28 febbraio, ma chi ha vinto la sfida della piazza (oltre il Viminale)?
Un flop o un successo? Chi ha vinto la sfida della piazza (oltre il Viminale, che ha saputo gestire perfettamente una giornata che si annunciava assai perigliosa?)Il risultato politico del Salvini day fa discutere due icone della sinistra giornalistica, l'arcinoto Gad Lerner e il più raffinato (ma forte influencer nei social network) Alessandro Gilioli (aka @piovonorane, dal nome del suo blog dell'Espresso network, che rappresenta un punto di riferimento ineludibile per l'analisi di quello che si muove a sinistra del Pd, anche al livello dell'immaginario).
Dalle colonne della Repubblica il popolare conduttore televisivo non ha dubbi:
E del resto la leadership di una nuova destra populista e antisistema non può che nascere in piazza, a partire da una sintesi riuscita:
Secondo Lerner questa svolta non sarà indolore:
Dalle colonne della Repubblica il popolare conduttore televisivo non ha dubbi:
Il camaleonte verdenero ce l’ha fatta. Al termine della sua notevole esibizione di maschia oratoria fascioleghista condita di turpiloquio e sottolineata –lo spiega lui stesso- da un “linguaggio del corpo che è importante”, con ricambio mirato di t-shirt pro-benzinaio veneto che ha ucciso il rapinatore a favore di felpa “Marò liberi subito”, piazza del Popolo lo incorona capo di una nuova destra nazionale. Se non Duce, almeno ducetto. Glielo concede il portavoce di CasaPound, Simone Di Stefano: “Questa è la più bella piazza che io abbia mai visto a Roma. Oggi nasce un grande fronte politico che riconosce in Matteo Salvini il suo unico leader”. Stampato su uno striscione di fronte al palco, Mussolini fa il saluto romano e dice: “Salvini ti aspettavo”.
E del resto la leadership di una nuova destra populista e antisistema non può che nascere in piazza, a partire da una sintesi riuscita:
La piazza leghista che si riscalda nell’attesa del gran finale, è già inebriata dall’amalgama a cui Salvini la destina: integrare al suo interno una porzione rilevante della destra romana. Li riconosci per le bandiere tricolori o per gli striscioni “Roma con Salvini”, segnali di una forza attrattiva reale esercitata su una Forza Italia in disgregazione. Per lo più sono ex missini, dallo stato d’animo un po’ interdetto.C'è anche qualche bandiera con la croce celtica, prontamente segnalata nelle fotogallery dei liveblog. Ad essere attratti dal progetto frontista ci sono anche gli identitari di Foro 753, transfughi da tempo della destra sociale di Alemanno, con forti legami con i francesi del Bloc identitarie, i fascioleghisti d'oltrealpe. In questo scenario l'aggressività militante di CasaPound è solo la ciliegia sulla cassata. Il n.2 del movimento, Simone Di Stefano, riconosce esplicitamente la leadership di Salvini, il capo lo "sdogana" dandogli spazio sul palco, alla faccia di tutti quegli che da settimane gli davano il tormento ("E CasaPound?"). In questo il leader della nuova destra nazionale si è confermato "uomo d'onore". Non è una problema, aveva ripetuto senza tentennamenti e un problema non è stato.
Secondo Lerner questa svolta non sarà indolore:
Precipita così nell’irrilevanza lo scontro politico veneto fra Zaia e Flavio Tosi. Qui, con la benedizione di Marine Le Pen, si annuncia la prossima cacciata del governo Renzi e l’inizio di un’offensiva continentale contro Bruxelles, figuriamoci se qualcuno si abbassa a trattare di beghe locali. In piazza, i veneti sembrano tutti convinti che alla fine Tosi si adeguerà e rientrerà nei ranghi. Ma il non detto di quella lacerazione è un sintomo: cambiare pelle alla Lega, pur nell’ebbrezza del successo, non sarà faccenda indolore. Perché da quasi tre decenni il Carroccio è composto da un delicato equilibrio di localismi, e quindi il leghismo che diventa partito nazionale snatura un modo di essere leghisti di territorio che è stato anche un patrimonio di militanza, oltre che di clientele.Ma il pericolo, conclude Lerner, resta forte:
Quando lo speaker alla fine grida “Siete in centomila, fatevi sentire!”, l’avrà anche sparata grossa. Ma l’energia sotterranea della destra italiana ieri si è davvero condensata in piazza del Popolo, sviluppando una capacità d’attrazione sui delusi di Forza Italia e del M5S che potrebbe dare esiti sorprendenti. Il ducetto camaleontico Salvini sospinto da una corrente reazionaria fino a Palazzo Chigi? Oggi ci appare assurdo, ma provate a contare quante volte il nostro paese si è già misurato con esiti assurdi. A Roma il fascioleghismo ha celebrato il suo battesimo ufficiale. Sottovalutarne il pericolo equivarrebbe a ignorare la storia d’Italia.Di tutt'altro avviso Gilioli, che riflette sulla contrapposizione tra le due piazze e conclude che il vincitore del 28 febbraio è Renzi, che può dormire sogni tranquilli vista la vocazione minoritaria dei due fronti di opposizione:
Da un lato il flop di Salvini, perché di flop si è trattato; nel senso che dopo una preparazione di settimane e una quantità infinita di teaser televisivi, il capo del Carroccio non è riuscito ad andare oltre la somma aritmetica dei leghisti venuti dal nord con le camicie verdi e dei fascisti romani che ruotano attorno a Casa Pound. In sostanza, c'erano i militanti di un partito in visita e quelli di una nicchia in accoglienza. Punto, fine. Due recinti che si sono mescolati tra loro, ma che non sono usciti da se stessi. Ovviamente non è detto che andrà sempre così, ma ieri è andata così. Contemporaneamente, in un un'altra zona della città, sfilava quella che dovrebbe essere l'altra area politica anti Renzi, cioè l'opposizione di sinistra. E anche qui, le solite cerchie: militanti storici della sinistra radicale e degli antagonisti romani, uniti (di nuovo!) contro qualcuno (Salvini, nel caso) anziché per per qualcosa - e nessuna contaminazione al di fuori della propria nicchia. Ovviamente, da persona di sinistra, il flop di Salvini mi rallegra; e la marginalità identitaria dell'altro corteo mi rattrista.
Successo di breve termine. Se speso in campagna elettorale potrebbe dare qualche risultato, altrimenti rischia di essere l'ennesimo compattatore del Fronte antifascista. In realta' siamo gia' oltre la questione ideologica. I temi in ballo sono tali che sopravanzano l'urgenza di mantenere la purezza antifascista delle origini della Repubblica. E' gia' da tempo che a sinistra si vota a destra; ma non perche' si ritenga superata la questione ideologica. Io credo invece che sia perche' il Fronte antifascista si e' voluto sostituire al Fronte anticapitalista. Rauti puntava infatti verso lo sfondamento a sinistra e, credo, i suoi guai giudiziari siano dovuti proprio a questo. Nella Lotta armata una certa unione del genere si era gia' verificata. Ho sentito personalmente attestati di stima da parte di ex appartenenti alla RAF nei confronti di Freda. Ora, anche l'elettorato comincia a capire che l'unita' e' possibile: ubi major... In questa fattispecie, il sottolineare certe alleanze scomode serve a ricompattare il Fronte, il che, dal punto di vista della Destra (chiamiamola cosi') puo' preludere alla sua marginalizzazione. Ma c'e' ancora il "tanto peggio, tanto meglio" da vedere. Complimenti a Ugo. In tutta Italia non esiste niente di simile a cio' che ha realizzato; sia per l'originalita' della forma che per l'utilita' del contenuto.
RispondiElimina