All'Ugl l'oscar della litigiosità: le riunioni trasformate in ring
(Gp) La querelle interna all'Ugl, salvo sorprese dell'ultima ora, è finita. Nella giornata di sabato 29 agosto il Consiglio nazionale del sindacato ha eletto Francesco Capone come segretario.
Capone, per amore della verità, a seguito dell'ordinanza del giudice Cecilia Bernardo del 6 agosto era stato sospeso.
In una nota, diffusa alla stampa, l'Unione Generale del Lavoro sottolinea la ritrovata unità interna precisando come la candidatura di Francesco Capone abbia avuto il sostegno di 24 Federazioni nazionali e di diverse altre strutture nazionali che rappresentano più del 90% dell'organizzazione.
Il neo segretario ha ottenuto 136 voti, rispetto al quorum fissato dal giudice a 127 e corrispondente ai due terzi del Consiglio.
Francesco Capone ha precisato che ora si aprirà una fase nuova che vedrà l'Ugl sempre più protagonista e presente nella strenua difesa dei diritti dei lavoratori.
Il collega Pietro De Leo sul quotidiano romano Il Tempo, sapientemente descrive la storia dell'Unione Generale del Lavoro dell'ultimo anno, caratterizzato da una eccessività litigiosità con riunioni trasformate in veri e propri ring.
Articolo che proponiamo ai nostri lettori interamente.
Al sindacato l’oscar della litigiosità Le riunioni trasformate in ring
Voi credete che il sindacato sia roba sopraffina, antologia di, grafici, dati, antologia di manifestazioni e trattative fiume? Vero, ma non solo. Esiste materia anche per palati profani. Prendiamo la storia dell’Ugl dell’ultimo anno. Partiamo dal Consiglio Nazionale di Montesilvano (provincia di Pescara) del 29 ottobre del 2014, basta fare qualche semplice ricerca su youtube. In un video caricato, alla persona che stava realizzando la ripresa, presumibilmente con un telefonino, si para davanti un signore, giacca chiara sopra una polo a righe orizzontali, fare minaccioso. «Perché ce l’hai con me?», chiede l’operatore naif. «Non me piace che fotografi, capisci?» incalza l’altro. Che poi gli illustra la sua filosofia: «Io sono abituato a fare a botte, ma fra di noi. E finito fra di noi, poi vengo a prendere il caffè con te». Insomma, qualche schiaffone d’affetto, come nei film di Bombolo e Tomas Milian. E di schiaffoni ne sono volati tanti, in quell’assise, come riportano le cronache di quei giorni, che raccontano di un intervento di Forze dell’Ordine e 118. Sempre youtube ci aiuta a prendere contezza: carte che volano, spintoni, il tavolo della presidenza che viene quasi travolto, sedie buttate via. E una coda di dichiarazioni al veleno e carte bollate tra le due correnti, quella di Paolo Capone, che pareva uscito vincitore dall’assise, e il competitor Salvatore Muscarella. Altra convocazione, altre emozioni. Stavolta a Roma, al centro Congressi Cavour, 20 dicembre. Pure lì scoppia la gazzarra che richiede, di nuovo, l’intervento della polizia. Il bollettino di guerra rende due persone (addette alla sicurezza, spiegherà un comunicato della segreteria confederale del sindacato), medicate all’Umberto I. Lo zenith si raggiunge però nel febbraio di quest’anno. Data fondamentale è il 5, quando il Tribunale di Roma, analizzando i verbali del tumultuoso consiglio nazionale di ottobre, sancisce la rimozione di Paolo Capone dalla carica di segretario. A quel punto, il 9, la fazione avversa tenta l’ingresso nella sede nazionale di Via delle Botteghe Oscure per tenere una conferenza stampa, trovando la porta sbarrata. E succede il caos. Luca Malcotti, esponente del sindacato vicino a Capone ed attualmente consigliere Regionale del Lazio, finisce in ospedale e così racconta all’Adnkronos: «mi sono ritrovato tra i manifestanti e la porta e ho subito prima una serie di provocazioni e poi sono stato aggredito. Mi hanno preso, spintonato e buttato a terra». Secondo gli avversari di «Ripartire dal Territorio», Malcotti invece si sarebbe piazzato davanti alla porta per impedire l’ingresso negli uffici. Renata Polverini, che non ha mai rescisso il legame con l’Ugl di cui fu leader dal 2006 al 2010, parla di «episodio gravissimo», incolpando dell’«assalto» nientemeno che «alcuni componenti di Casapound che hanno tentato di sfondare la porta». Il coinvolgimento di Casapound, poi, è smentito a stretto giro. Per la cronaca, poi i sostenitori di Muscarella riescono ad espugnare il fortino passando dalle scale di sicurezza. Il 10 febbraio entra in scena, o meglio, sale sul ring, Renata Polverini: va in sede, entra nella stanza dov’era riunita la componente di Muscarella e, secondo le testimonianze, scaglia contro l’esponente Danilo Scipio. Poi, per la tensione ha un mancamento e viene chiamata l’ambulanza. Gli scontri, però, finiscono a Roma. Anche a Taranto il segretario locale impedisce l’accesso in sede agli oppositori di Capone, e pure in quel caso è necessario l’intervento delle Forze dell’Ordine. Il 20 febbraio, poi, viene riconvocato il Consiglio Nazionale, che elegge di nuovo Capone. Di nuovo polemiche e ricorsi. E, tra le altre cose, un’altra occupazione della sede di via delle Botteghe Oscure, da parte di dirigenti e militanti di diverse regioni d’Italia in protesta contro Capone. Un’iniziativa costellata da un piccolo giallo. I ribelli lamentano che la polizia, accorsa all’ingresso della sede, impedirebbe l’approvvigionamento di acqua e viveri forniti da sodali rimasti fuori. La Questura, però, tramite sue fonti smentisce la circostanza. E poi si arriva a ieri, con l’elezione di Capone numero tre. «Allora sei davvero di coccio», accoglie così la notizia tale Mimmo sulla pagina Facebook dell’Ugl. Alla fine, meglio una risata. E dopo le botte, magari un buon caffè tutti insieme
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