Rauti story/10: da Genova '60 al Parco dei Principi, la discesa in campo di Ordine nuovo
La
rivolta di Genova, nel giugno 1960, che provoca l'annullamento del
congresso del Msi e la caduta del governo Tambroni che godeva del
sostegno missino, genera grande sbandamento nell'estrema destra. Prosegue così, sempre dalle pagine di Naufraghi, la storia di Pino Rauti e di Ordine nuovo
Di
Ugo Maria Tassinari
L’estrema
destra mortificata e costretta in un angolo trova un po’ di respiro
e di spazio di manovra sul terreno della decolonizzazione. In Italia
come baluardo dell’intransigenza nazionalista in Alto Adige, contro
l’irridentismo sudtirolese che nei primi anni ’60 ha scelto la
strada del terrorismo aperto. (...) Sullo scenario mediterraneo,
invece, la guerra di liberazione in Algeria segnerà una svolta
decisiva per la destra radicale italiana.
Nei
primi anni ’60 è proprio ORDINE NUOVO il riferimento di
retrovia per i miliziani dell’OAS, l’armata clandestina degli
ultrà francesi contrari alla decolonizzazione, ma è anche il
tramite per quanti ritenevano di inverare lo spirito legionario dei
centurioni negli ultimi avamposti coloniali in Africa: i movimenti di
liberazione nazionale dal dominio portoghese sono liquidati come
longa manus della penetrazione sovietica in Africa. Di fronte
al destino borghe-se e a una politica sempre più frustrante e
inconcludente prende corpo tra i giovani ‘duri e puri’ il mito
del mercenario: e del resto sia la Legione francese sia il Tercio
spagnolo sono pieni di camerati sopravvissuti alla disfatta
militare e scampati così alle condanne per collaborazionismo e per
‘crimini di guerra’. Ma la rete di solidarietà con l’OAS
coinvolge anche ambienti giovanili missini. (...)
Mentre
gli ordinovisti si impegnano in una complessa attività di
importazione di latitanti e di esportazione di esplosivo, un
brillante dirigente giovanile missino come Guido Giannettini si
aggiorna sulle più avanzate conquiste teoriche della dottrina
controrivoluzionaria (con relativi modelli organizzativi). In questa
‘ginnastica rivoluzionaria’ (non priva di rischi) si
consolideranno rapporti personali e reti operative che innerveranno
le attività illegali della destra radicale italiana. Per Vinciguerra
su questo terreno il movimento scivola dall’intransigenza radicale
alla subalternità atlantica. Nella sua ricostruzione, infatti, De
Gaulle, con la concessione dolorosa dell’indipendenza all’Algeria,
realizzava gli interessi strategici nazionali, piegandosi alle dure
leggi della demografia: in pochi decenni, infatti, la scelta
sponsorizzata dagli Stati Uniti di trasformare la colonia in
territorio metropolitano, avrebbe prodotto una Francia a maggioranza
arabo-berbera (e islamica). I “soldati perduti”, dietro
l’apparente difesa rigorosa dell’integrità dell’impero in
disfacimento, rappresentavano invece – con i ripetuti attentati
falliti contro la vita del presidente – la testa di ponte
dell’ingerenza atlantista.
I
grandi affreschi storici di Vinciguerra sono suggestivi e stimolanti
seppure segnati da una concezione cospirativa della storia, una
deriva paranoide che ha preso piede in campi ben più ampi degli
originali orticelli dell’estrema destra in cui è nata. La sua
molla scatenante è un dispositivo evidente di proiezione, la
necessità di giustificare con un ampio e organico disegno strategico
le clamorose protezioni di cui aveva goduto la sua banda scalcagnata
per occultare la matrice neofascista della strage di Peteano. Certo è
che i quadri dell’OAS finiranno per costituire il nocciolo duro di
un reseau operativo internazionale di rigorosa ortodossia
atlantica i cui terminali italiani si incarneranno nei vertici dei
due principali gruppi extraparlamentari.
Dopo
anni di stato comatoso, determinato da una svolta politica nazionale
subita in modo del tutto passivo, la destra radicale riprende fiato e
ragion d’essere ancora grazie a una domanda nuova del “mercato
politico”. Settori sociali e istituzionali ben più ampi di quelli
che si esprimono nel voto di destra sono decisi a inasprire lo
scontro per liquidare un’esperienza di centrosinistra che, seppure
depotenziata dal “tintinnio di sciabole” del luglio 1964,
continua a fare paura. E su questo terreno sono ben appetite le
energie vitali dei neofascisti “rivoluzionari”. (…)
La
svolta per ORDINE NUOVO si consuma nel 1965, quando due
distinti avvenimenti forniscono nuove truppe e obiettivi. Ancora una
volta una dinamica interna al MSI, l’ennesima “sconfitta”
congressuale di Almirante – con consueto strascico di accuse di
“tradimento” – rende disponibili centinaia di militanti
inferociti proprio mentre l’oltranzismo atlantista decide di
scendere in campo contro il centrosinistra, applicando i principi
strategici e organizzativi della “guerra rivoluzionaria”, la
dottrina elaborata dagli ufficiali controrivoluzionari francesi in
Algeria. Così gli ordinovisti – che hanno forti presenze in
Veneto, in Piemonte, a Roma e nel Sud – vanno a innervare le
organizzazioni miste di civili e militari (teorizzate dal professore
Pio Filippani Ronconi, un ‘grande iniziato’
di
scuola antroposofica, nel convegno sulla guerra rivoluzionaria) che
costituiranno un’articolazione fondamentale della struttura di
sicurezza atlantica, non più orientata in chiave antisovietica ma
antidemocratica e antioperaia. Il convegno svolto al Parco dei
Principi nel maggio 1965, sotto l’egida del servizio segreto
militare, rappresenta il congresso di fondazione del “partito del
golpe”, un organismo non formale, di rigorosa osservanza atlantica:
di lotta (anche armata) nei metodi, di governo nei fini e nei mezzi.
La riflessione si allarga dalla risposta “militare” a uno
scenario di invasione sovietica e di rottura delle linee
all’elaborazione di un progetto complessivo per arrestare
l’avanzata democratica delle sinistre.
A
questa “chiamata alle armi” concorrono sia dinamiche
internazionali sia italiane. La liquidazione dell’esperienza
kruscioviana in URSS, nel 1964, è letta dagli ambienti atlantici
come forma esplicita di restaurazione stalinista e di chiusura della
prima ventata di disgelo. Un simmetrico meccanismo di chiusura è
percepito dal Cremlino: la liquidazione di Kennedy non è stata opera
di uno squilibrato isolato ma un complotto dell’ala reazionaria dei
servizi segreti che percepiva la distensione come tradimento. In
Italia la politica moderatamente riformista del centrosinistra
suscita timori incontrollati nel ventre molle di una borghesia molto
più arretrata del ceto di governo che la rappresenta. (…)
Per
Vinciguerra, che del CENTRO STUDI era stato reggente a Udine,
per poi rientrare con Rauti nel MSI, ORDINE NUOVO rappresenta
semplicemente un gruppo paramilitare inserito nei dispositivi della
NATO. Tutto era nobilitato – osserva il capogruppo dei DS in
Commissione stragi, Bielli – dal riferimento alla dottrina dei
“corpi sani”:
la
possibilità di utilizzare il “movimento nazionale” in funzione
antisovversiva di difesa dello Stato è una costante, almeno nella
prima fase, del pensiero di Evola: per difendere lo Stato ormai
ostaggio delle masse organizzate, capaci in ogni momento di
paralizzarne la vita, occorreva creare «una rete capillare
intesa a fornire prontamente elementi di impiego per fronteggiare
dovunque l’emergenza», avendo come fine «anzitutto e prima
di tutto la difesa contro la piazzadello Stato e dell’autorità
dello Stato (persino quando esso è uno “Stato vuoto”)».
La
concezione evoliana – osserva Coglitore – non è necessariamente
antagonista allo Stato: La contraddizione, apparentemente
irresolvibile, tra la mitologia che invoca la rivoluzione come unica
via di riscatto possibile, come necessario rovesciamento dell’ordine
costituito e la funzione antisovversiva di difesa dello Stato,
utilizzando il manipolo di combattenti che aderiscono al “movimento
nazionale”, porta in conclusione all’approntamento di una «rete
capillare intesa a fornire prontamente elementi di impiego per
fronteggiare dovunque l’emergenza».
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