Fascioleghismo. Il progetto nazionale di Salvini che vuole sfondare la barriera del Sud
Salvini in visita a Casa Pound, cerca di costruire un Front national italiano.
«A me preme costruire alleanze su temi veri, come l’immigrazione e il lavoro; per questo parlo con tutti, con Casa Pound e con la Fiom, che tra l’altro mi ha invitato al suo prossimo congresso: se riesco ci vado molto volentieri», gongola Salvini che a fine novembre, andrà al congresso del Front national.
A noi, invece, preme sottolineare che se non si farà qualcosa presto, creando una rete virtuosa dove collaborino la parte sana del meridionalismo e quella della sinistra antagonista meno ideologizzata e più meridionalista, andrà a finire che a battersi l’uno contro l’altro saranno solo un centrodestra lepeniano razzista e uno spegiudicato centrosinistra renziano.Con nessuno piu’ a battersi per i diritti, il lavoro e altri modelli di sviluppo che non siano quelli che attualmente ci uccidono.
Svegliamoci…
Così Lucilla Parlato, anima ardente dell'insorgenza sudista, lancia l'allarme per l'annunciata "calata del barbaro".
La strategia, spiega Andrea Signorelli sulle pagine di Blogonews, è chiara:
no euro, no immigrazione, attenzione alle fasce più deboli dell'elettorato italiano, addio alla questione padana e legami con chi si occupa di lavoro (sindacato a sinistra e destra sociale dall'altra parte). Una volta usciti dal recinto della Padania,le praterie elettorali potrebbero essere immense. E i primi a preoccuparsi devono essere gli ormai residuali partiti della sinistra estrema.Il nodo del fascioleghismo è di stringente attualità e quindi inauguriamo la terza rubrica di "Fascinazione", Fascioleghismo, che si avvarrà in gran misura del contributo operoso del mio autoproclamato 'discepolo' Matteo Luca Andriola, grandissimo cane da tartufo...
Orion e il flirt con la Lega
di Matteo Luca Andriola
In Piemonte, fra i primi partiti localisti spicca il Moviment d’Arnàssita Piemontéisa (o "Lista Piemont") di Roberto Gremmo, connotato in senso etno-regionale. Nel 1987 – dopo le iniziali difficoltà – avviene una scissione, dato che "Lista Piemont" è troppo localista e critica verso una strategia unitaria a favore della federazione delle varie leghe nel Nord Italia: Mario Borghezio e il cantautore folk Giuseppe «Gipo» Farassino danno vita a Piemont Autonomista, che si caratterizza per la ricerca di interlocutori settentrionali senza abbandona i temi etnocentrici, com’è evidente dal convegno tenutosi a Torino lo stesso anno, in cui viene stabilito che «l’identità etnico-culturale piemontese è uguale a tutela e salvaguardia della lingua, della cultura, dei modi di essere e dei valori; è senso civile della convivenza, della legalità, dello Stato di diritto, per la difesa dei diritti naturali delle etnie». Il concetto di etnia, tuttavia, è simile a quello di razza: «I diritti naturali delle etnie affondano le loro radici nel tempo dell’evoluzione storica. […] L’etnia va intesa come un momento evolutivo-bilogico-socio-culturale unitario. […] Queste realtà biologiche e queste realtà etno-culturali non sono mai state percepite dalle ideologie tradizionali».[1]
Dalla rottura fra Bossi e Berlusconi (1995-2000), il Carroccio inizia a camminare su due binari paralleli, utilizzando temi qualunquisti e liberisti per attirare il ceto medio, elaborando una Weltanschauung fondata su temi völkisch tratti dall’esperienza neodestrista (specie quella francobelga e austrotedesca) e introdotti da personale proveniente dalla destra radicale. È il caso […] di Mario Borghezio, cofondatore di Piemont Autonomista, ex militante di Jeune Europe di Jean Thiriart (assieme a intellettuali antiamericani come Claudio Mutti e Franco Cardini), della «Legione», la «Lega giovanile nazionale europea», espressione del Fronte nazionale di Junio Valerio Borghese e contiguo agli ambienti di Ordine nuovo. […]
Nei primi anni ’80 Borghezio frequenta attivamente il Centro culturale Barbarossa di Saluzzo (Cn), un sodalizio di originalmente legato a Franco Freda formato da ex ordinovisti e personalità provenienti dal gruppo torinese di Europa civiltà, animato dall’editore Maurizio Murelli, da cui nacque la Società Editrice Barbarossa e «Orion», un mensile della destra radicale all’ora fortemente interessato al regionalismo e al tradizionalismo. Tale interesse – e il successivo «flirt coi leghisti», per citare un’interessante espressione coniata da Ugo Maria Tassinari – si concretizza quando Murelli pubblica nel novembre 1987 il “Manifesto dell’Etnocrazia”, in cui si dichiara che solamente il radicamento etnoidentitario che parte dal basso, cioè dai quartieri, dai municipi, dalle città e dalle regioni, è l’unico mezzo per smuovere le acque stagnanti dell'impasse di un'Italia uscita duramente e con grandi difficoltà dagli anni di piombo.[2]
Dalla rottura fra Bossi e Berlusconi (1995-2000), il Carroccio inizia a camminare su due binari paralleli, utilizzando temi qualunquisti e liberisti per attirare il ceto medio, elaborando una Weltanschauung fondata su temi völkisch tratti dall’esperienza neodestrista (specie quella francobelga e austrotedesca) e introdotti da personale proveniente dalla destra radicale. È il caso […] di Mario Borghezio, cofondatore di Piemont Autonomista, ex militante di Jeune Europe di Jean Thiriart (assieme a intellettuali antiamericani come Claudio Mutti e Franco Cardini), della «Legione», la «Lega giovanile nazionale europea», espressione del Fronte nazionale di Junio Valerio Borghese e contiguo agli ambienti di Ordine nuovo. […]
Nei primi anni ’80 Borghezio frequenta attivamente il Centro culturale Barbarossa di Saluzzo (Cn), un sodalizio di originalmente legato a Franco Freda formato da ex ordinovisti e personalità provenienti dal gruppo torinese di Europa civiltà, animato dall’editore Maurizio Murelli, da cui nacque la Società Editrice Barbarossa e «Orion», un mensile della destra radicale all’ora fortemente interessato al regionalismo e al tradizionalismo. Tale interesse – e il successivo «flirt coi leghisti», per citare un’interessante espressione coniata da Ugo Maria Tassinari – si concretizza quando Murelli pubblica nel novembre 1987 il “Manifesto dell’Etnocrazia”, in cui si dichiara che solamente il radicamento etnoidentitario che parte dal basso, cioè dai quartieri, dai municipi, dalle città e dalle regioni, è l’unico mezzo per smuovere le acque stagnanti dell'impasse di un'Italia uscita duramente e con grandi difficoltà dagli anni di piombo.[2]
«Io, in semilibertà – ricorda Murelli al quotidiano «l’Unità» – mi ero stabilito a Saluzzo. Là avevo fondato «Orion», punto di ritrovo di tante persone di destra. […] Borghezio era un giovane avvocato con origini di estrema destra, aveva il pallino del complotto giudaico-massonico. […] Poi, purtroppo, sono stato io a consigliargli di entrare in Lega. Quel movimento era agli albori. Qualcuno di noi lo considerava una pagliacciata. Altri no. Io ho detto a Mario: prova ad entrare, mi pare che in Lega si stia concentrando il discorso delle tradizioni, dell’identità… È entrato, fine anni Ottanta. Dopo un po’ l’ho perso di vista. E me lo ritrovo capovolto. […] Non avrei mai pensato che arrivasse a quest’odio per l’Islam, a questa difesa delle radici cristiane. È inspiegabile, è un non-senso. […] Perché le radici che consideravamo, allora, erano semmai pagane. […] E comunque l’islamismo è rispettatissimo».[3]
A Ugo Maria Tassinari, Murelli dirà che Borghezio, «a parte la sua militanza con Giovane Europa assieme a Claudio Mutti (tra gli altri) è poi stato contiguo a On in modo particolare legatissimo a Salvatore Francia. […] Ferratissimo in Mondialismo e Trilateral. Fu lui a fornirmi la prima lista dei componenti quando le liste erano segrete».[4] In un articolo scritto dal compositore neofascista Francesco Mancinelli, viene documentata la filiazione dell’allora futuro eurodeputato con la destra radicale:
«Ricordo perfettamente la presenza di Mario Borghezio, nel raduno in occasione del solstizio d’estate a giugno 1986 a Tarquinia, organizzato "trasversalmente" da alcune realtà dell’area laziale tra cui il Movimento Politico Occidentale, Centro Studi tradizionali di Viterbo e militanti del Fronte della Gioventù di Colle Appio e Terni, in cui parteciparono le sigle del Nord Italia, tra cui «Orion» e «Ideogramma» […]. Presenti all’occasione per un paio di giornate anche Gianni Alemanno che utilizzò la festa per "rastrellare/selezionare" abilmente quadri e collaboratori alla Sua personale battaglia di costruzione "del suo personale ed esclusivo potere". Borghezio in quell’occasione, oltre ad un notevole spessore e conoscenza sulle dinamiche politiche ed istituzionali del nazional-socialismo, intervenne in una commissione interna sull’autodeterminazione dei popoli che puntava proprio alla causa dell’Islam in funzione anti-occidentale. Eravamo tuttavia nel 1986, e a parte il Fronte Nazionale francese che già mieteva consensi, la destra radicale italiana non era stata colpita dalla contro-rivoluzione "di azione e pensiero" iniziata a ridosso della caduta del muro grossomodo nel 1992. Erano i primi tentativi di ricostruire un network, dopo la dissoluzione dei primi anni ’80, ed esisteva ancora un effetto culturale derivato dagli anni ’70 che non aveva permesso ad es. "il deviazionismo" e la radicalizzazione contro gli extracomunitari. Non esistevano ancora Berlusconi leader, le derive nazional-populiste, gli skinheads e la Lega partiva allora. Paradossalmente proprio lo spessore culturale e gli immaginari della destra radicale nordista funzionarono da detonatore della radicalizzazione leghista sul territorio».[5]
I rapporti con l’area di provenienza degenerano con l’11 settembre 2011. Quegli eventi favoriranno la trasformazione di Borghezio nel paladino della crociata antislamica, occidentalista e atlantista del Carroccio. Murelli a riguardo dirà:
«Un personaggio stomachevole che riempie sempre più spesso il video è l’onorevole padano Mario Borghezio, che oggi fa della guerra al terrorismo e all’Islam la sua bandiera di lotta. Un altro che ha fatto presto a cambiare cavallo. Il lettore deve sapere che tra il 1985 e il 1990 l’onorevole Borghezio era ospite a casa mia praticamente tutte le settimane. Fu l’ideatore di «Orion-finanza», supplemento a «Orion». Anch’io passavo per terrorista e più di me passava per terrorista Claudio Mutti che amorevolmente Borghezio soprannominava "Muttim" e della cui amicizia, fin dai tempi di Giovane Europa, menava vanto. Dunque, oltre a frequentare amabilmente me, Salvatore Francia (più volte accusato di essere il terrorista numero uno di Ordine nuovo), Adriana Pontecorvo (sempre di Ordine nuovo) e Oggero di Carmagnola (che stampava una rivista intitolata, ma guarda caso, «Jihad»); oltre ad accompagnarsi a sedicenti “colonnelli” del fantomatico Stato del Sahara Occidentale Spagnolo; oltre ad essere accusato lui stesso di atti terroristici (e, mi pare di ricordare, processato) per una lettera anonima della “Falange armata” inviata all’allora giudice di Torino Violante; ebbene, a parte queste “pericolose” ed “equivoche” frequentazioni ciò che lo contraddistingueva era la sua ideologia ferocemente antiamericana e antigiudaica. Oggi, e cito lui perché è il più insopportabile nei suoi atteggiamenti provocatori e mistificatori di "bassa lega", è diventato come molti altri campione dell’intransigenza anti-islamica».[6]
Le leghe regionaliste vengono viste dal gruppo di «Orion» come un mezzo per scardinare il sistema liberale retto dalla partitocrazia. Murelli, spiegando ai lettori l’avanzata della Lega lombarda in alcuni comuni della provincia di Varese e di Bergamo a scapito della Dc e del Pentapartito, parla di “Etnocrazia alla riscossa”. Il direttore sosteneva che
«è pur vero che il discorso politico-culturale che va sfiorando [la Lega] è di estremo interesse e di estrema sintonia con le posizioni già espresse in «Orion», almeno potenzialmente. Per questa ragione invitiamo i nostri lettori lombardi ad avvicinarsi alla Lega apportando il loro contributo per una visione più profonda della concezione etnocentrica».[7]
Il Centro culturale Barbarossa di Saluzzo era frequentato, oltre che da Borghezio, da vari giovani che, dietro suggerimento di Murelli, transitano in Piemont Autonomista e poi nella Lega, interessati all’autonomismo piemontesista per alcuni «minimi comun denominatori» come la difesa delle tradizioni locali e dell’identità etno-culturale, la relativizzazione dell’unità giacobina dell’Italia e la critica all’immigrazione di popolamento. Le figure chiave di questa interessante “penetrazione” della destra radicale nel populismo etnico – fenomeno poco conosciuto che con modalità diverse si ripete in tutta l’Europa – è Alberto Sciandra, all’epoca studente universitario e successivamente dirigente leghista del Piemonte, candidato alle elezioni comunali di Cuneo nel 1990 e poi consigliere comunale e segretario provinciale dal 1992 al 1998, Marco Littera e l’ex deputato leghista Guido Rossi (che all’epoca teorizza l’alleanza antimondialista con l’Islam, «che la destra radicale ha scoperto vent’anni prima della sinistra»). Sciandra, che non fa alcun mistero delle sue idee, «un po’ le suggestioni della Nuovelle Droite francese, un po’ il tradizionalismo di Julius Evola»,[8] aderisce a Piemont Autonomista dopo aver frequentato il gruppo di rievocazione storica Piero Micca, composto da figuranti con divise dell’esercito sabaudo del 1705–1706, che ricostruivano l’assedio di Torino. La conoscenza e l’esaltazione degli episodi della storia locale, carichi di emotività, potevano essere usati come «miti» aggregativi e comunitari da spendere nell’arena politica, dato che il riferimento al mito è presente sia nella destra radicale che nella Nuova destra. Il neodestrista Marco Tarchi sottolinea infatti l’urgenza del «saper creare miti fondatori, quindi di aver capacità mitopoietica, e di saper esprimere una liturgia, una sorta di rito comunitario».[9] Sciandra, vicino a Borghezio, spiega infatti che certe ritualità pagane presenti nella Lega [il mito dell’ampolla del dio Po raccolta nel Monviso, i matrimoni celtici, ecc.], sminuite dalla stampa nazionale come mero folklorismo o “buffonata”, erano state introdotte da personaggi provenienti dalla destra radicale che conoscevano bene l’importanza comunicativa ed emotiva di determinate simbologie:
«Secondo Sciandra quando la Lega «iniziò a giocare» con il dio Po, le adunate, gli alzabandiera, l’uso non più di Alberto da Giussano ma del Sole delle Alpi, a Milano esisteva qualcuno, proveniente dalla destra radicale, che conosceva molto bene l’argomento, che è riuscito a influenzare Bossi e la direzione. Un richiamo, quindi, ai meccanismi e ai simboli. La nascita delle Guardie Padane […] venne vista da Sciandra come cosa interessante, ma anche come evento pericoloso, un movimento nel movimento, «le SA della situazione». Sciandra fu uno degli organizzatori della prima manifestazione della Lega Nord alla sorgente del Po nel 1996: autore dello striscione «Dio lo vuole». Secondo Sciandra l’uso dei simboli è uno strumento molto utile per arrivare alla gente. «Abbiamo giocato molto agli apprendisti stregoni e che nessuno si sia fatto male è stato davvero un caso», afferma Sciandra: tutta la propaganda della Lega Nord sembrava pilotata dall’alto da qualcuno che sperava si creasse una frangia armata «che poi desse modo di contrattare».[10]
Non casualmente, continua Sciandra durante l’intervista, una delle prime sezioni "piemontesiste" ad aprire i battenti è proprio quella di Saluzzo. Ma chi è quel «qualcuno, proveniente dalla destra radicale, che conosceva molto bene l’argomento, che è riuscito a influenzare Bossi e la direzione» capace di accantonare l’Alberto da Giussano, simbolo della battaglia di Legnano e del giuramento di Pontida, facendo adottare il "Sole delle Alpi"? Sciandra si riferisce all’architetto Gilberto Oneto, ideologo dell’identitarismo padanista nel Carroccio e animatore dei «Quaderni Padani», organo della Libera compagnia padana, circolo identitario filoleghista nato nel 1995. È lui ad aver introdotto il Sole delle Alpi, simbolo solare celtico che ricorda molto la swastica prenazista, la croce solare (o croce celtica) e la croce bretone, lo stemma del Grece.[11] Oneto, dopo una vicinanza giovanile a Ordine nuovo, milita nella corrente rautiana del Msi-Dn, collaborando con la componente che in seguito animerà la Nuova destra. È il caso, per comprendere questa personalità, di ripercorrere celermente la storia della corrente neodestrista italiana,[12] che affonda le sue radici in un sodalizio nato a Firenze nel 1974 attorno al giovane Marco Tarchi e a Carlo Terracciano dopo l’incontro avvenuto l’anno precedente a Ostia al campo-scuola del Fronte della gioventù (Fdg) con Jack Marchal, cantautore, vignettista della rivista giovanile di destra «Alternative» e delegato di Ordre nouveau, importante per lo sviluppo del Front national, come ci ricorda lo stesso Tarchi, e per la rivista «La Voce della Fogna»:
«Fu dopo un primo assaggio di vacanza militante nel febbraio 1973, in cui in tre avevamo deciso di imbarcarci per dare una mano, nell’imminenza delle elezioni legislative, ai “camerati” transalpini del Front national (sigla ideata da Ordre nouveau per avere una copertura politica moderata e affidata a Jean-Marie Le Pen, che se ne sarebbe servito per mettere alla porta gli scomodi alleati quando On venne sciolto dal governo, pochi mesi più tardi) affliggendo nottetempo manifesti a Nizza, a Marsiglia, a Lione, a Saint-Etienne e in qualche quartiere di Parigi che il proposito [la nascita de «La Voce della Fogna». Ndr] si tradusse in realtà».[13]
[…] A questo punto è opportuno soffermarci non tanto sulla Nuova destra, […] ma sulle tematiche “neodestriste” presenti nei fumetti disegnati da Gilberto Oneto, il Gamotta, che nel 1996, quando nasce il “governo padano”, viene nominato Ministro dell’Identità Padana, e che tutt’oggi – nonostante abbia rotto col Carroccio per fenomeni di malcostume – collabora a organizzazioni collaterali come la Libera Compagnia Padana e da Terra Insubre, altra associazione identitarista che analizzeremo. Una delle prime strisce pubblicate sulla «Voce della Fogna» è “Il Gamotta fa le pulci alla storia patria… a libera ruota su Gary Baldi”, una satira ai danni di Garibaldi e dell’epopea risorgimentale, che viene irrisa. Il messaggio di fondo è che l’unità d’Italia si fonda su un patriottismo fittizio e "massonico". L’autore dipinge Garibaldi come un mediocre, schiavo dell’onanismo, un militare imbelle che unifica l’Italia solo grazie all’aiuto della massoneria, una forza occulta che contamina l’Italia. Tutte le battaglie vinte dai Mille vengono dipinte come se fossero state manovrate in maniera occulta dalle varie logge massoniche sparse sulla penisola, distruggendo la tradizione e le “piccole patrie” aristocratiche d’Ancient Régime.[14] Tutt’oggi, da «patriota padano», Oneto pubblica libri antirisorgimentali in cui le “piccole patrie” prerivoluzionarie vengono innalzate a baluardo contro una modernità decadente, e dove vengono esaltati gli episodi di insorgenza antigiacobina, le cosiddette "Vandee italiane", alla pari dei circoli evoliani e di altri ambienti, dove si sta espandendo una sorta di revisionismo filoborbonico,[15] e di libri revisionisti sulla storia dei popoli che abitavano in "Padania", in cui si sottolinea la loro totale estraneità alla cultura italiana, evidenziando, al contrario, la loro identità «celtica, longobarda, occitana, gotica e veneta»,[16] tema più volte esposto nei «Quaderni Padani».[17]
Oltre a Oneto, ormai ufficialmente estraneo a tale circuito visti gli ultimi scandali in età bossiana e ad altri circoli, come Terra Insubre, che analizzeremo, quando la corrente neodestrista italiana inizia a interessarsi al leghismo? All’inizio, vista la «scelta del gruppo redazionale» di «Diorama letterario» «di operare sul piano esclusivamente metapolitico e culturale, astenendosi da qualsiasi prospettiva militante», «l’interesse verso il fenomeno leghista» era «occasionale, quasi sempre legato alla recensione-discussione di volumi sull’argomento», a differenza di «Orion», pronta a consigliare ai suoi lettori di militarvi per contribuire alla causa antimondialista. La Nuova destra invece, inizia gradualmente a interessarsi al Carroccio solo dopo le elezioni amministrative del 1990, pubblicando all’inizio
Oltre a Oneto, ormai ufficialmente estraneo a tale circuito visti gli ultimi scandali in età bossiana e ad altri circoli, come Terra Insubre, che analizzeremo, quando la corrente neodestrista italiana inizia a interessarsi al leghismo? All’inizio, vista la «scelta del gruppo redazionale» di «Diorama letterario» «di operare sul piano esclusivamente metapolitico e culturale, astenendosi da qualsiasi prospettiva militante», «l’interesse verso il fenomeno leghista» era «occasionale, quasi sempre legato alla recensione-discussione di volumi sull’argomento», a differenza di «Orion», pronta a consigliare ai suoi lettori di militarvi per contribuire alla causa antimondialista. La Nuova destra invece, inizia gradualmente a interessarsi al Carroccio solo dopo le elezioni amministrative del 1990, pubblicando all’inizio
«una vera e propria requisitoria contro il leghismo, probabilmente la prima che fosse mai comparsa nella pubblicistica della destra radicale. […] Ad avviso di Pignatelli […] la Lega non aveva alcuna base etnica: anzi […] il leghismo rischia di esporre […] l’autonomia amministrativa, il regionalismo ecc. a una «ridicolizzazione». […] La Lega era l’espressione più coerente del cumenda e dello yuppismo padano in cui s’incrociavano motivi protezionistici, «l’esaltazione della laboriosità locale […]», nonché la protesta fiscale. […] il movimento era destinato a diventare il maggior imprenditore politico del razzismo, ma non poteva […] essere considerato antagonistico al sistema capitalistico. […] All’indomani delle elezioni politiche [del 1992] «Diorama letterario» sarebbe ritornato sul tema con un altro articolo del Pignatelli e con una recensione di Tarchi. Mentre il primo ribadiva quasi tutte le precedenti posizioni della rivista, sostenendo che il successo elettorale conseguito dalla Lega poneva ora al movimento il passaggio da un atteggiamento chiuso e campanilistico a una prospettiva nazionale («Meno campanilismo lombardo e più Europa»), l’analisi di Tarchi tentava d’inserire il successo leghista all’interno del più generale panorama europeo lasciando intravedere un certo interesse per il ruolo «oggettivo» che poteva svolgere la Lega in un quadro di rapido mutamento».[18]
[continua…]
Note:
[1] Convegno sulle autonomie a Palazzo Lescaris / Autonomie perché?, in «Piemont Autonomista», n. 1, gennaio 1988.
23] Cfr. Manifesto dell’Etnocrazia, in «Orion», a. IV, n. 11, novembre 1987 e U. M. Tassinari, Fascisteria. Storia, mitografia e personaggi della destra radicale in Italia, Milano, Sperling & Kupfer, 2008, p. 332
[3] M. Murelli, dichiarazione rilasciata a M. Sartori, in Borghezio: Fascio, Lega e Bastone. Ora è il campione della lotta all’Islam ma un tempo gridava al complotto giudaico-massonico, in «l’Unità», 23 ottobre 2002
[4] M. Murelli, dichiarazione rilasciata a U. M. Tassinari, in ugomariatassinari.it, blog, 27 maggio 2014.
[5] F. Mancinelli, Era l’estate del 1986, in "FascinAzione", blog, 10 ottobre 2010. Il rito del solstizio dell’estate 1986 è documentato da un inserto fotografico pubblicato su «Orion», a. III, n. 9, settembre 1986.
[6] M. Murelli, Occidente: fronte infame, in «Orion», nuova serie, a. V, n. 10, ottobre 2001, p. 3
[7] M. Murelli, Etnocrazia alla riscossa, in «Orion», a. IV, n. 3, marzo 1988.
[8] A. Sciandra, dichiarazione rilasciata a F. Dalmasso, Cuneo, 18 gennaio 2006, in S. Dalmasso, Le Leghe, da C.I.P.E.C – Quaderno n. 17 – Appunti sui partiti politici in provincia di Cuneo (1976 – 1992), http://www.cipec-cuneo.org/quaderni/cipec34.htm.
[9] M. Tarchi, Dalla politica al “politico”: il problema di una nuova antropologia, in Apiù mani, Al di là della destra e della sinistra, Atti del convegno «Costanti ed evoluzioni di un patrimonio culturale», Roma, LEdE, 1982, p. 22.
[10] A. Sciandra, dichiarazione rilasciata a F. Dalmasso, Cuneo, 18 gennaio 2006, in S. Dalmasso, Le Leghe, cit.
[11] G. Oneto, Il «Sole delle Alpi», simbolo Padano, in «Quaderni Padani», a. I, n. 1, estate 1995.
[12] Cfr. M. Revelli, La nuova destra, in La destra radicale, a cura di F. Ferraresi, Milano, Feltrinelli, 1984, p. 119-214; G. Tassani, Visto da sinistra. Ricognizioni sulla Nuova Destra, Firenze, Arnaud, 1986 e Id., La nuova destra, in «Democrazia e Diritto», n. 1, gennaio-marzo 1994, pp. 119-133; F. Sacchi, La Nuova Destra italiana, in «Diorama letterario», n. 205, giugno-luglio 1997, pp. 34-39; M. Lenci, La Nuova destra italiana e le sue tesi politiche, in «Biblioteca della libertà», n. 118, 1992, pp. 117-140; M. Giovana, Vecchie e nuove destre: un decennio fra crisi della democrazia, legittimazioni e “miti triviali”, in «Studi piacentini», n. 13, 1993, pp. 57-68; E. Raisi, Storia ed idee della Nuova Destra italiana, Roma, Settimo Sigillo, 1990; M. Angella, La Nuova Destra. Oltre il neofascismo fino alle “nuove sintesi”, Firenze, Fersu, 2000; La rivoluzione impossibile. Dai Campi Hobbit alla Nuova destra (a cura di M. Tarchi), Firenze, Vallecchi, 2010 e M. Capra Casadio, Storia della Nuova Destra. La rivoluzione metapolitica dalla Francia all’Italia (1974-2000), Bologna, Clueb, 2013.
[13] M. Tarchi, Frammenti di un’avventura, in «Diorama letterario», n. 309, maggio-giugno 2012, p. 8. Cfr. U. Croppi, Le vicende della Nuova destra, in «Letteratura e Tradizione, n. 39, maggio-giugno 2006, p. 6 ss. e M. Angella, La Nuova Destra. Oltre il neofascismo fino alle “nuove sintesi”, Firenze, Fersu, 2000, pp. 41-42.
[14] Cfr. Il Gamotta fa le pulci alla storia patria… a libera ruota su Gary Baldi, in «La Voce della Fogna», n. 14, giugno 1977.
[15] Cfr. C. Alianello, La conquista del Sud. Il Risorgimento nell’Italia meridionale; Milano, Rizzoli, 1994; F. Izzo, I Lager dei Savoia. Storia infame del Risorgimento nei campi di concentramento per meridionali, Napoli, Controcorrente, 1999; M. Viglione, Rivolte dimenticate. Le insorgenze degli Italiani dalle origini al 1815, Roma, Città nuova, 1999; Id., Le insorgenze. Rivoluzione e controrivoluzione in Italia 1792-1815, Milano, Ares, 1999; Id., La «Vandea italiana». Le insorgenze controrivoluzionarie alle origini del 1814, Milano, Effedieffe, 1994 (recensito in R. De Mattei, Ecco l’epopea della «Vandea italiana», in «Il Secolo d’Italia», 17 ottobre 1995). Sulle simpatie neoborboniche della destra neo/postfascista si vedano i seguenti saggi e articoli “d’area”: F. Perfetti, L’ideologia antirevisionista, in «Nuova storia contemporanea», n. 6, 2000; G. Fergola, La furia giacobina di Maria Antonietta, in «Il Secolo d’Italia», 11 settembre 1994; F. Pappalardo, Sanfedismo, la tradizione in armi, in «Il Secolo d’Italia», 16 febbraio 1996; F. M. Agnoli, Umili eroi di Napoli, in «Il Secolo d’Italia», 9 marzo 1996. Interessanti anche gli articoli neoborbonici pubblicati su «L’Italia settimanale», periodico di destra diretto dal filosofo pugliese Marcello Veneziani, "laboratorio culturale" di Alleanza nazionale, a cui collabora anche una colonna di «Orion», Claudio Mutti: R. Cammilleri, La vera resistenza italiana, in «L’Italia settimanale», 15 dicembre 1995; R. Jacopini, Il Sud comincia dai Borboni, in «L’Italia settimanale», 1° febbraio 1995; L. Garibaldi, Non dimenticate la Vandea, in «L’Italia settimanale», 12 maggio 1993; F. Torniero, C’è pure un revisionismo borbonico, in «L’Italia settimanale», 17 febbraio 1993; importante la polemica dell’intellettuale M. Bernardi Guardi, editorialista de «Il Secolo d’Italia», collaboratore a numerose riviste neofasciste, ex esponente della Nuova destra e collaboratore alla prima serie di «Elementi», contro G. Galasso, L’intolleranza di un neo-giacobino (1995), in Italia loro. Sinistri sinistresi sinistrati, Roma, Pellicani, 1997.
[16] Cfr. G. Oneto, Bandiere di Libertà: simboli e vessilli dell'Italia Settentrionale, Milano, FdF produzioni cinematografiche e a stampa, 1992; Id., Croci draghi aquile e leoni. Simboli e bandiere dei popoli padano-alpini, Collegno, Chiaramonte, 2005; Id., L’Invenzione della Padania, Bergamo, Foedus Editore, 1997; Id., Piccolo è bello, Bergamo, Facco Editore, 2005; Id., San Giorgio patrono della libertà, Rimini, Il Cerchio, 2009; Id., La strana unità. Risorgimento: buono, inutile o dannoso?, Rimini, Il Cerchio, 2010; G. Oneto - F. Bampi, L’insurrezione genovese del 1849, Rimini, Il Cerchio, 2010; E. Sondrio – G. Oneto, Cronologia celto-germanica, supplemento a «Quaderni Padani», n. 33, gennaio-febbraio 2001.
[17] Cfr. F. Grisolia, “Viva Maria!” Le insorgenze antigiacobine in Liguria, in «Quaderni Padani», a. IV, n. 20, 1999, pp. 29-30; A. Rognoni, Per una geofilosofia delle Insorgenze padane, in ivi., a. IV, n. 29, 2000, pp. 1-4; M. Pintus, Insorgenze piemontesi e partigiani “barbetti” dell’epoca napoleonica, in ivi, pp. 33-37; O. Sanguinetti, Le insorgenze popolari contro-rivoluzionarie in Lombardia nel periodo napoleonico, in ivi, pp. 41-47; F. Bonaiti, Le insorgenze antigiacobine bergamasche (29-30 marzo 1797), in ivi, pp. 48-49; A. Mestriner Benassi, La “Vandea” estense, in ivi, pp. 57-62; G. Oneto, Quegli autonomisti di duecento anni fa, in ivi, pp. 81-84; R. Bracalini, La scuola e l’istruzione negli Stati preunitari, in ivi., a. VII, n. 33, 2001, pp. 32-37; G. Oneto, L’aquila d’Europa, in ivi., a. VI, n. 31, 2000, pp. 20-28; M. de Leonardis, Francesco Giuseppe I: sovrano esemplare di un Impero provvidenziale, in ivi, pp. 29-35; C. Galimberti, Lombardo-Veneto e Impero asburgico, in ivi., a. VIII, n. 40, 2002, pp. 14-23.
[18] F. Germinario, La destra fra leghismo e antileghismo, in «Il Calendario del popolo», n. 572, gennaio 1994, pp. 51, 52. Cfr. inoltre Id., La Lega Nord vista dalla pubblicistica della destra radicale, in «Iter», n. 8, n. monografico su Ethnos e Demos. Dal leghismo al populismo, a cura di A. Bonomi e P. P. Poggio, 1995, pp. 232-244.
[1] Convegno sulle autonomie a Palazzo Lescaris / Autonomie perché?, in «Piemont Autonomista», n. 1, gennaio 1988.
23] Cfr. Manifesto dell’Etnocrazia, in «Orion», a. IV, n. 11, novembre 1987 e U. M. Tassinari, Fascisteria. Storia, mitografia e personaggi della destra radicale in Italia, Milano, Sperling & Kupfer, 2008, p. 332
[3] M. Murelli, dichiarazione rilasciata a M. Sartori, in Borghezio: Fascio, Lega e Bastone. Ora è il campione della lotta all’Islam ma un tempo gridava al complotto giudaico-massonico, in «l’Unità», 23 ottobre 2002
[4] M. Murelli, dichiarazione rilasciata a U. M. Tassinari, in ugomariatassinari.it, blog, 27 maggio 2014.
[5] F. Mancinelli, Era l’estate del 1986, in "FascinAzione", blog, 10 ottobre 2010. Il rito del solstizio dell’estate 1986 è documentato da un inserto fotografico pubblicato su «Orion», a. III, n. 9, settembre 1986.
[6] M. Murelli, Occidente: fronte infame, in «Orion», nuova serie, a. V, n. 10, ottobre 2001, p. 3
[7] M. Murelli, Etnocrazia alla riscossa, in «Orion», a. IV, n. 3, marzo 1988.
[8] A. Sciandra, dichiarazione rilasciata a F. Dalmasso, Cuneo, 18 gennaio 2006, in S. Dalmasso, Le Leghe, da C.I.P.E.C – Quaderno n. 17 – Appunti sui partiti politici in provincia di Cuneo (1976 – 1992), http://www.cipec-cuneo.org/quaderni/cipec34.htm.
[9] M. Tarchi, Dalla politica al “politico”: il problema di una nuova antropologia, in Apiù mani, Al di là della destra e della sinistra, Atti del convegno «Costanti ed evoluzioni di un patrimonio culturale», Roma, LEdE, 1982, p. 22.
[10] A. Sciandra, dichiarazione rilasciata a F. Dalmasso, Cuneo, 18 gennaio 2006, in S. Dalmasso, Le Leghe, cit.
[11] G. Oneto, Il «Sole delle Alpi», simbolo Padano, in «Quaderni Padani», a. I, n. 1, estate 1995.
[12] Cfr. M. Revelli, La nuova destra, in La destra radicale, a cura di F. Ferraresi, Milano, Feltrinelli, 1984, p. 119-214; G. Tassani, Visto da sinistra. Ricognizioni sulla Nuova Destra, Firenze, Arnaud, 1986 e Id., La nuova destra, in «Democrazia e Diritto», n. 1, gennaio-marzo 1994, pp. 119-133; F. Sacchi, La Nuova Destra italiana, in «Diorama letterario», n. 205, giugno-luglio 1997, pp. 34-39; M. Lenci, La Nuova destra italiana e le sue tesi politiche, in «Biblioteca della libertà», n. 118, 1992, pp. 117-140; M. Giovana, Vecchie e nuove destre: un decennio fra crisi della democrazia, legittimazioni e “miti triviali”, in «Studi piacentini», n. 13, 1993, pp. 57-68; E. Raisi, Storia ed idee della Nuova Destra italiana, Roma, Settimo Sigillo, 1990; M. Angella, La Nuova Destra. Oltre il neofascismo fino alle “nuove sintesi”, Firenze, Fersu, 2000; La rivoluzione impossibile. Dai Campi Hobbit alla Nuova destra (a cura di M. Tarchi), Firenze, Vallecchi, 2010 e M. Capra Casadio, Storia della Nuova Destra. La rivoluzione metapolitica dalla Francia all’Italia (1974-2000), Bologna, Clueb, 2013.
[13] M. Tarchi, Frammenti di un’avventura, in «Diorama letterario», n. 309, maggio-giugno 2012, p. 8. Cfr. U. Croppi, Le vicende della Nuova destra, in «Letteratura e Tradizione, n. 39, maggio-giugno 2006, p. 6 ss. e M. Angella, La Nuova Destra. Oltre il neofascismo fino alle “nuove sintesi”, Firenze, Fersu, 2000, pp. 41-42.
[14] Cfr. Il Gamotta fa le pulci alla storia patria… a libera ruota su Gary Baldi, in «La Voce della Fogna», n. 14, giugno 1977.
[15] Cfr. C. Alianello, La conquista del Sud. Il Risorgimento nell’Italia meridionale; Milano, Rizzoli, 1994; F. Izzo, I Lager dei Savoia. Storia infame del Risorgimento nei campi di concentramento per meridionali, Napoli, Controcorrente, 1999; M. Viglione, Rivolte dimenticate. Le insorgenze degli Italiani dalle origini al 1815, Roma, Città nuova, 1999; Id., Le insorgenze. Rivoluzione e controrivoluzione in Italia 1792-1815, Milano, Ares, 1999; Id., La «Vandea italiana». Le insorgenze controrivoluzionarie alle origini del 1814, Milano, Effedieffe, 1994 (recensito in R. De Mattei, Ecco l’epopea della «Vandea italiana», in «Il Secolo d’Italia», 17 ottobre 1995). Sulle simpatie neoborboniche della destra neo/postfascista si vedano i seguenti saggi e articoli “d’area”: F. Perfetti, L’ideologia antirevisionista, in «Nuova storia contemporanea», n. 6, 2000; G. Fergola, La furia giacobina di Maria Antonietta, in «Il Secolo d’Italia», 11 settembre 1994; F. Pappalardo, Sanfedismo, la tradizione in armi, in «Il Secolo d’Italia», 16 febbraio 1996; F. M. Agnoli, Umili eroi di Napoli, in «Il Secolo d’Italia», 9 marzo 1996. Interessanti anche gli articoli neoborbonici pubblicati su «L’Italia settimanale», periodico di destra diretto dal filosofo pugliese Marcello Veneziani, "laboratorio culturale" di Alleanza nazionale, a cui collabora anche una colonna di «Orion», Claudio Mutti: R. Cammilleri, La vera resistenza italiana, in «L’Italia settimanale», 15 dicembre 1995; R. Jacopini, Il Sud comincia dai Borboni, in «L’Italia settimanale», 1° febbraio 1995; L. Garibaldi, Non dimenticate la Vandea, in «L’Italia settimanale», 12 maggio 1993; F. Torniero, C’è pure un revisionismo borbonico, in «L’Italia settimanale», 17 febbraio 1993; importante la polemica dell’intellettuale M. Bernardi Guardi, editorialista de «Il Secolo d’Italia», collaboratore a numerose riviste neofasciste, ex esponente della Nuova destra e collaboratore alla prima serie di «Elementi», contro G. Galasso, L’intolleranza di un neo-giacobino (1995), in Italia loro. Sinistri sinistresi sinistrati, Roma, Pellicani, 1997.
[16] Cfr. G. Oneto, Bandiere di Libertà: simboli e vessilli dell'Italia Settentrionale, Milano, FdF produzioni cinematografiche e a stampa, 1992; Id., Croci draghi aquile e leoni. Simboli e bandiere dei popoli padano-alpini, Collegno, Chiaramonte, 2005; Id., L’Invenzione della Padania, Bergamo, Foedus Editore, 1997; Id., Piccolo è bello, Bergamo, Facco Editore, 2005; Id., San Giorgio patrono della libertà, Rimini, Il Cerchio, 2009; Id., La strana unità. Risorgimento: buono, inutile o dannoso?, Rimini, Il Cerchio, 2010; G. Oneto - F. Bampi, L’insurrezione genovese del 1849, Rimini, Il Cerchio, 2010; E. Sondrio – G. Oneto, Cronologia celto-germanica, supplemento a «Quaderni Padani», n. 33, gennaio-febbraio 2001.
[17] Cfr. F. Grisolia, “Viva Maria!” Le insorgenze antigiacobine in Liguria, in «Quaderni Padani», a. IV, n. 20, 1999, pp. 29-30; A. Rognoni, Per una geofilosofia delle Insorgenze padane, in ivi., a. IV, n. 29, 2000, pp. 1-4; M. Pintus, Insorgenze piemontesi e partigiani “barbetti” dell’epoca napoleonica, in ivi, pp. 33-37; O. Sanguinetti, Le insorgenze popolari contro-rivoluzionarie in Lombardia nel periodo napoleonico, in ivi, pp. 41-47; F. Bonaiti, Le insorgenze antigiacobine bergamasche (29-30 marzo 1797), in ivi, pp. 48-49; A. Mestriner Benassi, La “Vandea” estense, in ivi, pp. 57-62; G. Oneto, Quegli autonomisti di duecento anni fa, in ivi, pp. 81-84; R. Bracalini, La scuola e l’istruzione negli Stati preunitari, in ivi., a. VII, n. 33, 2001, pp. 32-37; G. Oneto, L’aquila d’Europa, in ivi., a. VI, n. 31, 2000, pp. 20-28; M. de Leonardis, Francesco Giuseppe I: sovrano esemplare di un Impero provvidenziale, in ivi, pp. 29-35; C. Galimberti, Lombardo-Veneto e Impero asburgico, in ivi., a. VIII, n. 40, 2002, pp. 14-23.
[18] F. Germinario, La destra fra leghismo e antileghismo, in «Il Calendario del popolo», n. 572, gennaio 1994, pp. 51, 52. Cfr. inoltre Id., La Lega Nord vista dalla pubblicistica della destra radicale, in «Iter», n. 8, n. monografico su Ethnos e Demos. Dal leghismo al populismo, a cura di A. Bonomi e P. P. Poggio, 1995, pp. 232-244.
Bhè che Lucilla Parlato si allarmi ora, è da ridere.
RispondiEliminaDove era la sinistra quando la Fornero ha cancellato le pensioni ?
Dove è oggi la sinistra antagonista mentre la sinistra istituzionale cancella l'art. 18 ?
Purtroppo va a rompere i coglioni in piazza a chi manifesta per la famiglia ( cioè una delle tante minoranza assediate rimaste .... )
Sarebbe stato interessante vedere la posizione di Pasolini sui temi della famiglia e dei matrimoni gay se oggi fosse stato ancora vivo ...!! )
Il vero problema è che la sinistra di oggi è paladina " della globalizzazione " in tutte le sue variabili, magari non gli piace la dinamica "mondialista" cioe' come vengono gestiti i processi di globalizzazione, ma sono anche loro paladini dello stesso sistema liberal-capitalista-neo-troskista in accelerazione.
D'altro si batte chi difende la specificità del Lavoro, della Famiglia, della Natio, della Cultura " della Religione, e quel poco che rimane dello Stato ....
Lo scontro antropologico/sociologico in atto è quindi tra la/le comunita ed i corpi intermedi specifici' e l'ultimo atto della società liquida ed indifferenziata denunciata negli anni 70' da Pasolini, da Evola, da Augusto del Noce ...
Differenzialismo/Specificità/Radicamento Vs liquidità indifferenziata e relativismo iperconsumista new global.
A me sembra che la una certa sinistra da lungo tempo parteggi per quest'ultimo modello ...
Francesco Mancinelli
"sistema liberal-capitalista-neo-troskista in accelerazione"
RispondiEliminaDi minchiate ne ho sentite tante ... ma questa le supera tutte ...
Che minchia c'entra Trotzky ed il trotzkismo ?
RispondiEliminaA proposito di minchiate, senza scomodare Costanzo Preve che ha scritto pagine troppo intelligenti sul tema delle malattia infantile di un certo " internazionalismo ideologico, astratto, tutto sinistrese ed elitario ",
basta vedere i nomi ed i cognomi di intere classi dirigenti di giornalisti, economisti, filosofi d'avangiardia, politici doc, artisti, in Francia, Germania, Austraia e perfino dagli Stati Uniti dentro l'apparato "neocon", ....
da quale famiglia ideologica provengono.
D'altra parte mondialismo e globalizzazione sono i figli ibridi ed indiretti ( ... e per questo ho parlato di neo-troskismo e non di Troskismo ...) di una certa visione messianica-internazionalista, apolide, determinista, liberal-progressita, sempre in voga nelle elite benpensanti , nei think thank che contano, quelle che etero-dirigono, che plasmano i costumi e la pseudo-cultura relativista dei nostri tempi ....
C'è un vecchio pezzo di Vecchioni cha vale la pena citare e che ci si infila a pennello sul tema di queste nuove oligarchie " illuminate " ...
Lieti vivevano in un castello
col marcondirondirondello;
mai avevan visto un contadino:
facevan tardi a tirar mattino.
E whisky kid col suo cirano
e un produttore napoletano
registi, critici e premi vari,
rossi al crepuscolo i cardinali.
Erano al centro dell'argomento
tutta questione d'allenamento;
di notte a turno scendevan le scale
gridando al buio della sala centrale:
"Su, dimmi, specchio delle mie brame,
chi è il più anarchico del reame?
su, dimmi specchio delle mie brame,
chi è il più anarchico del reame?
Un saluto
Francesco Mancinelli
A proposito di neo-troskismo mondialista , molto carina la scenetta da fumetto sul sito dell'intellettuale dissidente con Mario Draghi che tiene in mano una bandiera anarchica e dice : " ...
RispondiEliminala nostra patria è tutto il mondo, ed il nostro unico credo il mercato globale ....
La dice lunga ...
Comunque il compianto Carlo Terracciano l'aveva vista lunga già da metà degli anni 80' ...
Ottimo questo articolo tratto da Arianna Ed. sul tema della Lega 2.0
http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=49548