La Rai gli chiude i cancelli in faccia, Manzi si dà fuoco: è in gravi condizioni
(umt) Alla fine è riuscito a farsi male davvero. Frediano Manzi (nella foto a destra, in occasione della consegna di un premio) è stato ricoverato in gravi condizioni in ospedale con ustioni di terzo grado in tutto il corpo per essersi dato fuoco davanti alla sede Rai di Milano, in corso Sempione. A soccorrerlo è stato il conducente di un tram: «Stavo transitando in corso Sempione quando ho visto le fiamme e istintivamente mi sono fermato. Poi ho capito che era un uomo e sono sceso con l'estintore e ho spento il fuoco che lo avvolgeva».
Manzi aveva chiesto di parlare con un giornalista del Tgr per segnalare lo stato di abbandono delle vittime di usura ma è stato respinto dagli uscieri. Ha consegnato loro una lettera in cui annunciava la sua protesta autolesionista, si è allontanato cospargendosi di liquido infiammabile e quindi si è dato fuoco.
Un gesto rabbioso e disperato quello del leader di Sos Racket e Usura, per rompere la cappa di silenzio che lo aveva avvolto da tempo.
La sua storia è un caso da manuale di "sliding doors", una scelta sbagliata che ti trascina in un gorgo devastante. Il punto di caduta è rappresentato per Manzi dalla decisione di commissionare un autoattentato per richiamare l'attenzione delle autorità sulla sua attività a favore delle vittime del racket. Un'attività non priva, in precedenza, di riconoscimenti e di successi, ma che soffriva del mancato sostegno delle istituzioni. Quando si è accorto che il complice lo voleva ricattare si è autodenunciato per poi patteggiare una pena di 20 mesi. Isolato, screditato, ma comunque ancora nel mirino della ndrangheta dell'hinterland milanese, ha creduto di trovare sostegno per le sue iniziative prima alleandosi con Forza nuova e poi diventandone militante. Un accordo durato pochi mesi e da lui rotto proprio con un'intervista a Fascinazione. Nonostante le pesanti critiche loro rivolte, i militanti del movimento fascista hanno replicato con toni moderati, rifiutandosi di fare polemiche: si sono limitati a ricordare il sostegno assicurato durante il suo lungo sciopero della fame e per fargli ridare il servizio di scorta revocato dopo l'incidente giudiziario. Ovviamente hanno riconosciuto la radicale divergenza strategica sul concetto stesso di usura e i diversi bersagli scelti: per lui la criminalità organizzata, per loro il sistema finanziario internazionale e la mostruosa macchineria del signoraggio bancario. Subito dopo lo strappo con i neofascisti - stremato anche dal disastro economico subito - Manzi aveva tentato una prima volta il suicidio, tagliandosi le vene ai polsi. Un grido di dolore inascoltato. E stasera ha gridato più forte...
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