Catania in crisi, strutture sociali sotto attacco dei predatori. Una riflessione del Cervantes
Ci sono coincidenze che hanno un sapore strano: a distanza di pochi giorni tre differenti luoghi animati da attività sociali diverse vengono scassinati e derubati.
In ordine cronologico: tra la notte del 4 e 5 febbraio – in un momento in cui lo Spazio Cervantes si trovava incustodito in occasione delle festività agatine- viene violato da ignoti e derubato dell’intera attrezzatura della sala prove “Riot”; nella notte del 9 febbraio un’altra associazione subisce un furto: vengono trafugati vari beni tra cui anche parte della cassa di Officina rebelde; il 16 febbraio un muro del campo San Teodoro viene sfondato, il bar depredato. Viene rubato “tutto quello che potevano rivendere” si legge nei giornali.
In poco più di una settimana, in tre diverse zone della città con peculiarità diverse, in tre luoghi adibiti a finalità diverse (forse unica cosa comune attenzione al sociale e alla città), vengono derubati. Un atto già da se infame perché a danno della comunità cittadina: con azioni più o meno discutibili, magari non condivisibili ma sicuramente rispettabili perché differenti dalla chiacchierata davanti a un caffè, queste realtà facevano e fanno qualcosa.
Non ci interessa esprimere solidarietà, ne tantomeno mettere sullo stesso piano tre realtà per natura, obiettivi e identità diverse bensì vogliamo promuovere un momento di riflessione: il problema è comune.
Se ancora qualcuno non si è reso conto, Catania è crollata in una crisi morale prima ancora che culturale ed economica senza precedenti: i valori morali, un’etica, un codice di comportamento, sono scomparsi. Non esistono più. Prendiamo spunto da azioni del genere che qualcuno scusa in quanto dettati dalla fame, per invitarvi ad aprire gli occhi e magari fare un giro nelle numerose sale da gioco presenti in città per verificare –qualora ce ne fosse bisogno- come vivono i nostri giovani. A che cosa aspirano? Al degrado.
Non c’è nessuno slancio alla bellezza, nessuna formazione di identità, nessuna voglia di riscatto. Il degrado che noi percepiamo non è certo classista. A livelli differenti ci rendiamo conto che colpisce tutti. Con responsabilità diverse ne siamo forse tutti colpevoli.
La soluzione? Siamo sicuri che non siano certo i facili slogan a cui la nostra –ahinoi- amministrazione ci ha abituati. La soluzione non può che partire da ognuno di noi –ogni singolo- che può e deve ricominciare a sentirsi l’obbligo, prima ancora che il diritto, di combattere questo nulla che avanza con la forza e l’intransigenza dell’esempio e dell’interventismo sociale.
Per chi vuole, ci vedremo in una delle nostre barricate. Forse a combattere insieme, forse da avversari. Sicuramente per la nostra città.
FONTE: Spazio Libero Cervantes
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