NAR: “spostati” o figli (il)legittimi del Movimento Sociale Italiano? Una replica da lontano al Fatto Quotidiano
“Tra
noi c´erano spostati e delinquenti”. Lo potrebbe dire
probabilmente chiunque di noi ripensando alla propria esperienza
scolastica, al gruppo sportivo nel quale ha svolto attività
agonistica o, in genere, al circolo di conoscenze maturate in
gioventù. “Spostato”, aggettivo singolare maschile, identifica
nella lingua italiana una persona che ha gravi difficoltà a
inserirsi e a realizzarsi nella società e nei rapporti umani e ha
come sinonimo “disadattato”. È un aggettivo che mal si presta ad
un'analisi storica e politica dei fenomeni. Ma volendo forzare la
mano potremmo dire che gli “esuli in patria” neofascisti, proprio
in quanto esuli, siano anche definibili con un´iperbole politica
come dei “disadattati in patria”, degli “spostati in patria”.
Recentemente
il professor Marco Tarchi, il massimo politologo nello studio dei
fenomeni neofascisti e post-fascisti, con una intervista a Il Fatto
Quotidiano, ha analizzato la presenza nel neofascismo italiano di
spostati, delinquenti ed estremisti. Probabilmente estremisti è un
termine più consono a descrivere fasce più o meno larghe di
quell´ambiente umano e politico. Certamente più adeguato a
descrivere coloro che intrapresero la via dello spontaneismo armato.
Come del resto è appropriato per descrivere i militanti delle
numerose formazioni armate sorte a sinistra durante i cosiddetti anni
di piombo. Anni che restano ancora poco studiati a livello
accademico, tanto che ancora non vi è un consenso su quando tale
periodo cominci e finisca. Se includa o meno, ad esempio, il
Sessantotto. Ancor meno studiato a livello accademico il fenomeno
dello spontaneismo armato dei Nuclei Armati Rivoluzionari, i NAR.
Da
poco più di un anno, assieme ad un’ altra ricercatrice, abbiamo
intrapreso un progetto che appare complesso: studiare
scientificamente il fenomeno dello spontaneismo armato. Abbiamo
realizzato le prime interviste con Valerio Fioravanti, Francesca
Mambro, Luigi Ciavardini, Gabriele de Francisci, Francesco Bianco e
altri protagonisti di quella stagione terribile della lotta armata.
Abbiamo iniziato ad esaminare le centinaia di migliaia di pagine
degli atti relativi ai processi tenutisi a Roma, Bologna, Milano,
Padova e Venezia. Siamo lontani, dunque, dal giungere a conclusioni.
Abbiamo più domande che risposte. Ma una certezza, c´è. I NAR non
nacquero per germinazione spontanea. I NAR vanno inseriti in un
chiaro contesto politico rappresentato dal Movimento Sociale Italiano
(MSI).
Molti
dei NAR, e certamente il nucleo originario di Monteverde a Roma, non
provengono da organizzazioni extraparlamentari neofasciste, crescono
politicamente nei movimenti giovanili del MSI, nel Fronte della
Gioventù e nel Fronte universitario d’azione nazionale (FUAN).
Alcuni partecipano ai corsi di formazione politica organizzati dal
MSI, altri addirittura tengono delle lezioni per gli altri militanti.
Molti di coloro che intraprenderanno la lotta armata sono i giovani
più determinati e fanno parte, in diverse occasioni documentate
anche da materiale fotografico, del servizio d´ordine ai comizi e
cortei del MSI. Alcuni, quando la situazione si fa calda, scortano
anche i dirigenti del partito che ben sanno che quei giovani sono
armati. Moltissimi dei NAR partecipano ai Campi Hobbit, ed in
occasione di uno di essi verrà letto un comunicato di solidarietà e
per conto dei detenuti politici, tra i quali Dario Pedretti,
spontaneista. A leggere il comunicato è Massimo Morsello, autore del
“Paradiso dei Guerrieri”, canzone dedicata a Franco Anselmi, uno
dei fondatori dei NAR, rimasto ucciso nel corso di una rapina in
armeria.
Si,
gli “spostati” erano tra voi. Ma cosa spinse questi giovani verso
la lotta armata? È una domanda complessa. Ma politologicamente la
risposta non può essere ridotta alla condizione di “spostati” di
quei militanti. Scrive Valerio Fioravanti: “volevo che la gente
smettesse di blaterare di "rivoluzione"... non tanto i
matti da bar o i sognatori nascosti nelle sezioni, ma i capi e
capetti, che attraverso quella parola nobile e magica costruivano i
loro interessi”. Si, perché se in parlamento e in televisione il
MSI indossava il doppiopetto, in realtá per decenni aveva predicato,
e sopratutto ai giovani, la rivoluzione. Una rivoluzione predicata in
nome del fascismo, ma tradita costantemente per allearsi, invece,
“con la più bieca reazione”. Per far da guardaspalle alla
Democrazia Cristiana contro il comunismo. E non meglio avevano agito
le organizzazioni neofasciste extraparlamentari. I NAR non si
ribellarono solo al MSI, ma volevano anche “rompere col neofascismo
stragista e colluso”, dove colluso significa legato ai servizi
italiani e occidentali. Perché rompere col MSI? Perché quei giovani
si sentivano usati. Perché si accorsero che i caduti, i cosiddetti
“cuori neri”, venivano spesi per fini di perseguimento del
consenso. Perché ad Acca Larentia un carabiniere spara in testa ad
un giovane militante del FdG, ma il MSI non sporgerà alcuna denuncia
per non mettere a rischio i voti delle forze dell´ordine. Chi sarà
l’unica ad andare a testimoniare in commissariato contro quel
carabiniere? Francesca Mambro.
Certo
ci furono le rapine. Come ci furono a sinistra per autofinanziamento.
Si tratta di delinquenza? Pressoché tutti i movimenti di lotta
armata, italiani e stranieri, hanno contatti con la delinquenza
comune. Serve riciclare il denaro frutto di rapine, servono armi,
auto, moto. Serve un appoggio logistico. Alcuni spontaneisti ebbero
contatti più stretti con la criminalità comunue, ma certo ciò non
può far bollare il fenomeno spontaneista come delinquenziale.
Sarebbe una conclusione semplicistica, primitiva e inaccettabile. La
domanda più appropriata, alla quale non siamo ancora in grado di
dare risposta, sembra piuttosto: perché in seno al MSI sorse un
gruppo di giovani che impugnò le armi nella lotta armata e al quale
si aggiunsero, poi, anche alcuni giovani di Terza Posizione? E poi,
quali furono le responsabilità politiche, culturali e anche umane
del MSI? Non basta che questo partito abbia chiesto la doppia pena di
morte per i terroristi per cancellare con un colpo di spugna legami e
responsabilità che appaiono evidenti e i cui meccanismi meritano
maggior approfondimento. Forse, parafrasando, non sarebbe stato
politicamente più accettabile definirli “camerati che sbagliano”
piuttosto che invocare la pena capitale?
Ma
“spostati” è un termine che fa paura, che risulta inaccettabile
non solo in una analisi politologica ma anche perché c´è Bologna.
C´è quella sentenza di colpevolezza per Valerio Fioravanti,
Francesca Mambro e Luigi Ciavardini che deve indurre chiunque
analizzi il fenomeno spontaneista a una maggior sensibilità e
accuratezza. Una sentenza discussa e discutibile con la quale la
nostra storia nazionale ha ancora un conto aperto. Una “storia
nera” che grazie alla dedizione di molti appare sempre meno nera,
ma che richiede massima attenzione nel non offrire vittime
sacrificali, degli “spostati”, in nome di un presunto interesse
dello Stato. Studiare il fenomeno spontaneista, comprenderne le
motivazioni, gli obiettivi, la rabbia politica e generazionale appare
sempre più necessario anche per evitare che un acronimo “azzeccato”,
NAR, venga usato impropriamente nelle notizie di cronaca.
Nicola
Guerra e Johanna Litzen
Università
di Turku
A sua volta, nella newsletter di Diorama Letterario il professor Marco tarchi diffonde una puntuta replica alla "forzatura giornalistica" operata dalla redazione del "Fatto Quotidiano": Oggi, 7 dicembre, "il fatto Quotidiano" ha pubblicato un'ampia parte dell'intervista che qui allego (dedicata ai recenti fatti di cronaca politico-delinquenziale romani) con il leggiadro titolo (tra virgolette!) "Tra noi camerati c'erano spostati e delinquenti".
Credo che alcuni destinatari di questa lettera troveranno interessante il riscontro fra titolo e contenuti. Ma segnalo anche il fantastico incipit del giornalista intervistatore, laddove scrive che "A destra, il politologo Marco Tarchi, che insegna alla "Cesare Alfieri" di Firenze, è un'istituzione". In proposito, riporto di seguito il testo di quanto ho scritto poco fa all'intervistatore. Buona lettura e un cordiale saluto.
Ho letto. Insegnando comunicazione politica da quindici anni, non fingo stupore sul titolo - che, lo so, non dipende dall'intervistatore -, che al giornale serve, anche con i falsi virgolettati come in questo caso, per accreditare la propria versione dei fatti a prescindere da ciò che sostiene l'intervistato. Mi stupisce invece di essere considerato da Lei "un'istituzione a destra". Per la verità, a destra da vari decenni mi censurano, mi attaccano, mi discriminano. Se non avessi avuto interlocutori in altre aree, e soprattutto nel mondo scientifico, di occasioni di espressione ne avrei avute, più che poche, "punte", come dicono i fiorentini veri (io, ohimè, sono... reimmigrato da Milano a 16 anni). Avendo io espresso il mio ultimo voto a destra (Msi) nel 1979, e non considerandomi minimamente appartenente a quell'area malgrado gli sforzi altrui di infilarmici a forza, non posso dolermene più di tanto. Ma che ora debba scoprire, invece, di essere "un'istituzione" di quell'ambiente, mi sorprende non poco. Temo proprio che gli stereotipi siano duri a morire. Durissimi, direi. Vuol dire che mi consolerò pensando che un ex redattore de "La voce della fogna" è stato nominato alla Corte costituzionale da Napolitano. Chi l'avrebbe mai immaginato...
A sua volta, nella newsletter di Diorama Letterario il professor Marco tarchi diffonde una puntuta replica alla "forzatura giornalistica" operata dalla redazione del "Fatto Quotidiano": Oggi, 7 dicembre, "il fatto Quotidiano" ha pubblicato un'ampia parte dell'intervista che qui allego (dedicata ai recenti fatti di cronaca politico-delinquenziale romani) con il leggiadro titolo (tra virgolette!) "Tra noi camerati c'erano spostati e delinquenti".
Credo che alcuni destinatari di questa lettera troveranno interessante il riscontro fra titolo e contenuti. Ma segnalo anche il fantastico incipit del giornalista intervistatore, laddove scrive che "A destra, il politologo Marco Tarchi, che insegna alla "Cesare Alfieri" di Firenze, è un'istituzione". In proposito, riporto di seguito il testo di quanto ho scritto poco fa all'intervistatore. Buona lettura e un cordiale saluto.
Ho letto. Insegnando comunicazione politica da quindici anni, non fingo stupore sul titolo - che, lo so, non dipende dall'intervistatore -, che al giornale serve, anche con i falsi virgolettati come in questo caso, per accreditare la propria versione dei fatti a prescindere da ciò che sostiene l'intervistato. Mi stupisce invece di essere considerato da Lei "un'istituzione a destra". Per la verità, a destra da vari decenni mi censurano, mi attaccano, mi discriminano. Se non avessi avuto interlocutori in altre aree, e soprattutto nel mondo scientifico, di occasioni di espressione ne avrei avute, più che poche, "punte", come dicono i fiorentini veri (io, ohimè, sono... reimmigrato da Milano a 16 anni). Avendo io espresso il mio ultimo voto a destra (Msi) nel 1979, e non considerandomi minimamente appartenente a quell'area malgrado gli sforzi altrui di infilarmici a forza, non posso dolermene più di tanto. Ma che ora debba scoprire, invece, di essere "un'istituzione" di quell'ambiente, mi sorprende non poco. Temo proprio che gli stereotipi siano duri a morire. Durissimi, direi. Vuol dire che mi consolerò pensando che un ex redattore de "La voce della fogna" è stato nominato alla Corte costituzionale da Napolitano. Chi l'avrebbe mai immaginato...
Come al solito in certe analisi si tralasciano dei " piccoli particolari " ...Quando i ragazzi dei NAR prendono le armi il più grande non raggiunge nemmeno i 23 anni ; la lotta armata a destra non è mai stato un progetto meditato una strategia, ma solo una scelta di umana autodifesa.
RispondiEliminaIl peggio del MSI non è neanche stata la doppia campagna sulla pena di morte per gli estremisti di destra , ma la ricerca spasmodica di voti e visibilità nelle campagna elettorali portando in televisione Mamma Mattei, Mamma Zicchieri , ecc. ecc. Questo fu veramente criminale.
Questo meccanismo venne osservato da molti giovani militanti che già da allora sapevano ampiamente che il MSI era ai suoi vertici solo " bieca destra nazionale " ed alla sua base era tutto fuorché di destra; era spontaneismo esistenziale ideologico-antropologico del tutto simile ai patrioti insurrezionalisti e agli insorgenti contro-rivoluzionari del Sud Italia.
I Nar a Campo Hobbit III irrompono al Campo, scontrandosi con il servizio d'ordine, ma non perché vi volevano partecipare, Irrompono per leggere un comunicato dei detenuti politici dei bracci G9 e G11 di Rebibbia, perché a differenza dell'estrema sinistra che ha sempre spalleggiato i propri militanti che praticavano la lotta anche in forme illegale, il MSI , la destra forcaiola da cortile, linciava pubblicamente i propri militanti, ed era solita lanciare il sasso e nascondere la mano. Il Campo fu una occasione per dare una voce di dissenso e cercar di far capire, in un contesto come quello neo-destro che forse alcuni strumenti di comprensione li avrebbero dovuti avere , visto che la critica all'apparato gerontocratco del partito era condivisa .
Il Partito, se succedeva qualcosa, nella migliore delle ipotesi Ti accannava , nella peggiore faceva rapporto alle forze dell'ordine , con nomi cognomi ed indirizzi, e Ti faceva arrestare, Laddove il MSI non riusciva a chiudere le sezioni , con la propria forza militare , con i picchiatori pagati ad hoc, faceva ritrovare , voilà, le armi agli inquirenti dentro le sezioni stesse, ed aver così un alibi istituzionale alla chiusura . A Monteverde , quella sezione MSI che ha prodotto i vari Fioravanti, Alibrandi, è successo proprio questo.
Quindi per quei ragazzi ( a volte dei ragazzini ....) non è possibile utilizzare né le categorie sociologiche della criminalità "innata" ( certi ragionamenti lombrosiani sono credo ormai fuori moda) nè tanto meno quelli dei disadattati politci-ambientali, ammalati della nobiltà della sconfitta , legati secondo Marco Tarchi al cosidetto Mito Incapacitante, perché a parte che questi ragazzi erano del tutto simili antropologicamente e culturalmente ai loro coetanei di estrema sinistra, figli della cultura della crisi, al contrario avevano capito molto bene "l'abisso" in cui si erano cacciati , il non senso di ciò che accadeva , mentre vedevano crepare a 16 17 anni i loro coetanei, solo che non erano dei rassegnati.
Certo, molte risposte alla fine sono state profondamente impolitiche , come quelle che poi hanno degenerato in attività di anarco-individualiste vicine a forme di banditismo alla J. James , ma sempre di un prodotto di quei tempi e del contesto anni 70' stiamo parlando , dell'ultima stagione dannunziana , vitalista e maledetta quindi delle conseguenze di questa stagione.
Il Fatto Quotidiano dovrebbe saper analizzare la brutta fine fatta dalle generazioni post-missine e post-frontine, quelle integrate, completamente vendute al modello neo-ciellino che avevano abbracciato con la stagione berlusconiana, classe dirigente che aveva letto molto bene Tarchi, il modello inclusivo, la società aperta, ed infine il Signore degli Anelli, e che sono finiti (come i miglior cortigiani) alla corte di Sauron-Saruman senza batter ciglio .
I ragazzi della Generazione 78 ' hanno vissuto al contrario una stagione incredibile e tragica , una stagione molto molto molto più grande di loro .... subendone tutte le conseguenze di questa scelta.
più passa il tempo , più si contamina il ricordo.....e si passa dalla storia alla favola.
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