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Scianca e l'Intraprendente, ovvero il cazzeggio di Salvini e la vera rivoluzione liberale di Tosi

Ha ragione Stefano Magni, che su L’Intraprendente scrive: «La rivoluzione liberale non si fa conCasaPound». Tra le tante accuse spesso grottesche piovute sulla testa del movimento guidato daGianluca Iannone, quella di essere un gruppo liberale, fortunatamente, ancora manca all’appello. Né i militanti della tartaruga frecciata sono ansiosi di diventare seguaci della Thatcher.
Così Adriano Scianca replica al quotidiano d'opinione (neoliberale) del Nord che pende dal lato 'governativo' della Lega. Per il responsabile culturale di CasaPound 
La vera forza della Lega salviniana è proprio quella di essere un partito post-ideologico, che se ne frega delle etichette e degli schieramenti, che cerca rotture e ricomposizioni, che si guarda attorno senza alcun timore reverenziale. In questa fase la sostanza vale più delle parole. Da questo caos fecondo può nascere qualcosa di buono, ma anche qualcosa di meno buono. Può nascere una nuova sintesi o un pasticcio confuso e indigeribile. Può nascere un movimento di popolo o l’ennesimo esperimento di ingegneria partitica. È, ovviamente, la sfida su cui tutti attendono Salvini al varco. Le indicazioni, al momento sembrano positive, anche se in politica ovviamente contano i fatti. 
La replica del direttore Giovanni Sallusti, dopo un omaggio retorico all'avversario (non siete manganellatori ... ma non siete neanche liberali), è assai dura nel merito, nei confronti di Matteo Salvini:
Ditelo a Salvini. Ditelo al vostro compagno (pardon) di strada. Perché mi pare, caro Scianca, che lei sgusci su un equivoco. Un conto è il partito post-ideologico. Nulla di nuovo, un’ovvietà nelle odiate plutodemocrazie anglosassoni, una forma assodata della politica contemporanea. Nessun Politburo, nessuna Ragione suprema che orienti l’azione e militarizzi la dirigenza, nessuna Missione esclusiva su cui mobilitare alcuna Massa. Contenitore aperto, contenuto contaminabile, disinvoltura culturale e agilità commerciale. Berlusconi e Renzi sono stati (anche) questo, stavo per dire all’italiana, ma temo lei non legga del tutto la negatività intrinseca nell’espressione. Un altro conto, comunque, è il cazzeggio politico con cui ci sta intrattenendo Salvini. Non si può stare e con voi e con la sinistra verace e coi funzionari putiniani e con la rivoluzione liberale e magari perfino coi repubblicani americani (taccio per contegno stilistico sulla Corea del Nord, eppure trovo strano che proprio voi non abbiate niente da dire a chi magnifica l’ultimo regime stalinista sulla Terra). È una forma degenere di veltronismo, è un “ma-anchismo” popolare e social allo stesso tempo, fondamentalmente è cazzeggio. 
E a chiarire che cosa bisogna rettamente intendere per "rivoluzione liberale", arriva puntuale l'intervista del direttore a Flavio Tosi, in cui il sindaco di Verona liquida il progetto lepenista e rievoca il "programma del '94" e la prima stagione berlusconiana:
Le battaglie sono le stesse che vennero molto correttamente enunciate da Silvio Berlusconi nel 1994, all’alba della Seconda Repubblica. È da recuperare, anzitutto, l’impostazione allo stesso tempo liberale e popolare che diede Berlusconi alla sua discesa in campo. All’Italia serve in primis una sana iniezione di liberismo. Capisco che sia una parola con cui piace giocare a molti, ma nessuno finora ne ha tratte le prime conseguenze pratiche. Ovvero: sburocratizzazione immediata, riduzione drastica della presenza dello Stato nell’economia, lotta all’apparato pubblico e parapubblico, efficientamento radicale della macchina della giustizia. Una volta innestata questa rivoluzione, ovviamente, serve uno sguardo d’accompagnamento sulle problematiche sociali, specie sugli effetti della crisi economica, e con precedenza ai cittadini italiani. 

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