Ciolini e i depistaggi internazionali sulla strage di Bologna: una pagina vergognosa per la giustizia italiana
(umt) L'arresto del grande truffatore internazionale Elio Ciolini nei giorni in cui ritorna l'attenzione dei media sulla strage di Bologna e le nuove piste internazionali è una pura ma formidabile coincidenza. Perché, come hanno ricordato tutti i giornali ieri, il faccendiere fu protagonista di uno dei più fantasiosi depistaggi sulla strage (e riuscì anche a farsi pagare per confezionare il "pacco"): si inventò una cospirazione internazionale promossa da una gran loggia di Montecarlo, un'articolazione della Trilateral, per distrarre l'attenzione del pubblico da colossali operazioni speculative marcate Eni-Petronim. Esecutori, ovviamente i fascisti: Delle Chiaie organizzatore, due mercenari stranieri gli esecutori. Un depistaggio non innocente, né innocuo: perché i giudici arrestano gli avanguardisti e spiccano un mandato di cattura internazionale per il leader latitante in America Latina. Finiscono in carcere Palladino (che, torturato, permetterà alla Digos di arrivare al covo di Vale e sarà perciò assassinato nel carcere di Novara), Tilgher (poi risarcito per ingiusta detenzione), Giorgi (anche lui bersaglio di un progetto di omicidio, attraverso l'offerta di un'evasione trappola). I mandanti invece restano impuniti. Nicola Rao, nel suo formidabile terzo volume della trilogia della Celtica (ogni volta che lo riapro ci trovo una perla che mi era sfuggita), ricorda la conferenza stampa dell'avvocato Bezicheri che, per conto della famiglia Palladino, solleva alcune questioni tra cui le ragioni del diverso trattamento: se Ciolini dice la verità perché lasciare liberi i mandanti, se non è affidabile perché arrestare gli esecutori?
Il nostro imbroglione non ha finito di fare danni: perché, scarcerato dalla Svizzera grazie all'aiuto dei magistrati bolognesi, si infiltra nella rete latino-americana di Delle Chiaie e fa da testa di ponte per un complotto omicida ai suoi danni. Ma quest'altra storia l'abbiamo già raccontata. Sulle missioni di Ciolini in Belgio, in un contesto borderline con la banda del Brabante, si è invece occupata dettagliatamente Antonella Beccaria (nell'articolo del giornale belga la foto solarizzata è quella di Elio Ciolini, indicato però con il suo pseudonimo, Bastiani, in onore, ci piace pensare, della fortezza del Deserto dei Tartari)
Quando venne fuori, che questi “inpistaggi” erano “depistaggi” del SISMI (“ristrutturato” da Andreotti nel 1977), non fu riguardata la prima pista libica, che per colpa dei depistaggi non era piu stata indagata. Invece siccome il generale del SISMI Santovito e i due ufficiali Musumeci e Bellmonte erano ufficialmente membri della P2 di Licio Gelli, i depistaggi secondo i magistrati di Bologna, dovevano essere opera di Gelli (anche se i depistaggi della pista fascista internazionale avrebbono incriminato proprio Gelli) che avrebbe voluto coprire la vera pista fascista nazionale:
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