggio di Rovato.

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