Il mistero della strage di Brescia - 1/ Le intercettazioni tra Raho e Battiston aprono la pista veneta
Finita la sbornia elettorale riprendiamo il dibattito sulla strage di Brescia, aperto in occasione di un'intervista di Vincenzo Vinciguerra con Repubblica: le presunte rivelazioni sono risultate essere vecchie di 30 anni. Ma la discussione si è allargata. Con grande determinazione Maurizio Murelli, nella sua pagina facebook, ha lanciato il guanto di sfida: con gli elementi a disposizione sarebbe stato più facile condannare uno delle vittime della strage che i neri che sono stati processati. In realtà gli elementi a carico dei "neri" e in particolare del gruppo La Fenice sono di una certa consistenza. Al tema ha dedicato numerose pagine Nicola Rao nel secondo volume della Trilogia della Celtica:
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Le intercettazioni di Raho e Battiston
Come
interpretare la famosa frase detta da Esposti al padre: ‘Hanno
preso il vecchio [Carlo Fumagalli, N.d.A.1, i carabinieri hanno
tradito’?»
Ecco
la risposta del capitano Delfino: Dopo l’operazione Fumagalli un
alto ufficiale mi riportò il seguente commento
del capitano Labruna, che io non conoscevo:
Labruna ha detto che avete rotto le uova nel paniere». Nel 1974 ho interpretato queste parole come una competizione investigativa, cioè: siete arrivati prima voi. Quando, nel 1981 — all’epoca stavo in Belgio — è stato reso noto l’elenco della P2, ho capito allora perché avevo rotto le uova nel paniere. Leggendo l’elenco degli iscritti, per quanto riguarda l’Arma, ho compreso tanti fatti... [Delfino allude alla presenza di generali dei carabinieri, compreso Palumbo, comandante della divisione milanese Pastrengo, nelle liste della P2, N.d.A.]. E Labruna era un capitano dei carabinieri, quindi... Loro sapevano che era un capitano dei Cc.
Insomma,
Delfino rispedisce al mittente l’accusa di far parte del gruppo del
partito del golpe antagonista al Mar. Anzi, per lui il Sid fascista e
il Mar non erano contrapposti, ma lavoravano insieme. Messaggi
trasversali, allusioni, comunicazioni in codice, minacce velate. In
questo grande gioco di specchi della strategia della tensione ogni
situazione può essere letta da più angolazioni, anche opposte tra
loro. Ma pure Delfino tira in ballo i neofascisti veronesi.
E
qui torna in campo il giudice Salvini, che riporta passaggi di alcune
intercettazioni telefoniche di colloqui tra il neofascista trevigiano
Roberto Raho e il camerata veneto-milanese Pietro Battiston. Le
telefonate sono del settembre
1995 e sono state disposte dal giudice veneziano Felice Casson
nell’ambito di un’indagine su un traffico di auto rubate che
vedeva coinvolti ex ordinovisti veneti:
I due parlavano liberamente degli episodi che avevano vissuto o di cui erano stati a conoscenza, facevano quindi riferimento a vicende di minore o maggiore importanza, quali un viaggio effettuato alla trattoria Lo scalinetto di Venezia da Angelo Angeli [uno dei leader della prima San Babila, condannato per le bombe delle Sam, N.d.A.] alla fabbrica di armi impiantata da Eliodoro Pomar a Madrid [ultimo presidente del Fronte Nazionale dopo la morte del principe Borghese, ingegnere e progettista di armi, N. d.A.], al tentativo di rintracciare Elio Massagrande in Paraguay quando Digilio si trovava in Venezuela e, soprattutto, al fatto che Marcello Soffiati il giorno prima della strage di Brescia, sarebbe partito in direzione di tale città con una valigia piena di esplosivo.
Episodio
che sarebbe stato in seguito raccontato da Carlo Digilio, pur
all’oscuro di tale intercettazione, negli importantissimi
interrogatori del 4 e 5 maggio 1996. Dopo
aver sentito questa telefonata, i magistrati di Brescia si affrettano
a interrogare Battiston:
Pietro Battiston confermava di aver appreso da Raho notizie in merito al trasporto di una borsa di esplosivo da parte di Marcello Soffiati il giorno precedente la strage di Brescia.
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