Strage di Brescia, il br Marra e le accuse di Franceschini: macché infiltrato, sono un pescivendolo stalinista
Da qualche tempo alle mie pagine su Facebook si è aggiunto, come spazio di discussione dei temi sviluppati nel blog, il gruppo Interfaccia, un luogo di discussione sugli anni Settanta. Negli ultimi giorni fervono le discussioni sulla strage di Brescia. Qualcuno ha evocato, tra gli altri, la figura di Francesco Marra, accusato da Alberto Franceschini di essere stato un infiltrato nelle prime Brigate Rosse, in relazione alla convulsa primavera del 1974, segnata dal sequestro Sossi e, appunto, dalla strage di Brescia. Mi sembra quindi opportuno riproporre integralmente il testo di un'intervista da lui concessa a Il buio, rivista dell'area antagonista milanese, nel lontano 2008, in occasione della pubblicazione del libro intervista "Che cosa sono le Br" in cui appunto il fondatore delle Br lancia le sue accuse ...
Dopo aver pubblicato la lettera a Giovanni Fasanella la scorsa settimana, vi proponiamo l’intervista al signor Francesco Marra. Lo facciamo, oltre che per completezza d’informazione, per dare voce a chi è vittima dell’attività infame di pentiti e spie prezzolate. Nell’intervista sono citati nomi, fatti e situazioni nel merito dei quali non entreremo per più di un motivo. Invitiamo, comunque, chi volesse saperne di più a consultare l’ampia pubblicistica esistente sul fenomeno della guerriglia urbana.
Suggerendogli nel contempo, di evitare come la peste la produzione libraria direttamente o indirettamente riconducibile a pentiti, dissociati, provocatori e venduti. Da ultimo assicuriamo senz’altro la nostra ospitalità a contributi su questo argomento e su quelli ad esso connessi.
Vorremmo, innanzitutto, che ti presentassi…
Voglio raccontare alcune vicende per far capire a chi legge che io non sono né un vigliacco, né un traditore. Per poter dare la mia versione dei fatti alterati ad arte dal signor Franceschini.
Io sono comunista e morirò comunista. Sono stalinista, lo dico subito. La mia militanza è cominciata quando ero a militare (parliamo della fine degli anni ’50, ndr). Fui punito perché leggevo l’Unità. Allora, in caserma, non si poteva leggere quel giornale, e solo quello. Successivamente, tornando a casa, mi iscrissi al PCI nella sezione di Musocco. Oltre alla classica attività di partito andavamo alla manifestazioni a favore del Viet Nam e successivamente, non soddisfatto della scarsa attività di partito, iniziai insieme ad altri a fare le lotte sociali nel nostro quartiere. La nostra base era il centro sociale di Quarto Oggiaro. Una sera fummo attaccati dai fascisti che spararono, ferendo il pittore Coco e, fortunatamente, schivandomi, mentre gridavano “Marra ti ammazziamo”. Successivamente se la presero con la mia auto, rovesciandola e bucandola. Arrivò la polizia e sparirono.
La notte del 21 giugno del 1971, sotto casa, mi fecero saltare l’auto col tritolo, tanto che alcuni compagni che non conosco, ma che ringrazio, per vendetta fecero saltare alcune auto dei fascisti.
Da quel momento ci fu una lotta senza esclusione di colpi tra comunisti e fascisti. La polizia faceva ronde giorno e notte in quartiere. La maggior parte dei fascisti erano spacciatori di droga che al tempo dilagava e salvai molti giovani facendo fare loro molte attività di quartiere.
In effetti non ci sembra una militanza da spia…
Vorrei sapere su che cosa si basa il signor Franceschini per sostenere che io sono una spia dei servizi segreti. (Ironico, ndr) Fosse vero! Così avrei avuto un buono stipendio! Invece faccio il pescivendolo da qualche decennio e mi sveglio tutte le mattine alle quattro e mezza…
Probabilmente Franceschini l’ho anche conosciuto in qualche occasione, come potrebbe essere una manifestazione di piazza all’epoca, ma senza nemmeno sapere chi era, dato che allora si usava presentarsi senza il proprio nome. Da lui, insisto,vorrei sapere su quali elementi si basa per sostenere il fatto che io sono stato una spia all’interno delle Brigate Rosse.
Giusto per chiarire i termini della discussione, sottolineo che nella mia vita sono stato solo due volte al commissariato di Musocco e per delle ragioni ben precise. La prima volta perché, come raccontavo, mi danneggiarono l’auto fuori dal centro sociale di Quarto Oggiaro, ed una seconda quando me la fecero saltare i fascisti fuori da casa con un chilo di tritolo; andai là a denunciare l’accaduto. Specifico che di questi episodi esistono fotografie e documentazioni dell’epoca ancora reperibili. Oltretutto, la polizia, per evitare altri incidenti, faceva pattugliare il mio negozio a Novate Milanese, tanto da crearmi problemi. La gente, vedendo i poliziotti, non entrava più e fui addirittura costretto a tornare al commissariato per chiedere di toglierli da lì.
Sempre per tenere lontano la polizia, quando c’erano le manifestazioni di quartiere segnalavo i numeri di targa dei fascisti che venivano da Como e da Varese per aggredirci. Specifico, a scanso di equivoci, che questa attività era risaputa dai compagni di Quarto Oggiaro, perché tutto quello che facevo i compagni lo sapevano. Quelli che ancora ci sono possono testimoniare quello che sostengo. Se ero una spia, secondo voi, non avrei fatto arrestare qualcuno? Io, questi sono fatti e non illazioni, non ho mai fatto arrestare nessuno.
Arriviamo dunque in maniera specifica alle accuse di Franceschini. Partiamo dai giorni nostri. Per una precedente pubblicazione, nel 2001 tu intentasti un procedimento per diffamazione contro di lui e Flamigni. Il fatto che il giudice ti abbia dato torto, fa dire a Franceschini che è definitivamente dimostrato che sei un infiltrato.
Preciso che io querelai per diffamazione Franceschini e Flamigni per le cose che scrissero su un libro in cui, per l’ennesima volta, si sosteneva che io fossi un agente infiltrato nelle Brigate Rosse. E faccio notare, inoltre, come Franceschini prenda per Vangelo le sentenze dei tribunali.
Invece, se leggiamo le motivazioni della sentenza conclusiva che mi dà torto, siamo di fronte ad un assurdo logico. Secondo tale sentenza, infatti, io non potrei lamentarmi di essere tacciato come “infiltrato”, perché ho dichiarato di aver collaborato con la polizia di Musocco rispetto all’attentato alla mia auto, quello di cui parlavamo prima!
Ogni persona che ha un briciolo di intelligenza può capire la differenza che passa tra “collaborare” con la polizia per le più svariate ragioni imposte dalla vita quotidiana, come la denuncia di un furto, ed il collaborare con il Ministero degli Interni in quanto agente provocatore. Chiunque si è recato in una caserma per denunciare, chessò, un furto di documenti o di una bicicletta è un “agente del Ministero degli Interni”? Sembra una storiella, ma è la mia situazione reale.
Capisco anche che, per qualcuno, essere un agente del Ministero degli Interni possa non apparire un’accusa, ma per fortuna non tutti sono obbligati ad identificarsi totalmente con lo stato, come volevano, per inciso, Mussolini ed il fascismo… Per me è un fatto gravissimo che mi si addebiti questa illazione.
Altra questione da chiarire, apparsa sul libro, sarebbe la presunta rivelazione di Giraudo a Franceschini secondo la quale, durante il militare, ti saresti addestrato in Sardegna per imparare a gambizzare e che viene utilizzata come prova rilevante a sostegno dell’accusa che ti muovono…
Io, fino ad oggi, non ho mai visto la Sardegna. Non ci sono mai stato nemmeno in vacanza. A parte questo, sottolineo, ancora una volta, le incongruenze dei fatti che vengono descritti. Giraudo dichiara che per trovare informazioni su di me fece molta fatica, quando è impensabile che un alto ufficiale dei carabinieri possa aver problemi a vedere la scheda del servizio militare di una persona. Scheda in cui c’è segnato tutto: spostamenti e luoghi in cui agivo, le attività militari che avevo svolto, ecc. E non c’è sicuramente scritto che sono stato in Sardegna… Tra l’altro non avevo nemmeno ruoli direttamente operativi sul campo.
Infine, volevo sottolineare che i militari, paracadutisti in testa, non vengono addestrati a gambizzare, ma solo ad uccidere. Perché avrebbero dovuto insegnarmi una cosa assolutamente inutile? Se uno sa sparare, sa come uccidere una persona oppure evitare di farlo.
Passiamo ad altre accuse che, ovviamente, sono la conseguenza della nota predisposizione di Franceschini alla provocazione. In un passaggio, dopo il solito giro di illazioni, sostiene che è strano che Bonavita non abbia fatto il tuo nome…
Siamo al ridicolo! E’ semplicemente una questione di logica che, evidentemente, il signor Franceschini non possiede. Ragioniamo per passi. E’ evidente che Bonavita, non ha fatto il mjo nome. E’ evidente che se nessuno ha fatto il mio nome io sia rimasto libero e non abbia avuto ripercussioni giudiziarie. E’, infine, evidente, che se Bonavita avesse fatto il mio nome e fossi rimasto libero vi sarebbero stati pochi dubbi sul fatto che io ero un infiltrato!
Non stiamo parlando di opinioni, ma di semplice logica, una delle cose in cui è carente Franceschini, insieme alla dignità.
Già che ci siamo, voglio anticiparvi un’altra oscenità scritta sul libro che ricalca la stessa mancanza di logica.
Innanzi tutto ci sono delle allusioni all’organizzazione e soprattutto all’attuazione del sequestro di Aldo Moro. Insinua, il signor Franceschini, che difficilmente io non potrei essere stato presente data la mia preparazione militare.
Innanzi tutto voglio far notare l’artificio verbale utilizzato: Franceschini insinua un dubbio per poi farlo apparire come un fatto assodato. Poi, faccio notare che lui stesso, da dissociato mentale quale è, sostiene che, in galera, loro non sapevano nulla dell’azione preparata contro Moro. Come fa, allora, a sapere chi ne faceva parte? Saremmo al ridicolo se non fossero cose così serie.
Hai altro da aggiungere?
Infine, perché continuare a rispondere a certe porcate nei particolari mi viene il fegato marcio, volevo porre all’attenzione un semplice fatto, che esula da illazioni e commenti. Io vengo accusato di essere un infiltrato, una spia. Ma se tutte le azioni che mi vengono messe in conto sono andate a buon fine e nessuno è mai andato in galera per colpa mia cosa avrei fatto? Gli infiltrati servono a questo. Ma anche qui siamo di fronte a questioni logiche che non mi interessa far capire a Franceschini e chi scrive con lui, ma a tutti i compagni che non devono cadere in queste provocazioni e dare credito a questi relitti della storia. Io, da parte mia, voglio solo che queste sconcezze non diventino “verità ufficiali”, perlomeno nell’ambito dei compagni, che, magari, semplicemente, non hanno altre fonti di informazione sugli accadimenti di quegli anni. Sono tranquillo. Come diceva qualcuno: ”la storia mi assolverà”.
Intervista a Francesco Marra. Una vittima dell’attività infame di pentiti e dissociati
Dopo aver pubblicato la lettera a Giovanni Fasanella la scorsa settimana, vi proponiamo l’intervista al signor Francesco Marra. Lo facciamo, oltre che per completezza d’informazione, per dare voce a chi è vittima dell’attività infame di pentiti e spie prezzolate. Nell’intervista sono citati nomi, fatti e situazioni nel merito dei quali non entreremo per più di un motivo. Invitiamo, comunque, chi volesse saperne di più a consultare l’ampia pubblicistica esistente sul fenomeno della guerriglia urbana.
Suggerendogli nel contempo, di evitare come la peste la produzione libraria direttamente o indirettamente riconducibile a pentiti, dissociati, provocatori e venduti. Da ultimo assicuriamo senz’altro la nostra ospitalità a contributi su questo argomento e su quelli ad esso connessi.
Vorremmo, innanzitutto, che ti presentassi…
Voglio raccontare alcune vicende per far capire a chi legge che io non sono né un vigliacco, né un traditore. Per poter dare la mia versione dei fatti alterati ad arte dal signor Franceschini.
Io sono comunista e morirò comunista. Sono stalinista, lo dico subito. La mia militanza è cominciata quando ero a militare (parliamo della fine degli anni ’50, ndr). Fui punito perché leggevo l’Unità. Allora, in caserma, non si poteva leggere quel giornale, e solo quello. Successivamente, tornando a casa, mi iscrissi al PCI nella sezione di Musocco. Oltre alla classica attività di partito andavamo alla manifestazioni a favore del Viet Nam e successivamente, non soddisfatto della scarsa attività di partito, iniziai insieme ad altri a fare le lotte sociali nel nostro quartiere. La nostra base era il centro sociale di Quarto Oggiaro. Una sera fummo attaccati dai fascisti che spararono, ferendo il pittore Coco e, fortunatamente, schivandomi, mentre gridavano “Marra ti ammazziamo”. Successivamente se la presero con la mia auto, rovesciandola e bucandola. Arrivò la polizia e sparirono.
La notte del 21 giugno del 1971, sotto casa, mi fecero saltare l’auto col tritolo, tanto che alcuni compagni che non conosco, ma che ringrazio, per vendetta fecero saltare alcune auto dei fascisti.
Da quel momento ci fu una lotta senza esclusione di colpi tra comunisti e fascisti. La polizia faceva ronde giorno e notte in quartiere. La maggior parte dei fascisti erano spacciatori di droga che al tempo dilagava e salvai molti giovani facendo fare loro molte attività di quartiere.
In effetti non ci sembra una militanza da spia…
Vorrei sapere su che cosa si basa il signor Franceschini per sostenere che io sono una spia dei servizi segreti. (Ironico, ndr) Fosse vero! Così avrei avuto un buono stipendio! Invece faccio il pescivendolo da qualche decennio e mi sveglio tutte le mattine alle quattro e mezza…
Probabilmente Franceschini l’ho anche conosciuto in qualche occasione, come potrebbe essere una manifestazione di piazza all’epoca, ma senza nemmeno sapere chi era, dato che allora si usava presentarsi senza il proprio nome. Da lui, insisto,vorrei sapere su quali elementi si basa per sostenere il fatto che io sono stato una spia all’interno delle Brigate Rosse.
Giusto per chiarire i termini della discussione, sottolineo che nella mia vita sono stato solo due volte al commissariato di Musocco e per delle ragioni ben precise. La prima volta perché, come raccontavo, mi danneggiarono l’auto fuori dal centro sociale di Quarto Oggiaro, ed una seconda quando me la fecero saltare i fascisti fuori da casa con un chilo di tritolo; andai là a denunciare l’accaduto. Specifico che di questi episodi esistono fotografie e documentazioni dell’epoca ancora reperibili. Oltretutto, la polizia, per evitare altri incidenti, faceva pattugliare il mio negozio a Novate Milanese, tanto da crearmi problemi. La gente, vedendo i poliziotti, non entrava più e fui addirittura costretto a tornare al commissariato per chiedere di toglierli da lì.
Sempre per tenere lontano la polizia, quando c’erano le manifestazioni di quartiere segnalavo i numeri di targa dei fascisti che venivano da Como e da Varese per aggredirci. Specifico, a scanso di equivoci, che questa attività era risaputa dai compagni di Quarto Oggiaro, perché tutto quello che facevo i compagni lo sapevano. Quelli che ancora ci sono possono testimoniare quello che sostengo. Se ero una spia, secondo voi, non avrei fatto arrestare qualcuno? Io, questi sono fatti e non illazioni, non ho mai fatto arrestare nessuno.
Arriviamo dunque in maniera specifica alle accuse di Franceschini. Partiamo dai giorni nostri. Per una precedente pubblicazione, nel 2001 tu intentasti un procedimento per diffamazione contro di lui e Flamigni. Il fatto che il giudice ti abbia dato torto, fa dire a Franceschini che è definitivamente dimostrato che sei un infiltrato.
Preciso che io querelai per diffamazione Franceschini e Flamigni per le cose che scrissero su un libro in cui, per l’ennesima volta, si sosteneva che io fossi un agente infiltrato nelle Brigate Rosse. E faccio notare, inoltre, come Franceschini prenda per Vangelo le sentenze dei tribunali.
Invece, se leggiamo le motivazioni della sentenza conclusiva che mi dà torto, siamo di fronte ad un assurdo logico. Secondo tale sentenza, infatti, io non potrei lamentarmi di essere tacciato come “infiltrato”, perché ho dichiarato di aver collaborato con la polizia di Musocco rispetto all’attentato alla mia auto, quello di cui parlavamo prima!
Ogni persona che ha un briciolo di intelligenza può capire la differenza che passa tra “collaborare” con la polizia per le più svariate ragioni imposte dalla vita quotidiana, come la denuncia di un furto, ed il collaborare con il Ministero degli Interni in quanto agente provocatore. Chiunque si è recato in una caserma per denunciare, chessò, un furto di documenti o di una bicicletta è un “agente del Ministero degli Interni”? Sembra una storiella, ma è la mia situazione reale.
Capisco anche che, per qualcuno, essere un agente del Ministero degli Interni possa non apparire un’accusa, ma per fortuna non tutti sono obbligati ad identificarsi totalmente con lo stato, come volevano, per inciso, Mussolini ed il fascismo… Per me è un fatto gravissimo che mi si addebiti questa illazione.
Altra questione da chiarire, apparsa sul libro, sarebbe la presunta rivelazione di Giraudo a Franceschini secondo la quale, durante il militare, ti saresti addestrato in Sardegna per imparare a gambizzare e che viene utilizzata come prova rilevante a sostegno dell’accusa che ti muovono…
Io, fino ad oggi, non ho mai visto la Sardegna. Non ci sono mai stato nemmeno in vacanza. A parte questo, sottolineo, ancora una volta, le incongruenze dei fatti che vengono descritti. Giraudo dichiara che per trovare informazioni su di me fece molta fatica, quando è impensabile che un alto ufficiale dei carabinieri possa aver problemi a vedere la scheda del servizio militare di una persona. Scheda in cui c’è segnato tutto: spostamenti e luoghi in cui agivo, le attività militari che avevo svolto, ecc. E non c’è sicuramente scritto che sono stato in Sardegna… Tra l’altro non avevo nemmeno ruoli direttamente operativi sul campo.
Infine, volevo sottolineare che i militari, paracadutisti in testa, non vengono addestrati a gambizzare, ma solo ad uccidere. Perché avrebbero dovuto insegnarmi una cosa assolutamente inutile? Se uno sa sparare, sa come uccidere una persona oppure evitare di farlo.
Passiamo ad altre accuse che, ovviamente, sono la conseguenza della nota predisposizione di Franceschini alla provocazione. In un passaggio, dopo il solito giro di illazioni, sostiene che è strano che Bonavita non abbia fatto il tuo nome…
Siamo al ridicolo! E’ semplicemente una questione di logica che, evidentemente, il signor Franceschini non possiede. Ragioniamo per passi. E’ evidente che Bonavita, non ha fatto il mjo nome. E’ evidente che se nessuno ha fatto il mio nome io sia rimasto libero e non abbia avuto ripercussioni giudiziarie. E’, infine, evidente, che se Bonavita avesse fatto il mio nome e fossi rimasto libero vi sarebbero stati pochi dubbi sul fatto che io ero un infiltrato!
Non stiamo parlando di opinioni, ma di semplice logica, una delle cose in cui è carente Franceschini, insieme alla dignità.
Già che ci siamo, voglio anticiparvi un’altra oscenità scritta sul libro che ricalca la stessa mancanza di logica.
Innanzi tutto ci sono delle allusioni all’organizzazione e soprattutto all’attuazione del sequestro di Aldo Moro. Insinua, il signor Franceschini, che difficilmente io non potrei essere stato presente data la mia preparazione militare.
Innanzi tutto voglio far notare l’artificio verbale utilizzato: Franceschini insinua un dubbio per poi farlo apparire come un fatto assodato. Poi, faccio notare che lui stesso, da dissociato mentale quale è, sostiene che, in galera, loro non sapevano nulla dell’azione preparata contro Moro. Come fa, allora, a sapere chi ne faceva parte? Saremmo al ridicolo se non fossero cose così serie.
Hai altro da aggiungere?
Infine, perché continuare a rispondere a certe porcate nei particolari mi viene il fegato marcio, volevo porre all’attenzione un semplice fatto, che esula da illazioni e commenti. Io vengo accusato di essere un infiltrato, una spia. Ma se tutte le azioni che mi vengono messe in conto sono andate a buon fine e nessuno è mai andato in galera per colpa mia cosa avrei fatto? Gli infiltrati servono a questo. Ma anche qui siamo di fronte a questioni logiche che non mi interessa far capire a Franceschini e chi scrive con lui, ma a tutti i compagni che non devono cadere in queste provocazioni e dare credito a questi relitti della storia. Io, da parte mia, voglio solo che queste sconcezze non diventino “verità ufficiali”, perlomeno nell’ambito dei compagni, che, magari, semplicemente, non hanno altre fonti di informazione sugli accadimenti di quegli anni. Sono tranquillo. Come diceva qualcuno: ”la storia mi assolverà”.
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