Le amicizie imbarazzanti di Tosi e la sua voglia matta di mettersi in proprio
Se n'è accorto anche "La Repubblica" che il primo a sdoganare i fascisti nella Lega è il moderato Tosi, che ora si accinge a dar vita a una sua formazione funzionale all'egemonia berlusconiana del centrodestra, con tanto di servizio e fotogallery. Intanto vediamo che sta succedendo nella Liga Veneta semicommissariata
di Giuseppe Parente
di Giuseppe Parente
E’ davvero singolare il destino di Flavio Tosi, sindaco leghista di Verona. Il suo peggiore nemico è la Lega. Da sempre. Ora, salvo sorpresa, è pronto a mollarla. Non ne può più, queste le parole confidate ad un suo fedelissimo fan.
Nella giornata di martedì 3 marzo è volato a Roma, per incontrare Angelino Alfano, per comprendere se un centro destra vero, senza l’innaturale accozzaglia salvinina, composta da una strana alleanza tra leghisti, terroni, fascisti sia possibile. D’altronde bisogna aspettare solamente il 10 maggio, anche per sapere se sarà una alleanza solo elettorale, in vista delle prossime elezioni regionali, oppure altro.
Flavio Tosi, pur avendo partecipato alla manifestazione di sabato 28 febbraio a Roma, da semplice e disciplinato militante leghista, ha incassato nella giornata di lunedì il commissariamento in Veneto, un ulteriore torto da aggiungere a quelli subiti nel passato. Come nel 2012, quando ottenne la conferma alla guida del comune di Verona con il 57% dei consensi dei cittadini scaligeri. In quell’occasione Umberto Bossi, intimò a Flavio Tosi di non presentare la sua lista civica o sarebbe stato espulso dalla Lega. Minacce che rimasero tali, in quanto l’ottimo Tosi non solo presentò la sua lista “ Per Verona Tosi Sindaco” ma con questa civica prese il 37% dei voti mentre la Lega rimase ferma al 10%. Dopo appena un mese, dal trionfo di Verona, Flavio Tosi divenne segretario della Liga Veneta. E non erano i tempi d’oro della Lega, anzi…erano quelli dei diamanti di Belsito e della laurea in Albania, di quel finissimo intellettuale del terzo millennio che corrisponde al nome di Renzo Bossi, detto il trota.
La Lega Nord era ai minimi storici, naufragata in un mare di scandali, davvero infiniti. Cosi nei mesi che precedono le elezioni europee del 25 maggio 2014, nella Lega si parla esclusivamente in relazione a qualche guaio giudiziario di qualche esponente. I vertici del partito chiedono a Flavio Tosi di candidarsi alle Europee per mero spirito di servizio. Da eccellente soldato politico lo fa. Ed anche in quest’occasione fa il pieno di preferenze. Risulta essere il più votato in Veneto, forte del consenso di 83 mila elettori superato solamente da Alessandra Moretti, candidata renziana del Partito Democratico, capace di conquistare ben 130 mila preferenze.
Tosi è l’uomo d’oro della Lega. Lo sanno anche l’ex ministero Roberto Maroni e l’attuale segretario nazionale Matteo Salvini, tanto è vero che stilarono un piano per scalare il centro destra con una fondazione denominata Ricostruiamo l’Italia, il cui candidato premier era Flavio Tosi.
Il sindaco di Verona insieme all’ex ministro della gioventù Giorgia Meloni erano candidati ad ipotetiche e mai realizzate primarie del centro destra per la scelta del candidato premier. Poi è successo che il Matteo padano ha scoperto la televisione e nel talent show che è diventata l’italica politica è stato “nominato” nei sondaggi.
Salvini, ad un partito privo di fondi, ha tolto gran parte dell’identità storica. La secessione è ormai solo un ricordo, i terroni sono diventati potenziali amici ed elettori e persino i fascisti che nel passato volevano andare a prendere, casa per casa, sono diventati simpatici ed infine la “destra” di Casa Pound è una preziosa alleata. Cose che capitano nel carroccio, da quando è segretario Matteo Salvini, nuovo leader dell’italica destra ed aspirante candidato premier per la coalizione di centro destra.
Ora Flavio Tosi non ne può davvero più. Lo ha confidato ad alcuni suoi collaboratori e lo dirà ai dirigenti della Liga Veneta, con cui deciderà come reagire alla sfida lanciata da Salvini. Perché il problema è Matteo, non la candidatura di Luca Zaia alla guida della regione Veneto. Lo scontro interno, ad detta di addetti ai lavori, sarebbe nato perché Salvini non ha rispettato i patti, decidendo di essere lui il candidato premier ed invece di parlarne con i massimi dirigenti del partito ha messo in mezzo Zaia, dando vita ad una caciara in salsa veneta.
Ora Flavio Tosi sta valutando, con il massimo scrupolo, cosa fare e dove andare e gli spiace che le conseguenze potrebbe pagarle esclusivamente Luca Zaia, ma sono problemi di Zaia. Chi vivrà, vedrà.
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