Il giudice Salvini scrive al compagno di scuola Serra: gli islamici non sono le BR
Ragionando a caldo sull'omicidio di massa al Charlie Hebdo, ieri pomeriggio delineavo alcuni tratti del profilo degli assalitori:
le parole pronunciate, la scelta delle armi, la confidenza nell'uso di uno strumento 'rozzo' come il kalashnikov, la freddezza dimostrata (il primo uomo a salire a bordo ha aspettato con la portiera aperta finché l'ultimo miliziano non è salito in auto) dimostrano in tutta evidenza che ad agire è stata una piccola cellula di miliziani islamici che ha maturato esperienza di guerriglia urbana in uno dei diversi scenari attivi.
La svolta serale delle indagini, nonostante i diffusi dubbi insorti per i diversi 'errori' commessi dai due fratelli franco-algerini, sembra confermare le prime intuizioni. Oggi pomeriggio abbiamo ricevuto un contributo importante da uno che ha notevole competenza in materia: una lettera aperta del giudice Guido Salvini al suo compagno di scuola e di militanza giovanile Michele Serra, per confutare il suo pezzo di oggi su La Repubblica, La pubblichiamo ben volentieri
Mio caro Michele,
la strage al Charlie Hebdo fra
le innumerevoli di questi ultimi anni è quella che mi ha più impressionato,
anche sul piano sentimentale. A 60 anni succede, mi ha fatto davvero male. Ha
rievocato momenti dell’adolescenza quando, agli inizi degli anni ’70 ogni
sabato con i miei compagni di classe
passavo quasi l’intero pomeriggio alla Milano Libri di via Verdi, prima
libreria di comics, compravamo i numero di Linus e tra i tanti fumetti, da
Charlie Brown a Valentina di Crepax, leggevamo, forse sbirciavamo, le vignette di
Wolinski, piuttosto scollacciate, che attiravano non poco noi adolescenti.
Facevano parte, come tutta la rivista Linus, di un rifiuto libertario, allora
fecondo, del mondo borghese e moralista intorno a noi, anche se ormai prossimo
al capolinea. Nessuno di noi avrebbe mai pensato che Wolinski e altri come lui
potessero essere uccisi, solo per le loro vignette, da fanatici vestiti da
zombie. In quel gruppetto di compagni di scuola, liceo Manzoni sezione B, c’eri
anche tu Michele, abbiamo discusso di politica e di tanto altro per anni, in
genere con opinioni discoste come tutti coloro che stanno a sinistra, io più di
te, e siamo ancora amici dopo 50 anni. Non credo che te ne avrai a male
se, legittimato da queste antiche discussioni, ti propongo
una correzione del punto di vista.
Nel tuo commento subito dopo la
strage di Parigi hai paragonato gli
estremisti islamici in qualche modo alle Brigate Rosse con l’invito al restante
mondo musulmano a reagire e a non trattarli come “compagni che sbagliano” o
meglio “credenti che sbagliano”. E’ un paragone, a caldo subito dopo
l’assassinio di tuoi “colleghi”, che può forse tranquillizzare il lettore medio
di Repubblica e la sinistra benpensante. Ma non funziona, non è così. Mi sento di dirlo dato che quello che scrivi,
spesso giustamente, ha più lettori e più influenza di tanti fondi di autorevoli
e saccenti opinionisti e di tante ripetitive dichiarazioni di politici.
Ho conosciuto bene come
magistrato le Brigate Rosse e centinaia di loro militanti e di gruppi affini.
Sono state l’espressione di un ’68 che stava concludendo il suo ciclo, dopo
conquiste non disprezzabili sopratutto nel campo dei diritti civili e sociali e
in quello dello spirito critico. Non hanno reclutato più di un paio di migliaia
di giovani , si impegnavano anche per un un anno per colpire anche un singolo
obiettivo, magistrato o poliziotto e, per quanto efferate fossero le loro
azioni, non hanno mai ucciso civili in modo indiscriminato. Non sono riuscite mai a “liberare” neppure un villaggio del nostro
paese dallo Stato Imperialista delle Multinazionali, non hanno disarticolato,
salvo forse con i riflessi politici del sequestro Moro, nessuna parte dello
Stato che combattevano. Anche se hanno resistito più di gruppi simili degli
altri paese europei e nonostante qualche sussulto anche abbastanza recente, la
loro sorte era segnata e sono state “disarticolate”, loro sì, dalla
magistratura e dalla polizia e sono scomparse insieme alle grandi fabbriche in
cui avevano i loro punti di forza. Sono state una tragedia ma non un pericolo.
Con l’Islam oggi è ben diverso.
Tecnicamente non si tratta di semplice terrorismo, il terrorismo è semmai solo
uno dei mezzi, ma di un movimento, direbbe Alberoni, allo stato nascente che ha
avviato una guerra globale che tocca ormai quasi tutti i paesi del mondo. Nasce
dall’interno dell’unica grande religione che ha avuto come fondatore un capo
militare, Maometto, e che si pone, su
questo tutti i musulmani sono d’accordo, come rivelazione finale che rende
inutili ed erronee le precedenti. Ciò spiega come cristiani ed ebrei,
ovunque l’Islam ha superato la massa
critica ed è diventato dominante, siano residui destinati ad essere tollerati
per un pò, senza diritto di far proselitismo prima di estinguersi e sparire
come ormai in tutto il Medio-oriente. E sopratutto l’Islam non ha un’autorità
centrale. Una situazione che unita al ruolo del Corano, libro non solo ispirato da Dio ma parola di
Dio incarnata rende del tutto artificiale la giustificazione da noi tanto in
voga secondo cui chi vuole uccidere
tutti gli “infedeli” non sarebbe un pezzo del vero Islam, religione di pace.
Per sostenere basta non sapere che il Corano è scritto come un diario con
versetti dettati a Maometto dalla gioventù sino alla vecchiaia, quelli più
tardi sono i più cattivi e intolleranti, ma tutti parola di Allah e in essi si
trova tutto e il contrario di tutto.
Ragione per cui ogni pezzo dell’Islam può porre a fondamento della sua
azione quelli che preferisce, come se per identificare uno di noi valessero
tanto le parole scritte nei diari
che usavamo al liceo Manzoni quanto gli articoli che scriviamo oggi. Quindi
tanto il più feroce qaedista uccisore di vignettisti quanto il più pacifico
mistico sufi vanno essere considerati
a buon diritto musulmani. E’ così.
E comunque nel corso dei secoli
si sono formati codici culturali comuni. Per tutti i musulmani, anche il
pacifico droghiere sotto casa è pressochè ovvio che la blasfemia, umorismo
compreso, vada punita, cambia solo il grado di punizione, che l’apostasia, cioè
cambiare religione lo stesso, che l’uomo e la donna non siano uguali, e che gli
hadith religiosi debbano regolare
buona parte della vita civile, dal cibo
alla libertà di espressione.
E senza una guida centrale il
travaso da un pezzo all’altro del’Islam, da quello moderato a quello radicale
per intendersi, è abbastanza semplice, anche improvviso, facilitato
dall’attrattiva nascente che hanno i mass-media dei predicatori più invasati.
Solo i sunniti sono al mondo più di 900 milioni. Se ISIS, Al Qaeda e simili ne
hanno dalla loro parte anche solo il 3% si tratta di 30 milioni di persone
decise a purificare ogni angolo del mondo a fil di spada. Se ne convincono il 10%, quasi 100 milioni con un potenziale offensivo
molto sofisticato e insieme molto semplice. Basta investire con l’auto il primo
“infedele “ che ti capita davanti In confronto le Brigate Rosse con le loro
“colonne” di 20 militanti, i loro noiosi comunicati e le quattro pistole e i due mitra rapinati
in una armeria erano delle formiche.
Questa è la situazione. Basta
riconoscerla. Per Houellebecq e il suo “Sottomissione” che, sin dai primi giorni della sua uscita, sembra il libro di
una profezia che si avvera, non c’è soluzione. Per lui l’Occidente, che pure
ama, è troppo marcio e sfinito per reagire, non ne ha più nemmeno il diritto.
Certo arroganza e divinità delle merci hanno fatto la loro parte per arrivare
alla situazione in cui ci troviamo ma
sarebbe troppo lungo parlarne qui. Per altri bisogna semplicemente prepararsi
alla guerra sperando di non avere quinte colonne disfattiste all’interno dei
confini. Per te Michele e per molti bisogna fare appello ai musulmani
“moderati” perché condannino i “compagni che sbagliano” formula però che sa un
po’ di vecchio, di corteo sindacale e di comizio degli anni ’70.
Non ho soluzioni, come è ovvio.
Bisogna però seguire almeno tre
principi. Chiamare le cose con il loro nome.
La violenza più grossa è quella contro le parole e il loro significato.
Almeno non bisogna fare come il nuovo Procuratore Capo di Torino Armando
Spataro che ha esortato i giovani giornalisti, e implicitamente tutti i
nostri colleghi, a usare sempre la
dizione politicamente corretta e cioè terrorismo “cosidetto” islamico. Come
dire “sedicenti” Brigate Rosse, ma al tempo
non le chiamava cosi.
Rivolgersi poi ai musulmani
senza presunzione ma senza
“sottomissione”. Spiegare loro, in ogni situazione pubblica, che quanto sta
avvenendo non è comunque “colpa degli altri”, cioè di antiche colpe
dell’Occidente, tipica e ipocrita giustificazione, ma esclusiva responsabilità
di chi lo commette. E che potrebbero, invece di spostare la colpa all’esterno,
cominciare a guardare un pò dentro la loro religione e chiedersi ad esempio
perchè dopo secoli sciiti e sunniti si ammazzano ancora tra loro e perchè
l’Islam produce un così alto numero di psicotici religiosi.
E terza cosa avere la
determinazione di difendere la nostra libertà più grande, quella di
espressione, quella che viene da quei
Lumi che Houellebecq teme siano spenti Ricordare Wolinski e i suoi amici
pubblicando, anche se a tanti non piacciono, su tutti i quotidiani qualche
vignetta dissacrante sui più diversi argomenti, non solo sull’Islam, per
ricordare che questo è un paese libero.
Magari anche qualche vignetta
degli anni ‘70 quando con Michele e gli altri compravamo Linus e del “potere” di allora, comunque non troppo
spaventoso, non avevamo certo timore.
Guido Salvini
magistrato
A mio parere, bisogna distinguere non solo tra gli islamisti e le Br, ma anche tra le prime Br (quelle di Alberto Franceschini e di Mara Cagol) e le seconde (quello di Moretti e di Senzani): solo le prime sono state genuinamente comuniste. Le seconde non furono comuniste ma ATLANTICHE (vedi i post del mio blog intitolati "Come le Br divennero atlantiche") ed erano controllate da personaggi come Corrado Simioni ...
RispondiEliminaNon diciamo cazzate.
RispondiEliminaSimioni, come del resto Moretti, c'era anche nelle primissime BR, se ne andò solo dopo la scissione del suo Superclan.
E Simioni non era "atlantico" ma "sovietico".
E se ne andò a Parigi con la "benedizione" del Pci che, tramite l'allora suo responsabile giustizia, l' Avvocato Malagugini, peraltro anche zio di uno dei massimi esponenti dello stesso Superclan, trattò con loro la "resa" ed il loro riparare in terra di Francia, ovviamente non senza il consenso della Dc che allora governava.
Difficile pensare che il Pci abbia voluto favorire così degli "agenti atlantici".
Moretti e Senzani poi messi insieme ... personaggi diversissimi ed anche tra loro "arcinemici" ... come se fossero la stessa cosa .... dimostra, nella migliore delle ipotesi, un pressappochismo di bassissima lega.
E, in ogni caso, tutto questo che c'entra col discorso ben più ampio e nel merito più che condivisibile del giudice Salvini ?
Quoto Keoma
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