26 agosto 1974/2 - La morte del comandante Borghese nel ricordo di Stefano Delle Chiaie
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(umt) Il post precedente, con la testimonianza di Adriano Tilgher sui funerali del comandante Borghese, ha innescato un'appassionata discussione sulla mia pagina facebook, con amici che hanno ricordato la loro partecipazione, il ruolo giocato dai militanti del Fronte della gioventù di Sommacampagna, guidati da Teodoro Buontempo nello svolgere il servizio d'ordine a Santa Maria Maggiore, l'atmosfera indescrivibile di tensione e poi di euforia dopo il "sequestro" della bara, fino al limite della caciara. Ora vi offriamo un'altra testimonianza "seria", quella di Stefano Delle Chiaie che, tra le altre cose, nell'Aquila e il Condor, racconta il principio e l'esito tragico del rapporto con il Comandante. Nella foto: l'omaggio stamattina di un gruppo di avanguardisti alla tomba del principe Borghese. Tra gli altri sono riconoscibili Claudio Monacelli, Vincenzo Nardulli, Bruno Di Luia
IL LABARO - Avevo conosciuto il comandante Borghese nella mia sezione del Msi di via Solunto nel 1953 in occasione delle elezioni politiche. Era uno dei miti della nostra tradizione, quella dell'Onore e della fedeltà, in contrasto con chi aveva voltato le spalle e ceduto al nemico. Mi colpì il suo atteggiamento autoritario trasmesso con una semplicità cameratesca che lo rendeva unico, tra quelli che avevo incontrato fino ad allora. Non mi interessava, né mi interesserà in seguito, storicizzare le sue imoprese. Non erano le date che mi affascinavano, ma gli eventi sospesi in un tempo indeterminato che avevano segnato la sua vita di soldato insieme con quella parte, che malgrado tutto, aveva continuato a combattere. Parlò e si intrattenne pazientemente con noi, subendo le nostre domande di giovani gelosi di una vicenda che ci era stata negata per una condanna anagrafica. Gli chiesi di firmare il nostro labaro sul quale scrisse : Alla sezione Appio Latino Metronio del Msi, ottima sezione. A ricordo delle elezioni 7 giugno 1953. Valerio Borghese
Conservo ancora quel labaro. Quando abbandonai il Msi lo portai con me. Ho subito innumerevoli perquisizioni e sequestri, ma quel labaro è ancora lì, tra le mie poche cose più care, avvolto, per proteggerlo, in una bandiera tricoloreIL PRESAGIO DELLA FINE (...) In agosto(1974) lasciai la Spagna per raggiungere l'Italia e preparare il rientro del comandante. Mi congedai da lui davanti all'entrata dell'Hotel, nostro abituale ritrovo. Gli dissi: a presto Comandante! Si Dios quiere.. Se Dio lo vorrà. Frase che mi tornerà spesso alla mente come suo presagio all'imminente fine.Una sera di fine agosto, uno dei camerati che erano rifugiati in Grecia, ci disse che gli sembrava di aver sentito per radio che Borghese era morto. Con Lello (Graziani) telefonammo a Madrid per controllare la notizia. Speravo in un errore. Invece dalla Spagna ci arrivò la conferma..
IL RIMPATRIO - Rientrai in Italia clandestinamente. Livio, figlio del comandante, aveva chiesto il rimpatrio della sala del padre, che venne concesso, senza l'onore delle armi che di diritto gli sarebbe spettato quale medaglio d'oro al valore militare. Inoltre il governo volle garanzie che non ci sarebbero state manifestazioni di omaggio. Livio fu costretto ad accettare. Ma noi no! Alla basilica di Santa Maria Maggiore, a Roma, dove c'è la cappella della famiglia Borghese, il giorno del funerale, il 2 settembre, confluì una grande folla. Moltissimi militanti di Avanguardia erano a Roma per rendere l'ultimo omaggio al Principe. La bara fu portata a spalla e fu fatta entrare dalla porta principale. Io ero in una casa, in zona Ardeatina, e lì attesi Livio, Andrea Scirè e l'altro figlio di Borghese ed i responsabili di Avanguardia delle altre città... Rimanemmo insieme l'intera notte e commentammo l'ostilità di alcuni dirigenti del Msi all'omaggio che avemmo voluto riservare al comandante. Livio ed Andrea Scirè pubblicarono su un quotidiano un saluto ai giovani che erano presenti alle esequie del padre. Una risposta a quanti ci avevano criticato
[testo scelto da Giuseppe Parente]
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