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Strage di Bologna, e su Lotta Continua i compagni e gli amici di Mauro litigano: era un compagno o un fricchettone?


(umt) Nella sua controinchiesta su Mauro Di Vittorio, l'ottantacinquesima vittima della strage di Bologna, l'ultima identificata, trasformata improvvidamente dall'onorevole Raisi in potenziale responsabile, Paolo Persichetti scova e ripubblica il dibattito che a caldo, nell'ultima decade di agosto 1980, si sviluppa su Lotta Continua, il quotidiano che non aveva più da anni alle spalle un'organizzazione ma che spesso ben esprimeva il sentimento e lo spirito dei tempi di quello che allora si chiamava il movimento. Il 21 agosto - scrive Persichetti -
«è pubblicata la lettera dei suoi compagni, dalla quale si capisce che Mauro non era un militante e non era mai stato vicino all’Autonomia. Gli autori del testo sono ex di Lotta continua del circolo di Torpignattara, ancora aperto nel 1980 – come accadde anche per altre sedi del gruppo – punto di riferimento per una parte di quella fragorosa comunità politico-esistenziale che non si era rassegnata allo scioglimento dell’organizzazione quattro anni prima. Mauro, che dopo la morte prematura del padre aveva lasciato la scuola per aiutare la famiglia, era molto conosciuto, amato e stimato. I suoi compagni lo descrivono come «Una persona, un compagno inestimabile che sapeva dare tutto a tutti. Capace di dare se stesso in qualsiasi momento. La persona che tutti avrebbero voluto vicino per qualsiasi cosa: per un viaggio, per parlare di se stessi, della vita, delle contraddizioni e dei problemi che ci si presentano quotidianamente». a domenica successiva, sempre su Lotta Continua, appare un’altra lettera che è quasi una seduta pubblica d’autocoscienza. In polemica con i toni ritenuti troppo politici della prima, i suoi autori che si firmano «Alcuni amici di Mauro» sostengono che «per Mauro la parola compagno era diventata vuota e priva di senso come lo è diventata per noi, perché questa maturazione l’avevamo vissuta insieme e insieme avevamo smesso di illuderci e insieme avevamo visto crollare miti, ideologie e propositi rivoluzionari. Quindi, oggi, il minimo che possiamo fare è rispettare il suo modo di vedere, le sue disillusioni. Evitare quindi cose che suonano speculative, evitare analisi che lui non avrebbe fatto, evitare termini in cui non si riconosceva più, evitare inni alla rivolta di cui tutti conosciamo la falsità e la vuotezza». 
 C'è dell'ironia nel fatto che Persichetti concluda la bellissima inchiesta con una sua riflessione sullo spirito del Settantasette:
C’è l’intera parabola di quel che accadde in un pezzo del movimento del 77 in queste frasi che annunciano l’epoca del grande riflusso, dove le grandi narrazioni cedono spazio a traiettorie più intimistiche e personali, in ogni caso situate a una distanza siderale dall’immagine del giovane dalla doppia vita con la valigia piena di esplosivo suggerita da Enzo Raisi. Mauro Di Vittorio con i suoi lunghi capelli neri che sembrano anticipare la moda dei dread, la barba folta e l’aspetto freak, era un’altra persona. Chi lo descrive oggi come l’autore della strage di Bologna lo ha ucciso una seconda volta.
Perché Persichetti, che nel '77 era proprio pischelletto (aveva quindici anni e militava nel collettivo della sua scuola) avrebbe seguito ben altra traiettoria ...


2 commenti:

  1. Le scelte di campo sono dovute anche a fattori effimeri, a tradizioni familiari in qualche caso anche dovute alla casualità e alla banalità. Fini ad esempio divenne missino perché non lo volevano far entrare al cinematografo ove si proiettava un film sui berretti verdi americani con John Waine.L'esito finale letale per il neofascismo è sotto gli occhi di tutti. Per quanto riguarda i "sinistri" oltranzisti o fricchettoni che siano, va concessa loro una attenuante generica:quella di aver subito una vera e propria operazione chirurgica di lobotomia cerebrale,trasformando milioni di uomini e donne in zombi antifascisti, che con gioia e accanimento degni di miglior causa, portarono il cervello all'ammasso.Purtroppo i chirurghi impuniti e recidivi non hanno pagato e mai pagheranno il conto salato che si meriterebbero.

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  2. Mauro Di Vittorio compagno o frikkettone ? Direi che, come migliaia di giovani del 1977, soprattutto a Roma, è stato l'uno e l'altro ... anzi, è stato pure un'altra cosa, un desperados di borgata .... e tutto questo nell'arco di pochi mesi e al massimo di un paio d'anni, come Paolo Persichetti ben spiega nel suo affrontare certe dinamiche del post 1977.
    Il fatto che Persichetti personalmente abbia fatto scelte diverse non cambia l'esattezza della sua analisi ...
    E comunque certamente Mauro di Vittorio non è mai stato un militante dell'autonomia operaia, meno che mai poi nel 1980, in pieno riflusso suo personale e collettivo ...

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