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Lettere/2 - Leporace e Delle Chiaie: i collaboratori del Quotidiano discutono la sua scelta corsara

(umt) Continua la discussione sulla scelta di Paride Leporace, oggi direttore del Quotidiano di Basilicata ma ieri figura di riferimento degli ultras e degli antagonisti cosentini. di presentare il libro di Stefano Delle Chiaie. La sua scelta ha suscitato, tra gli altri, gli opposti pareri di due scrittori che collaborano al suo quotidiano. Con Nunzio Festa ho avuto modo di polemizzare anch'io, ma è un avversario di pregio e dalle granitiche convinzioni. Di Andrea Di Consoli ho annunciato nei giorni scorsi l'uscita dell'ultimo romanzo, dedicato appunto alla figura di un fascista proletario calabrese, immigrato a Torino negli anni '70. Un noir con un "nero" come protagonista. Ecco i loro interventi.

CONTRO
Non l'avevo ancora visto questo video della repressione a cosenza.
pazzesco.
non capisco i "vostri" sforzi - dico al direttore innanzitutto - :di far da liberali, (nonostante abbia letto l'articolo di paride), mentre l'idea di questo fascisti morenti e di promuovere in giacca e cravatta le menzogne che devono sostituire la verità. 
sono affranto, come quando 'ste cose o simili accadono per i 'nuovi' di casapound.
e poi noi Zecche Puzzolenti prendiamo manganellate invece d'applausi. 
mi direte, di certo, che non ha senso oggi parlare di fascismo e antifascismo, ma esiste la Storia e il diritto ad aver la verità sempre.
saluti cari
Antifascista sempre!
Solidarietà al compagno Francesco e, soprattutto, a chi di nuovo ha dato un po' di sangue ai poliziotti agguerriti.
b!
Nunzio Festa

PRO
Voglio esprimere la mia personale vicinanza intellettuale a Paride Leporace, che l’altroieri è stato aspramente criticato per aver presentato a Cosenza il libro “L’aquila e il condor. Diario di un militante” di Stefano Delle Chiaie, tra i fondatori di Avanguardia Nazionale, feroce movimento neofascista attivo a cavallo tra anni ’60 e ’70.
Lo faccio non perché abbia titoli storici o morali tali da potermi ergere coram populo a difensore o censore di alcunché o di chicchessia, ma perché conosco il legame profondo che Leporace ha con la sua città, con i movimenti più underground, con gruppi e movimenti “alternativi”, finanche con la sinistra cosentina e calabrese (in tutte le sue articolazioni), e perché sento che tutte queste critiche stanno profondamente ferendo uno degli intellettuali più generosi e puntuali che Cosenza abbia “partorito” da molti anni in qua (e dico questo con profonda convinzione).
In fondo, cosa ha fatto di male Leporace? Ha soltanto accettato, con la solita curiosità per la storia italiana repubblicana (anche nei suoi aspetti più oscuri, neri, incommestibili), di presentare, discutere e criticare insieme ad altri relatori il libro autobiografico di un oscuro, benché “importante”, esponente della destra radicale, spesso contigua con tragici fatti di sangue. E’ un reato, è una colpa?
Confesso che per un intellettuale e scrittore come me – spero di non dire nulla di sconvolgente – la più grande delle opportunità professionali sarebbe quella (ineffettuale e fantasiosa, è chiaro) di intervistare Hitler; e, conoscendo da molti anni Leporace, il suo coraggioso e spaesante relativismo etico (le domande sono più importanti delle risposte), il suo volersi sporcare le mani anche con la storia più ctonia, non ho alcun dubbio che mi seguirebbe a ruota. Perché la differenza tra un intellettuale e un militante è proprio questa: il militante ha le idee chiare, l’intellettuale no; o, per meglio dire, spesso ce l’ha, ma gli viene quasi sempre il dubbio che nel male ci sia qualcosa da capire, una X da decifrare, un supplemento di ragionamento da concedere. A chi? Anche a Delle Chiaie, per intenderci.
I “compagni” cosentini hanno giustamente le idee chiare: Delle Chiaie è un fascista che si porta sulla coscienza morti e violenze. Un intellettuale, invece, prova a capire cosa abbia spinto in quegli anni uomini e donne a odiarsi, ad ammazzarsi, a ordire trame per sovvertire, ognuno con il proprio sogno (o incubo) l’ordine dello Stato democratico.
L’equivoco nasce, probabilmente – ma è soltanto una mia libera supposizione – da un equivoco, ovvero dalla vulgata di un Leporace comunista. Ecco, mi sento di dire che Leporace tutto è fuorché un comunista, essendo, oltre che un giornalista e uno storico, un libertario, un riformista anarchico, un garantista e, per allargare il discorso in direzione un po’ più sofisticata, un situazionista mediatico, ovvero un sovvertitore di gerarchie e di egemonici parametri di lettura. Perché i cosentini hanno preteso da lui un ottuso comportamento da militante e un formale atto di devozione verso l’antifascismo? E come la mettiamo con le migliaia di dibattiti che sono avvenuti in tutta Italia alla presenza di ex terroristi rossi, in gran parte ancora fedeli al verbo brigatista, a cui pure Leporace in passato ha partecipato senza che nessuno se ne lamentasse? Debbo dedurre che un dialogo con, che so, la Balzerani o Curcio, sia più rispettabile di un dialogo storico con Delle Chiaie?
Non voglio assolutamente gettare benzina sul fuoco, anche perché non conosco la geografia sentimentale e politica di Cosenza, e dunque parlo in generale, senza la pretesa di dire verità granitiche. 
Ho deciso di scrivere questa nota perché sento la necessità di sottolineare l’attitudine “corsara” ed eretica di Leporace (piena di contraddizioni e di umori vividi, certo, ma con forte indole libertaria), e perché penso che sia un peccato che un’ombra sia calata tra Leporace e parte della sua Cosenza.
Forse i cosentini non sanno – lo so io, che lo sento ogni giorno al telefono – che anche se Leporace vive e lavora a Potenza, per lui il centro del mondo rimane Cosenza e, dunque, incrinare questo rapporto per cieco fanatismo ideologico mi sembra un grave errore. Ecco, perché se Leporace avesse osannato in pubblico Delle Chiaie avrei pure capito, ma contestargli di averci discusso e di averlo tempestato di domande e di critiche mi sembra una cosa che non sta né in cielo né in terra.
Andrea Di Consoli

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