Rauti story/8 - Dalla Legione nera ai Figli del Sole: dalla milizia clandestina alla ricerca iniziatica
Proseguiamo nel lavoro di ricostruzione della figura storica di Pino Rauti, massima espressione umana di una corrente minoritaria ma importante del neofascismo italiano. Il testo è il secondo e parte del terzo capitolo del libro Naufraghi (con opportuni tagli) e racconta gli ultimi anni Quaranta e la prima metà degli anni Cinquanta
di Ugo Maria Tassinari
Il logo e il mito sopravvivono alla fine dell’organizzazione [dei Fasci di azione rivoluzionaria]. Nel gennaio 1949 sono arrestati numerosi militanti, mentre preparano l’affondamento, nel porto di Taranto, della nave destinata all’URSS come riparazione dei danni di guerra. Il giudice, che li condanna con mitezza, non nasconde rispetto per i giovani patrioti. Nella sua autodifesa il principale accusato, ["Lello"] Graziani, il cui carisma comincia ad emergere, oppone l’eroismo degli ufficiali giapponesi, che si rifiutano di sopravvivere alla disfatta, e la vergogna che gli suscita l’opportunismo dei generali italiani: l’azione del commando era – come la scelta di Salò – un modo di “salvare l’onore”. Un mito che innerverà l’immaginario di varie generazioni militanti in un rapporto spesso
vago con la realtà effettuale e le pratiche consumate.
La tendenza politica è di segno opposto: a spostare gli equilibri interni al partito concorre l’afflusso di gerarchi (il maresciallo d’Italia Rodolfo Graziani, l’ex sottosegretario alle Poste Augusto De Marsanich, il quadrumviro della marcia su Roma Cesare De Vecchi) e di reduci dai “criminal fascists’ camp” (Roberto Mieville e Gianni Roberti). Nel 1950 arriva il cambio della guardia alla segreteria, con il moderato De Marsanich, che non ha aderito a Salò, al posto del “sinistro” Almirante. Una decisione obbligata: l’intero, modesto gruppo parlamentare (sei deputati, un senatore) è eletto al Sud, dove le prime amministrazioni locali si aprono al sostegno decisivo del MSI che alle amministrative raggiunge, da solo, l’11,8% dei voti. I nuovi rapporti di forza sono sanciti dal congresso di Lucca che vede l’ala moderata guadagnare posizioni ai danni della sinistra di Pini, Pettinato e Massi e dell’area di ispirazione squadrista che fa capo a Leccisi. I “duri e puri” rispondono alzando il tiro. Anche in questo caso – confermando l’ossessione rituale e liturgica del neofascismo – la campagna di “propaganda armata” comincia il 28 ottobre 1950 a Roma, con una bomba carta che lancia centinaia di volantini nella centralissima piazza Colonna. Il primo blitz giudiziario, a dicembre, provoca la sospensione per alcuni mesi delle pubblicazioni di Imperium ma non ferma gli attentati. Tra marzo e aprile 1951, a sostegno di Trieste italiana, sono colpite le ambasciate americana e jugoslava, la Farnesina, la casa del ministro degli Interni, Mario Scelba e, per il 25 aprile, le sedi dell’ASSOCIAZIONE PARTIGIANI (ANPI) di Roma, Milano e Brescia. Per Erra:
LEGIONE NERA era la sigla che qualcuno utilizzava per fare attentati dimostrativi. C’era oggettivamente un riferimento al gruppo di Imperium ma non a quello dei FAR, che era un’altra cosa. Io ne ero estraneo, ma non posso dire che non ne fossi a conoscenza perché in realtà si trattava di amici miei anche se biasimavo queste azioni. Presero spunto da due bombe al PRI e al PSDI per arrestarci. La polizia montò un colossale ‘casino’, coinvolgendo inizialmente una decina di persone, tra cui il sottoscritto, Rauti, De Perini, Lucci Chiarissi,Pozzo ed altri. Io rimasi latitante due mesi poi mi arrestarono. Dopo un po’ ci fu una grossa retata in cui presero tutti i corrispondenti di Imperium, compreso Evola (…) La polizia lo indicava come l’ideologo del gruppo, essendo convinta che la LEGIONE NERA, i FAR, Imperium fossero la stessa cosa.
La retata scatta a maggio per una clamorosa leggerezza: il giornale appena tornato in edicola è composto con gli stessi caratteri tipografici usati per le rivendicazioni della LEGIONE NERA. Tra gli arrestati: Evola, Fausto Gianfranceschi, Clemente Graziani, Franco Petronio, Franco Dragoni, Nino Capotondi, Mario Gionfrida, Alberto Ribacchi e il giornalista Egidio Sterpa (sarà ministro liberale e parlamentare di FORZA ITALIA).
Il primo maxiprocesso politico del dopoguerra finisce con 12 miti condanne (neanche Baghino è considerato promotore) e 24 assoluzioni . Tra gli assolti ci sono Evola, Erra, Rauti, Sterpa, [Franco] Petronio, [Stefano] Serpieri. Il procuratore generale si sente in dovere di concludere la requisitoria salutando nei giovani accusati la “speranza d’Italia” e incitandoli ad agire con la stessa purezza d’animo e di intenti manifestata. Solo in tre (Graziani, Dragoni e Gianfranceschi) scontano un anno di galera come esecutori di attentati: all’uscita quest’ultimo ridimensiona drasticamente l’impegno politico per la milizia culturale. Secondo la FEDERAZIONE NAZIONALE COMBATTENTI della RSI (Foglio 1997) dietro le retate c’è Almirante che manda al Viminale l’elenco degli aderenti ai FAR.
L’incidente dell’ingiusta detenzione (sei mesi nell’infermeria di Regina Coeli sono una prova notevole anche per la tempra dura del “Barone nero”) non interrompe il rapporto tra Evola e gli esuberanti discepoli. Negli anni seguenti il Maestro si lega a un altro aristocratico romano, il principe Borghese, già comandante della X MAS, che, appena scarcerato nel novembre 1951, è nominato presidente onorario del MSI, giusto dieci giorni prima del voto favorevole al Patto atlantico, l’alleanza che ha vinto “la guerra del sangue contro l’oro”, suggellando con il suo prestigio militare una scelta di campo e una linea politica di compromesso moderato e democratico. Intanto proprio la CIA sostiene la nascita di un FRONTE NAZIONALE per consentire il ritorno sulla scena di un gerarca come Bottai, allo scopo di bilanciare le tendenze neutraliste espresse dalla sinistra democristiana. Puntando sul carisma del “principe nero”, Evola vagheggia una corrente missina di destra intransigente, che da un lato formi spiritualmente i quadri e dall’altra organizzi «forze addestrate e pronte all’intervento in caso di guerra contro il comunismo». Questa iniziativa fallita lascia traccia nel volume Gli uomini e le rovine che, in nome della dottrina dei “corpi sani” e del “nemico principale” (il bolscevismo), sarà usato nei decenni successivi per giustificare le operazioni più spregiudicate. Sul piano dottrinario, invece non c’erano dubbi sulla radicale equidistanza per Evola da americanismo e bolscevismo. (...)
Così non vedrà mai la luce un Ordine, composto da aristocratici romani, l’iniziativa che stava più a cuore al Maestro [Evola 1963], poco attratto dagli aspetti pratici della milizia politica. (...)
A ridimensionare il progetto a una manovra di piccolo cabotaggio – legittimare la collaborazione dei reduci di Salò con gli apparati atlantici – ci penserà Vinciguerra nella sua velenosa autobiografia. Sulla contrapposizione spirituale come elemento distintivo delle due anime del neofascismo italiano punterà l’analisi di uno studioso delle culture della Decadenza [Jesi], ipotizzando che lo stragismo degli anni ’70 è il prodotto di una “pedagogia dell’atto inutile”: "Né il neofascismo sacro o esoterico né quello profano o essoterico sono l’esatto corrispettivo, nell’ambito dello stile ideologico, del neofascismo dalla faccia feroce o di quello in doppio petto, nell’ambito dello stile di comportamento. Questa mancanza di omologia fra l’alternativa di comportamento e l’alternativa ideologica lascia sospettare nel neofascismo, e forse in tutto il fascismo, vecchio e nuovo, una frattura tra prassi politica e ideologia".
La conquista della segreteria da parte del ragioniere Michelini, ex vicefederale di Roma, accentua l’approccio realistico alla battaglia politica. (...) ma la legge Scelba, voluta nel 1952 dal democristiano più di destra, traccia con chiarezza la riserva di caccia in cui è isolato (e controllato) il neofascismo. Per Pettinato [leader dei socializzatori] si tratta di fare del MSI un partito più o meno clerico-atlanticomoderato, atto non solo a non disturbare più oltre la politica del governo ma a servirla col mettere a sua disposizione un organo capace di compiere finalmente la saldatura tra la vecchia e la nuova classe dirigente, fra i clericali di oggi e i fascisti di ieri.
A radicalizzare lo scontro con la maggioranza moderata – che accetta di buon grado questo destino di subalternità – è la sinistra interna, che comincia a perdere i pezzi (...)
Della vita della base militante in quegli anni, tra vitalismo picaresco e velleità megalomani per risarcire una routine politica banale, offre un ritratto esemplare Giulio Salierno. Il segretario giovanile dell’importante sezione romana di Colle Oppio, venti anni dopo, racconterà di una realtà in cui alla quotidiana scazzottata con i compagni (ma non mancano episodi di ricerca del confronto generazionale) si giustappone il sogno del “grande gesto”: l’esecuzione del “responsabile” della morte di Mussolini, il comandante partigiano Walter Audisio. Nel percorso di preparazione del “passaggio all’atto”, una banalissima rapina finisce in tragedia: l’omicidio di un tassista sarà pagato – dopo un’inutile fuga nella Legione straniera – con quindici anni di galera.
Diversa è la soluzione “risarcitoria” elaborata dai principali esponenti della corrente spiritualista. A un proprio Ordine, i FIGLI DEL SOLE, daranno infatti vita i fedelissimi di Evola, che cominciano a sopportare sempre meno gli orizzonti ristretti della politica di partito. Racconta Fabio De Felice che esce dal MSI già nel 1953: "Nelle nude stanze di corso Vittorio si organizzava una manifestazione, una vendita militante dei nostri giornali, un’affissione di manifesti. La sera camminavamo fino a tardi per le strade deserte di una Roma che tornava ad apparirci nobile e dolce, nostra. Discutevamo di Nietzsche, Heidegger, Spengler, Jünger, Lorenz, Guenon, Evola. Parlavamo degli eroi e degli dei di Omero. Dell’idea imperiale di Federico II. Di Dante e dei Fedeli d’Amore. Dei Veda e del valore del Rito, della Via della Spada degli antichi samurai, del mistero del Graal".
Così si forma «il nucleo indistruttibile di un piccolo, ascetico ordine monastico-cavalleresco», un concetto fondamentale nel sistema di Evola che si oppone non solo al modello del partito ma anche all’idea naturalistica di patria: L’Ordine è la (mistica) unione di uomini superiori (un’élite, «una specie di guardia armata dello Stato»), accomunati dalla fedeltà a dei principi, testimoni di una superiore autorità e legittimazione, procedenti dall’idea: «nell’Idea va riconosciuta la nostra vera patria».
I FIGLI DEL SOLE è la prima di una serie di conventicole esoteriche che rappresenteranno un filone non secondario della destra radicale, in cui la ricerca interiore resta intimamente connessa alla milizia, dapprima in IMPERIUM, poi, dopo la rottura con Erra, nel CENTRO STUDI ORDINE NUOVO. Si invera così il simbolo dell’ascia bipenne, che rappresenta, nella mistica evoliana, la duplice guerra santa: perché in tutte le Tradizioni milizia e via del divino si fondono; dalla “dottrina aria di lotta e vittoria” al mondo nordico-germanico all’Islam «l’azione vale per sé e per la purezza che ha in sé chi la compie», a prescindere dall’esito pratico e dalla funzionalità. Alla “piccola guerra santa” materiale contro il nemico e l’infedele, si giustappone la “grande”, la lotta dell’elemento sovrumano dell’uomo contro tutto ciò che è passione.
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